9. Hɪᴛᴏsʜɪ

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Capitolo 9, Hitoshi

"Metà tempo a cercarsi, metà a dirsi basta"
_Penelope

💥

"Kacchan."
Bakugo sobbalzò, ritraendo istintivamente fino a toccare con le spalle la porta.
"Cazzo Izuku, sei impazzito?!" sbottò portandosi una mano al petto dove il cuore galoppava furioso.
"Dove sei stato?"
Una luce si accese e Katsuki poté finalmente guardare il verdino.
Sedeva sul letto, a gambe incrociate, il gattino tra di esse, le braccia lungo i fianchi e un'espressione adirata in viso.
"E risparmiami le cazzate, odori ancora di lui" asserì Deku, lasciando il biondo allibito.
"Deku..."
Izuku sbuffò.
Katsuki mosse qualche passo verso di lui, cercando di raggiungerlo, ma Izuku glielo impedì.
Si mosse fulmineo, balzando giù dal letto e allontanandosi di lì.
"Deku cazzo! Fammi almeno spiegare" sibilò Katsuki, passandosi nervosamente una mano fra i capelli.
"Che cosa vuoi spiegarmi Kacchan?! Il modo in cui avete scopato, la posizione? Il modo in cui l'hai annodato? O come hai goduto sapendo che lui non ti avrebbe mai reso schiavo di una vita che non vuoi?
Che non ti avrebbe mai costretto a dormire insieme? Che non ti avrebbe mai legato a lui sapendo quanto odi tutto questo? Perché se è cosi Kacchan, lascia stare, per stasera ne ho avuto già abbastanza!"
Izuku aveva gli occhi vitrei.
Il suo corpo tremava, i suoi feromoni erano di dolore puro, ma Katsuki non fece nulla per raggiungerlo.
"Almeno ci hai pensato a quello che potrei darti?"
Quella nota incrinata nel tono, quegli occhi scuri quanto un barattolo di crema al pistacchio, quella faccia affranta.
"Nerd...Izuku..."
Una lacrima strisciò sullo zigomo del verdino. Si affrettò ad asciugarsela, passandoci il palmo della mano sopra.
"Quante opportunità ti ho dato Katsuki? Quante?! E tu ogni volta me ne fai pentire, tu ogni volta mi distruggi, ogni volta Kacchan."
Kacchan ebbe un fremito.
Deku non lo chiamava spesso per nome, ma quanto lo faceva, fin da bambino era perché era davvero deluso, o arrabbiato, o peggio entrambi.
"Non hai niente da dire?" sbottò Deku puntandogli gli occhi contro.
Bakugo abbassò lo sguardo.
"Non vuoi neanche provare a dissentire la mia teoria? Non vuoi neanche provarci Katsuki?!"
Ora la voce di Izuku traspariva chiaramente ciò che probabilmente stava provando.
La rabbia, il dolore, l'ansia e soprattutto la delusione.
Katsuki l'avvertiva nei suoi feromoni, nel suo odore, nel suo tono, nei suoi occhi.
"Mi ami, Katsuki?"
Un ghigno amaro era sorto sul viso dell'omega. Le mani gli tremavano e non riusciva a farle stare ferme, così come il petto scosso dai singhiozzi.
Bakugo restò interdetto.
Lo amava?
Dalla sua bocca non uscì una sillaba; nonostante ci provasse a dire quello che pensava, mancò di un respiro gli lasciò le labbra secche.
Si odiò profondamente.
Si odiò quando incrociando gli occhi di Izuku vi lesse dentro consapevolezza.
Consapevolezza che infondo lo sapeva, consapevolezza che era certo sarebbe finita così, consapevolezza che infondo lo immaginava.
Katsuki Bakugo era pur sempre l'uomo che gli aveva rovinato la vita e nonostante provasse a cambiare, ciò che sei non puoi nasconderlo.
Per questo mentre Izuku prendeva il micio e le sue cose non fece nulla per fermarlo.
Non lo guardò neanche quando aprendo la porta se lo lasciò alle spalle, solo e rotto.
Cosi si sentiva Katsuki.
Rotto.

💥

"Ciao."
A Dabi bastò un'occhiata per intuire che quel ragazzino non stava affatto bene.
Lo aveva visto mille e mille volte fingere che andasse tutto bene, fingere che il mondo non nascondesse il suo marciume sotto il tappeto.
Ora però, guardando i suoi occhi verdi come il fottuto abisso, ci vide dentro solo il dolore.
Perché a volte non ce la faceva a sopportare il chiasso che faceva il mondo, non ce la faceva a fingersi composto e per bene, come tutti lo volevano.
Così lo lasciò entrare.
Gli mise una coperta accanto al divano, che per i suoi modi era un "sono qui se hai bisogno" e gli consegnò una copia di cime tempestose.
Un mezzo sorriso nacque sulle labbra dell'omega.
"Non farti strane idee francesino, volevo solamente sapere se questo libro è davvero cosi bello, visto che ne parli sempre" chiarì guardando il muro.
Sul volto di Xander si dipinse un sorriso compiaciuto.
I suoi feromoni erano molto più forti del solito, si ritrovò a pensare Dabi mentre prendeva una boccata d'aria più intensa.
Il suo odore di mare lo invase quasi come un sommergibile.
"Stai bene?"
Gli occhi di Xander parvero farsi più scuri.
La paura visibile sul suo volto non passò inosservata allo sguardo attento del corvino.
"Che hai, Xander?"
Dabi non lo chiamava mai per nome.
Non lo chiamava per nome da quando non lo aveva pregato di restare con lui, da quando Xander se ne era andato, lasciandolo lì da solo, volendo una vita migliore.
"Mi manca mamma" mormorò l'omega abbassando la testa.
Dabi lo squadrò.
Era vero?
Certo.
C'era altro?
Certo.
Non ci diede peso, allargò le braccia e lasciò che il ragazzino ci sprofondasse dentro.
Sospirò e mentre un singhiozzo lasciava le labbra di Xander, le labbra di Dabi si schiusero.
"Saresti potuto essere mio, Xander, perché diavolo te ne sei andato?"

You hurt me, BakudekuOnde histórias criam vida. Descubra agora