4. ʟ'ᴀᴠʀᴇsᴛɪ ᴜᴄᴄɪsᴏ

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🔞IN QUESTO CAPITOLO VENGONO TRATTATI ARGOMENTI DAVVERO FORTI, (COME LA VIOLENZA FISICA, CI SONO SCENE FORTI E ABBASTANZA DESCRITTE) SCONSIGLIO A CHI È PARTICOLARMENTE SENSIBILE AI PRECEDENTI ARGOMENTI DI LEGGERLO!!🔞

ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 4, l'avresti ucciso

«𝑃𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑠𝑐ℎ𝑖𝑎𝑓𝑓𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑜 𝑑𝑎𝑚𝑚𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑒𝑧𝑧𝑎
𝑐𝑎𝑛𝑡𝑎 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑣𝑜𝑐𝑒
𝑎𝑑𝑑𝑜𝑟𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑒𝑛𝑧𝑎
𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎 𝑑𝑎𝑚𝑚𝑖 𝑙𝑒 𝑡𝑢𝑒 𝑏𝑟𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎
𝑠𝑢𝑠𝑠𝑢𝑟𝑟𝑎 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑜𝑙𝑒𝑛𝑧𝑎
𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑒 ℎ𝑜 𝑎𝑏𝑏𝑎𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎»

_𝐀𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐢 𝐟𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐞

