Capitolo 1 (Prologo)

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 Bologna, 12 luglio 1974

 Un leggero venticello estivo muoveva le pagine di un quotidiano poggiato su di un davanzale. Le ultime notizie scorrevano veloci tra le stazioni di una radiolina rossa posta al centro della grande parete attrezzata che copriva l’intero muro del salone. Lo scricchiolio delle persiane mosse dalla brezza accompagnavano il cinguettio soave di qualche passero innamorato. Poi il rumore d’un passo. Rapido. Deciso, ma al contempo silenzioso e tremolante. Dopo poco un altro, poi un altro ancora. Una marcia sfrontata seguiva il ritmo del grande orologio a pendolo quasi come a scandirne una melodia. Un guanto bianco si posò sul tavolino del salotto mentre un paio d’occhiali neri venivano accidentalmente lasciati cadere al suolo, attutiti da un morbido tappeto di lana giallo. Il cigolio dell’anta destra dell’armadio richiamò l’attenzione dell’inquilina, costringendo l’infiltrato ad una rapida ricerca di un nascondiglio. Beatrice corse in camera. Un sottile spazio separava le due ante socchiuse lasciando entrare un lieve lembo di luce. Si avvicinò circospetta all’armadio, allungò la mano e, tremolante afferrò il pomello. Mosse lo sguardo attorno a sé, fece un bel respiro e con forza aprì l’anta. Vuoto. Beatrice si voltò di scatto, il suo sguardo ora era fisso sulle tende. Con fare lento si accostò al tessuto, si tolse un sandalo e lentamente fece qualche passo indietro. Raccolse il sandalo, prese la mira e, decisa, lo scagliò contro la tenda. Il drappeggio si gonfiò grazie all’urto rivelando la parete vuota alle sue spalle. Beatrice tirò un sospiro di sollievo, riprese la calzatura e disinvolta tornò alle faccende domestiche mentre qualcuno osservava la scena nascosto sotto l’ingombrante letto matrimoniale. Quell’incontro tra i due, seppur non diretto, non fece altro che aumentare esponenzialmente le paure dell’intruso. Una lunga figura bianca sgattaiolò via dal pavimento polveroso della camera catapultandosi direttamente nella cucina che confinava con la parete del bagno.

L’impercettibile tonfo di due cuscini lasciati cadere in terra segnò l’inizio del piano, studiato poco prima di intrufolarsi nell’appartamento. I battiti del cuore acceleravano sempre di più ed il sudore impregnava i guanti in lattice che ormai erano solo un impedimento. Il tempo sembrava non passare. Era come se l’attimo perfetto non arrivasse mai. Poi arrivò. La porta si aprì dolcemente. Era l’unica occasione, e di certo non poteva farsela scappare.

Beatrice era lì, faccia a faccia con il suo assassino. L’intruso la fissò per un momento, poi disse: “Perdonami”.

Con violenza colpì il volto della donna che violentemente si accasciò al suolo. Prese un cuscino e le coprì il volto premendo con forza. Beatrice ansimava mentre con le sue ultime forze cercava di liberarsi. L’intruso sollevò il cuscino e guardò Beatrice. Gli occhi le erano ormai schizzati fuori dalle orbite ed il suo volto era diventato viola. Le strinse le mani al collo mentre agonizzante esalava il suo ultimo respiro.

L’intruso si alzò in piedi, si guardò attorno e con rabbia scaraventò a terra decine di copie del quotidiano appena stampato prima di uscire dal portone d’ingresso.

Malaguti: I Segreti Della DottaWhere stories live. Discover now