Capitolo 9

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Appena sento la sua voce quel timbro così virile che ti fa venire la pelle d'oca, mi pietrifico è come se all'improvviso le mie gambe pesassero una tonnellata, tanto da non riuscire più a muoverle.

Mi si paralizza non solo il corpo, che non risponde a nessuno dei comandi che gli sta trasmettendo in questo momento il mio cervello, che gli dice di far finta di non averlo sentito per via del rumore che c'è, oppure di prendere la sua ordinazione e andare via di corsa,  nulla. Anche il mio respiro si è fermato.

Non posso crederci, ho fatto una promessa a me stessa e neanche nel giro di qualche ora si è infranta. Anche se a dire la verità non devo essere sopresa, dovevo immaginare di trovarlo qua, dato che ormai è diventato un cliente abituale.
Però penso che per il mio bene sia mentale e perché no, anche fisico visto il modo in cui mi fa sentire, devo continuare ad evitarlo.

Infondo sono molto brava in questo, sia per il mio carattere poco loquace sia perché non è che riponga molta fiducia nel prossimo. Questa parte del mio carattere così diffidente verso le persone lo presa da mia madre,  come quella di inquadrare subito le persone che poi capisco alla fine non piacermi, come ad esempio lui. Quindi non sarà poi così difficile per me.

A farmi ritornare coi piedi per terra è proprio lui con la sua dannata voce.

<<Ci senti? Ti ho chiesto una birra, oltre ad essere lenta sei pure sorda per caso?>> mi chiede scocciato. Come se aspettasse da chissà quanto, quando in realtà è appena arrivato.

Devo dedurre che sia una persona a cui non piace aspettare e che vuole tutto e subito.

Per come sono fatta io caratterialmente, adesso lo farei aspettare in eterno solamente per fargli capire che non sono la sua schiava che con uno schiocco di dita obbedisce, ma non posso per ovvie ragioni così accantono l'idea.

Va bene Leslie fai un respiro profondo, cerca di essere superiore e non cadere nelle sue provocazioni, prendi la sua ordinazione e poi te ne vai. Perciò mi rivolgo a lui con il sorriso più sincero che riesco a fare sulle labbra e dopo avergli detto che nel giro di poco sarebbe arrivata, ritorno a prendere anche quelle degli altri clienti.

Tutto ciò ha dell'assurdo, sembra che ci provi gusto a cercare di rendere il mio lavoro un inferno. Oltretutto è come se capisse non so come che in quell'esatto momento sto passando proprio io accanto a lui e nessun'altra.

Arrivo al bancone dicendo al barista di prepararmi quella dannata birra e quando lo fa, la mette sul vassoio pronta per essere portata, sarei tentata di farlo fare a qualcun'altro ma è come se la dessi vinta a lui.

Magari pensa che abbia timore, che mi metta in soggezione ma non è così, IO non sono così, almeno non più però vorrei evitarmi qualche altro bel complimento almeno per questa sera, perciò dopo aver sospirato arrivo al suo tavolo.

<<Ecco a te.>>

<<Finalmente, se aspettavo ancora un po facevo in tempo ad andare a casa prenderla direttamente dal mio frigo, berla e poi tornare qui e prenderne un'altra.>> continua lui con il suo modo di fare da arrogante.

Stavo per porgegliela educatamente come faccio sempre, quando in quel momento perdo così tanto la pazienza che la sbatto così forte sul tavolo che ho paura di aver rotto la bottiglia.

<<Ok ora basta!>> dico alzando le mani in segno di resa prima di levarmi di torno e non facendogli avere nemmeno il tempo di replicare, perché se aspettavo ancora qualche secondo in più gliel'avrei rotta in testa o infilata dritta in gola.

Giuro che ci provo a restare calma, essere gentile e svolgere in modo professionale e tranquillo il mio lavoro, ma con uno come lui è impossibile, non ce la faccio. Appena apre bocca mi fa saltare i nervi.

My Rebel AngelWhere stories live. Discover now