💥

"Izuku?"
Masaru Bakugo era vicino ai fornelli, la felpa rossa sporca di olio, i capelli scompigliati, la bocca sporca di Nutella.
"C-cosa ci fa qui?" squittì Deku avvampando.
Si era appena reso conto di essere seminudo nella cucina di casa di quell'uomo e l'unica cosa che riusciva a dirgli era pure una domanda stupida.
"In realtà è casa mia" asserì l'uomo con una piccola risata. Non era arrabbiato, sembrava...divertito.
"S~si...ha ragione...ehm...ecco~" Izuku iniziò a balbettare mentre si fissava i piedi scalzi.
Non aveva alcuna scusa per giustificare la sua presenza lì, anzi, erano anni che non andava più a casa dei signori Bakugo...da quella famosa sera...
Deglutì.
Aveva bisogno di restare lucido, aveva bisogno di riflettere.
"Se vuoi ho preparato dei pancakes."
Masaru spezzò quell'imbarazzante silenzio porgendo un piatto di pancakes al verdino.
Quest'ultimo esitò per qualche secondo, poi però sentendo lo stomaco brontolare, si avvicinò.
Masaru gli sorrideva.
Sembrava invecchiato tantissimo.
Izuku lo ricordava bene quel viso, spesso lo aveva visto tornare a casa da lavoro, quasi ogni sera lo vedeva addormentarsi sulla poltrona mentre lui e Kacchan guardavano il documentario su Toshinori.
Masaru era sempre stato un uomo buono, gentile, ma Deku non lo aveva mai visto accarezzare suo figlio, né sgridarlo.
Era come se fosse lì ma non ci fosse davvero.
Mentre si portava alla bocca il pancakes notò con orrore che Masaru gli stava guardando il collo nudo.
Izuku socchiuse appena gli occhi; era certo di avere il collo martoriato di segni, d'altronde Kacchan non si era mai risparmiato.
Si ricordava ancora quando a quindici anni aveva dovuto nascondere il collo per due settimane, e ogni volta che si era guardato allo specchio non aveva potuto fare a meno di arrossire come un pomodoro.
Masaru aveva sgranato appena gli occhi quando aveva visto la parte laterale del suo collo.
Deku fece qualche passo indietro, cercando di coprirsi come meglio poteva.
"Immagino tu abbia dormito qui" disse il signor Bakugo mentre si puliva le labbra con un tovagliolo.
Il verdino se possibile si fece ancor più rosso e prese a tossire.
"Non sono arrabbiato Izuku, tantomeno ti giudico" lo tranquillizzò Masaru con un sorriso gentile.
"No...non voglio che~" iniziò Izuku, ma non riuscì a finire la frase che Kacchan fece il suo ingresso in cucina.
Ad Izuku per poco non caddero gli occhi dalle orbite.
Kacchan aveva solo un asciugamano addosso e uno in testa con il quale si frizionava i capelli ancora umidi.
"Che stai facendo?" chiese il biondo ignorando sfacciatamente suo padre per rivolgersi ad Izuku.
"N~nulla" bonficchiò il verdino passandosi nervosamente una mano dietro la nuca.
"Vieni."
Senza aspettare una risposta da Deku lo afferrò per il polso e se lo portò dietro, gettando un'occhiata fulminante al padre.
Deku non fiatò fino a quando non arrivarono in camera di Katsuki e lì il biondo chiuse la porta a chiave.
"Ma si può sapere che cazzo ti prende?" ringhiò innervosito, le mani che si chiudevano spasmodicamente.
"Scusa?" replicò l'omega, gli occhi sgranati, la bocca corrugata.
Lui dava di matto per un nulla e poi gli affibiava anche tutte le colpe?!
"Eri di là, con mio padre, mezzo nudo e con il collo scoperto...cazzo ma si può sapere che ti dice la testa?!" sbraitò percorrendo la stanza in verticale.
Deku era interdetto.
Stavano davvero litigando?
Per cosa poi?
Perché si era azzardato a parlare con suo padre? Che tra l'altro non sapeva neanche fosse in casa?!
"Kacchan...davvero? Vuoi litigare per questo?! Perché ho parlato con tuo padre?
Anzi, non abbiamo neanche parlato! Ci siamo scambiati due parole di cortesia! Ma come ti vengono in mente certe cose? Che cosa pensi che stessimo facendo?!"
Deku aveva il viso rosso, ma stavolta non era colpa dell'imbarazzo.
Era arrabbiato.
Arrabbiato perché Kacchan non si fidava, arrabbiato perché stavano litigando in prima mattina per una cazzata.
Era sempre così tra loro due.
Si aprivano, uno dei due piangeva, - di solito sempre Deku - facevano l'amore e poi riprendevano a litigare per una stronzata.
Katsuki non era capace di non arrabbiarsi, di non aggredire.
Il suo meccanismo di difesa era urlare, mostrarsi come uno stronzo; se era lui a mordere prima correva meno rischi di essere aggredito a sua volta.
Era così che ragionava.
Non sapeva perché, ma quando era entrato in cucina e aveva trovato Deku accanto a suo padre, che mangiavano tranquilli qualcosa lo aveva fatto scattare.
Il biondino non sopportava di vedere quello stronzo vicino al suo Izuku; se gli aveva detto qualcosa, se lo aveva rimproverato... dio, era tentato di andare di là e fargli saltare tutti i denti con un marovescio ben piazzato.
