(Marco) Ammissione di colpa

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C'erano caratteristiche di Maia che non avrei saputo classificare né come pregi né come difetti. La sua inclinazione al perdono era una di queste.

Ma quel pomeriggio mi trovai a gestire quello che non avevo dubbi nel classificare come il suo difetto più irritante: la sua incoerenza nel governare il rapporto con l'ex marito.

Dopo aver, nell'ordine, sviscerato il mio passato, digerito quello schifo di pizza, guardato due puntate di Scrubs e fatto l'amore con lei, sputai la domanda che mi ronzava nelle orecchie già da parecchie ore e che avevo taciuto solo perché davo per scontato che le mie rivelazioni su Michela avessero un peso specifico ben più importante nelle nostre vite.

- La consulenza del tuo ex marito in merito alla proposta di Falchi è stata soddisfacente? -

Eravamo ancora nudi sotto le coperte e probabilmente la conversazione avrebbe avuto risvolti ben diversi se non avessi avvertito la sua schiena irrigidirsi improvvisamente, dato che il suo tono di voce, al contrario, non conobbe esitazioni nel rispondere.

- Sì, diciamo che dopo avermi fatto notare che forse sono troppo vecchia e troppo madre per imbarcarmi nel progetto, ha apportato giusto qualche piccola nota da sottoporre ai legali di Alan. Ma nel complesso ha approvato il contenuto. -

Non dissi nulla. Eravamo avvinghiati e potevo sentire la vena del suo collo sottile pulsare. Il battito cardiaco era accelerato e non per l'effetto di un orgasmo ormai lontano.

Il prolungato silenzio la mise a disagio e si schiarì la gola. La lasciai cuocere nel suo disagio ancora un po'. Se c'era una che non sapeva tenersi nulla dentro, quella era Maia. Non poteva covare niente: né un pettegolezzo, né un'idea, né un segreto. Il suo bisogno di condividere tutto ciò che passava per la sua testa e per il suo animo genuino era quasi imbarazzante. Quasi.

Andai in suo soccorso prima si facesse venire un ictus per la tensione.

- Quindi è stato un incontro formale. Hai saputo tenere le redini della situazione, come mi avevi promesso. -

- Abbiamo litigato, a dir la verità. -

Ne fui sollevato. Sì, è orribile, ma mi risultava decisamente più accettabile pensarla mentre vomitava accuse contro quell'uomo piuttosto che mentre cenavano amabilmente sorridendo.

Mi morsi la guancia per evitare di sorridere, compiaciuto.

- Ah. Ti va di parlarne? -

Prese un respiro così profondo che pensai che con l'aria impoverita di ossigeno e arricchita di anidride carbonica avrebbe espulso anche un polmone.

- No. Riguarda principalmente la gestione dei bambini. Ma sono sicura che il nuovo progetto sia compatibile con la famiglia. -

A quel punto ero quasi convinto di essermi sbagliato, di aver male interpretato la sua tensione. Stavo per abbandonare la conversazione e cercare la sua bocca con la mia quando aggiunse qualcosa.

- E ha detto che sarà più discreto. -

La vena del suo collo pulsava furiosamente.

- Traduci, Maia. -

Non avevo capito, anche se speravo che quella maggior discrezione si traducesse in una sua minor presenza in casa sua.

- Suppongo volesse dire che d'ora in poi sarà meno... esplicito? Sì, credo sia una buona interpretazione. -

Tornai su a sedere, appoggiando la schiena alla testata in ecopelle del letto.

Maia fece lo stesso, avendo riguardo di tirarsi dietro il lenzuolo per coprirsi. Mi guardava con un velo di preoccupazione.

La sindrome dell'eroeWhere stories live. Discover now