𝓣𝓮𝓻𝔃𝓸 𝓐𝓽𝓽𝓸 - 𝓛𝓾𝓹𝓸 𝓭𝓲 𝓟𝓮𝓬𝓮

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Il tempo come granelli di sabbia tra le dita,
scivolava via accompagnato dal Mostro in crescita.
Un Mostro d'oro e di pece variopinto,
come un regale e barocco dipinto.
La bramosia della superbia mi logorava,
dall'interno come un incendio divampava.
Notti insonni ed inerme a pensare,
frenetici desideri da soffocare,
gemiti nella gola mi facevan annegare.
Nemmeno il suo nome ricordavo,
non volevo più lei ma altro sognavo.
Come quando madido mi svegliavo,
tra lenzuola sfatte desideravo,
una maggiore superbia bramavo.
Tra erezioni e profani sogni ero a riflettere,
ma il Fato alla mia porta inziò a battere.
Un complice perfetto e sempre presente,
anche quella volta si rivelò accondiscendente.
Una simbiosi inesorabile ci univa,
ed i segnali la mia mente carpiva.
Proprio in quel periodo accadde nuovamente,
guidati dal desiderio ci spingemmo oltre esageratamente.
Il delirio e l'adrenalina allora provata,
ahimè a malincuore non è mai più tornata.
La notai immediatamente tra la gente,
la tonaca le donava particolarmente.
Il soggolo il viso le incorniciava,
minuto e di una bellezza che mi spaventava.
Attraverso esso qualche ciocca dorata si intravedeva,
l'idea di vederla libera dalla tonaca mi uccideva.
Il prorompente seno contrapposto alla sua figura,
piccola e bassa di misura,
e ad immaginarlo mi assaliva una grande calura.
Da quel momento si impadronì della mia mente,
con fare dolce e regale mi conquistò ingenuamente.
Uno sporco e famelico lupo mi sentivo,
una preda che nella mia testa già ghermivo.
Con fare amichevole mi avvicinai cauto,
tanto da inziare anche solo con un semplice saluto,
«devo giocare bene le mie carte» pensai astuto.
Restia di un'occhiata quasi non mi degnava,
con occhi miscelati tra il cielo e la terra mi guardava.
Quel gioco di trattenersi mi eccitava molto,
ma dovevo mantenere un atteggiamento colto.
Desideravo la preda tra le mie fauci soggiogata,
così iniziai il mio piano che l'avrebbe da sola attirata.
Come da me preannunciato il momento arrivò,
fu soltanto un fugace bacio ma mi bastò.
Pregustavo il fatidico momento con determinata impazienza,
ed ogni giorno passato ad aspettare fu una penitenza.
È stato davvero difficile portarla al lato oscuro,
la sua fede era un puro obelisco di marmo duro.
Incaponito ed ossessionato però continuai,
fin quando nel peccato per sempre la legai.
Invincibile ed orgoglioso mi sentivo,
più della prima volta e di questo gioivo.
Chiudendo le porte della chiesa la guardavo,
mi dava le spalle e fermo la ammiravo,
guardava il Sacro Altare ed io la contemplavo.

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Peccato capitale: SuperbiaWhere stories live. Discover now