"Kacchan...va tutto bene" sussurrò dopo un po' Izuku, alzandosi dal letto e andandogli incontro.
"Ha visto i succhiotti?" domandò anche se sapeva già la risposta.
Deku esitò, poi però annuì.
Guardava in basso e Kacchan riconobbe il dolore e l'imbarazzo in quella piega.
Ringhiò.
I suoi feromoni possessivi e arrabbiati invadevano tutta la stanza.
Lo odiava.
Odiava quell'uomo che gli impediva di essere migliore, che gli aveva impedito di crescere per bene, odiava quell'uomo che uomo non era, che padre non era.
Perché?
Perché doveva stare cosi?
Perché doveva fare così male?
"Te ne devi andare" asserì col tono basso ma deciso. Il suo corpo però tremava.
Deku non seppe distinguere se fosse a causa della rabbia o del dolore o ancora se fosse a causa sua.
"No...Kacchan...fammi restare...fammi~"
"Vattene cazzo! Vattene Deku!" sbottò il biondo portandosi le mani tra i capelli, gli occhi persi, il respiro corto.
Non poteva farsi vedere in quello stato da Deku, credeva di aver superato quella fase, tuttavia la rabbia era tornata più forte di prima.
Sentiva il bisogno di rompere qualcosa, di picchiare qualcuno, sentiva il bisogno di fare del male.
Bramava violenza.
La belva dentro di lui bramava violenza, il mostro che aveva dentro reclamava dolore.
Pensava di poterlo tenere a bada, invece ora sentiva di poter esplodere da un momento all'altro.
Non riusciva neanche a guardare Deku, non riusciva neanche a sfiorarlo.
Sentiva solo rabbia.
Rabbia e nient'altro.
"Kacchan..." la voce di Izuku risuonò per la stanza. Kacchan mosse qualche passo indietro mentre Deku gli si avvicinava.
Dovevano stare lontani.
Era meglio.
Dovevano.
"Fuori, vattene cazzo! Vattene merDeku!" sbraitò col cuore in frantumi, il dolore che quelle parole stavano causando ad Izuku lo sentiva anche lui e lo sentiva centomila volte amplificato.
Lo vide arretrare quando quel nomignolo dispregiativo gli lasciò le labbra e per un attimo pensò di averlo perso, ma poi Izuku socchiuse gli occhi. Quando li riaprì si avvicinò ancor di più e provò a stringere Katsuki.
Poi successe tutto troppo velocemente.
Kacchan aveva indietreggiato ancora, livido di rabbia ma, aveva incontrato la scrivania con la schiena e Izuku lo aveva braccato col suo corpo da davanti.
Era in gabbia.
La sola idea bastò a mandarlo fuori dai gangheri.
Imprivvisamente non c'era più Izuku con i suoi capelli verdi e la pancia soffice, ma suo padre lo strattonava e rideva, suo padre che lo chiamava con quei nomignoli del cazzo, suo padre che lo sminuiva.
Izuku era scomparso.
C'era solo quell'uomo di merda.
Reagì istintivamente, non era lucido, non era in sé.
Le mani erano volate attorno al collo di colui che aveva dinanzi, la presa si era fatta forte, la rabbia acuta.
Stringeva e smetteva di respirare, stringeva e il suo cuore pompata più forte.
Voleva vedere la vita lasciare quegli occhi.
Voleva restituirgli il male che gli aveva fatto.
Voleva umiliarlo.
Ora che poteva, ora che era cresciuto ed era forte.
Non era più una 'fighetta', non era più un orrore.
Era Katsuki, il grande Katsuki.
L'alpha che lo avrebbe ucciso.
Lo sentì boccheggiare, dimenarsi, ma la sua presa non diminuì.
Lo aveva sollevato e ora si reggeva solo sulle punte.
Poteva vedere la paura deformargli il viso,il dolore gonfiargli gli occhi e poteva sentire i pensieri passargli davanti.
Sarebbe morto per mano di suo figlio, del ragazzo a cui aveva rovinato la vita.
Lo sentì farsi di creta tra le sue mani, sciogliersi in piccole boccate.
"K~Kac~chan..."
Poi sentì il suo nome dalle labbra di Izuku.
Fu come prendere la corrente.
Un dolore lo pervase da capo a piedi mentre con orrore scopriva che il collo era di Deku, che la vita che stava per strappare era del ragazzo che amava, che anzi, stava per privare della vita anche un essere innocente.
Suo figlio.
Lasciò andare la presa e cadde a terra.
Lo stesso fece Izuku, che rantolò violentemente, gli occhi pieni di lacrime e terrore.
Stava tremando.
Non riusciva a smettere.
Si portò una mano alla pancia e la strinse, cercando di capire col solo tocco, cercando di capire se suo figlio fosse ancora lì, nonostante suo padre stesse per privarli entrambi dell'esistenza.
Le lacrime gli scendevano a fiotti, i singhiozzi gli spezzavano il fiato.
Non riusciva neanche a respirare, piangeva e basta.
Stava morendo di paura, ne aveva così tanta che si rannicchiò in ginocchio, le braccia strette attorno al ventre, le ginocchia al petto, la testa contro di esse.
Non riusciva neanche a guardare Kacchan.
Pregava solo.
Pregava che suo figlio stesse bene, che nonostante il male che gli stava facendo Kacchan riuscisse a cambiare.
Era un cretino.
Era ancora Katsuki Bakugo, l'uomo che aveva tentato di ucciderlo e che stava per riuscirci.

You hurt me, BakudekuWhere stories live. Discover now