Vorrei poter dire di aver ascoltato ciò che disse. La verità è che ignorai gran parte del discorso, perché il modo in cui le sue labbra carnose si mossero e la faccia da schiaffi che mise su mi fecero vibrare il cazzo.

«Mh», tirai fuori, solo per darmi una parvenza di contegno, quando nella mia immaginazione le stavo di già strappando via la camicia di dosso.

«Perfetto. Vedo che ci siamo capiti».

Certo.

Era qualcosa fuori dal normale l'attrazione che provavo per lei, il sangue che mi faceva ribollire.

Mi spostai sulla sedia, mentre lei persisteva ad analizzare ogni mia singola mossa per poi annotarsele. Scribacchiava perfino alla più stupida smorfia che le rifilavo. Ma che cazzo aveva sempre da scrivere?

«E sei pregato di non insultarmi più», aggiunse, con un tremolio nella voce sempre controllata.

Oh, oh. Qualcuno stava per perdere la pazienza. Cazzo, sì. Sorrisi compiaciuto.

«Non dirmi che te la sei presa, dottoressa», ridacchiai, bastardo nell'anima, e incrociai le braccia al petto.

«Affatto».

«È affascinante quanto fastidioso come ti ostini a fingerti senza cuore, intoccabile».

Lei inarcò le sopracciglia curate, e mise da parte la biro per dedicarmi la sua completa attenzione. «Fingermi?».

«Sì, hai sentito bene». Mi passai la lingua sui denti, sporgendomi in avanti, fino a posare le mani sulla superficie della scrivania. Vicino alle sue. «E sai cosa? Sei una caricatura, Piccolo Diavolo. Una pessima caricatura».

«Okay, ti piace davvero tanto provocarmi», affermò, senza scomporsi di un millimetro.
«Ma posso darti un suggerimento?».

Sogghignai, scontrandomi con i suoi occhi blu. «Sono tutto orecchi».

«Hai ragione. Non sono intoccabile, quando supero il limite divento cattiva e quando lo divento non succedono mai cose belle». E poi Chandra stirò la sua bocca perfetta per succhiarmi il cazzo in una curva sadica, una che diceva che prima o poi mi avrebbe staccato la testa dal collo a morsi. Non vedevo l'ora. «Perciò... non farmi essere cattiva, cuoricino. Lo dico per te».

Inspirai profondamente, con le spalle tese e il mio corpo che diventava un unico nervo infiammato. Lei batté le ciglia un paio di volte, tenendosi stretta un'aria da innocentina che volevo cavarle via coi denti, e io un po' mi sentii succube di quei modi di fare.

Non so come fosse possibile, magari un po' perché io ero instabile e un po' perché lei era lei, ma ero caduto in fissa. E non mi sarei liberato da certe catene finché non me la fossi scopata. Era come un disco rotto.

Me ne stetti in silenzio, a deglutire come un povero coglione senza parole, sotto le sue pupille affilate come spilli. Si scostò addirittura i capelli dietro la spalla, da perfetta dea quale era, mettendo in mostra le unghie laccate di bordeaux.

Eppure fui sicuro che i miei pensieri, in qualche modo, le stessero gridando che mi sarebbe piaciuto vederla incazzarsi, farmi a pezzi e dimostrarmi la crudeltà di cui era fatta.

Raving. Ladro di CuoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora