Capitolo 3

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Gli interni erano appena stati ridipinti quando il commissario Malaguti posò gli ultimi indumenti all’interno dell’armadio. L’inteso profumo di pulito riempiva il piccolo salotto che fungeva anche da studio. Una scrivania in legno sorreggeva i fascicoli del trasferimento affiancati da un telefono con tastierino girevole. Stefano prese una tazza, qualche biscotto ed indossò il suo caro paio di occhiali rossi. Premette il grosso pulsante d’accensione nell’angolo sinistro di un piccolo televisore grigio. Aprì l’antennina in acciaio e si sedette sul comodo divano a fiori al centro della stanza dopo aver indossato un paio di pattine di pezza. I soliti programmi facevano da sottofondo mentre, tra un biscotto e l’altro, sfogliava i documenti che delineavano i motivi del suo trasferimento.
“…ordina perciò il trasferimento immediato del signor Malaguti Stefano dalla sede del commissariato di Firenze alla sede di Bologna…”.
Quelle parole che rileggeva costantemente lo avevano accompagnato per tutto il viaggio affiancate da una lettera scritta a mano da sua moglie. La lontananza improvvisa aveva rotto quegli equilibri che già da tempo vacillavano all’interno della coppia. L’atmosfera triste e malinconica che stava nascendo venne però interrotta da un improvviso squillo del telefono.
“Commissario Malaguti?” domandò una voce rauca e fioca dalla cornetta del telefono.
“Si, chi è?” rispose Stefano appoggiandosi allo scaffale alle sue spalle.
“Sono l’ispettore Asti, scusi per il disturbo ma è richiesta la sua presenza al fianco di una pattuglia” continuò la voce.
“Salve ispettore, di cosa si tratta?” aggiunse Stefano.
“E’ una questione delicata, le spiegheranno tutto i colleghi. Saranno lì a momenti”
“Allora attendo…a-arrivederci”
La voce tremolante ed a tratti imbarazzata era segno che qualcosa di importante stava per avvenire nella sua vita. Non era di certo la sua prima indagine né sarebbe stata l’ultima. Ciò che la rendeva speciale era la sua unicità, la possibilità di un riscatto che poteva e doveva avvenire. Passarono all’incirca cinque minuti prima che una pattuglia si fermasse sotto la finestra di Stefano. Una rapida sistemata ai capelli e, preso il distintivo si recò di sotto.
Fatte le dovute presentazioni Stefano arrivò subito al punto.
“Dunque, perché mi avete chiamato?” domandò allacciandosi la cintura di sicurezza.
“Un omicidio, o almeno così sembra. Il medico legale e due pattuglie sono già sul posto, attendono il nostro arrivo per compilare il verbale ed avviare le procedure di rimozione. Altro non so” rispose Mattia guardando il collega dallo specchietto retrovisore. Nonostante sia molto giovane conosce la sua città meglio di chiunque altro e farebbe di tutto per renderla bella agli occhi degli altri.
“Maremma!” esclamò con forza, “Di chi si tratta?”
I due poliziotti si guardarono per qualche istante, forse attoniti dall’esclamazione appena sentita, un bolognese ed un fiorentino hanno sicuramente modi diversi di reagire alle notizie. D’altra parte anche quella domanda non aveva una semplice risposta.
“Manari, i giornalisti. Mai sentiti?”
“Mai sentiti” continuò dopo qualche attimo di silenzio.
Un impercettibile ghigno comparve sul viso di Mattia, coperto da un paio di baffetti scuri.


“Dopo di lei commissario” esclamò, sganciando il blocco delle sicure.
Stefano aprì la portiera e, sistematosi gli occhiali, s’incamminò verso l’abitazione. Migliaia di occhi lo osservavano attraversare quei pochi metri che lo separavano dal nastro segnaletico scortato dai due colleghi appena scesi dall’auto.
“Commissario Malaguti, la stavamo aspettando” commentò l’ispettore porgendogli la mano destra.
“Ispettore”
“Le hanno già spiegato la situazione?” domandò aprendo il portone d’ingresso.
“Qualcosa, so di un presunto omicidio di un giornalista, nulla di più” rispose, prima di indossare un paio di guanti ed avviarsi verso il piano superiore.
“Speriamo non si siano stancati. Comunque, si tratta di una giornalista, Beatrice Manari. E’ molto conosciuta qui a Bologna, dicono abbia diffuso alcune notizie su di un commissario in piena crisi lavorativa”
“Ah, interessante” commentò Stefano.
“Faccia un bel respiro commissario, la situazione è bella complicata” raccomandò Asti afferrando un lato del pesante drappeggio rosso.
La scena che gli si presentò davanti era tanto strana quanto surreale, un qualcosa che avrebbe impiegato più tempo del previsto.
Il corpo di Beatrice giaceva al centro dell’enorme salotto, accasciato su di un tappeto di lana giallo. Decine di fogli di giornale erano sparsi per tutta la stanza ostruendo il passaggio.
“Ah, però”
Furono quelle le uniche parole che Stefano riuscì a dire prima dell’arrivo del medico legale.
“Commissario, ispettore” salutò il dottor Fantina guardando prima l’uno e poi l’altro.
“Dottore” ricambio Stefano. “Cosa sappiamo a riguardo?” continuò.
“Sappiamo poco in quanto alla causa del decesso, il corpo ha quasi del tutto completato la fase enfisematosa, l’unico dettaglio che abbiamo è la considerevole fuoriuscita dei bulbi oculari, troppo all’esterno. Anche riguardo l’ora del decesso abbiamo poche informazioni, in base alle condizioni del corpo credo che sia qui da circa due o tre giorni” ribatté.
“Grazie mille, appena ha altre informazioni venga tranquillamente da me” concluse Stefano congedando il dottore prima di rivolgersi all’ispettore.
“Chi ha trovato il corpo?”
“Una vicina, è venuta a controllare se fosse tutto a posto data l’assenza del marito della vittima, dice di essere svenuta appena visto il corpo della donna.”
“Dov’è ora?”
“Nell’altra stanza, dovrebbe essere con i colleghi in attesa di deporre.”
“Lasci fare a Mattia, mi sembra un ragazzo in gamba” continuò.

Malaguti: I Segreti Della DottaWhere stories live. Discover now