Capitolo XIV

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Max restò pietrificata davanti a quella scena, anche se per pochi secondi. Si avvicinò lentamente al corpo ferito di Rafe, mentre le lacrime iniziavano a formarsi al lato dei suoi occhi. Le sue ferite le facevano ancora male da morire, ma ignorò il dolore e si accasciò accanto a lui.

«Va tutto bene, va tutto bene» le disse il ragazzo quando vide le lacrime lasciare gli occhi profondi di Max. Ma non andava tutto bene. Dalla ferita usciva troppo sangue che ormai aveva inzuppato la maglietta verde che indossava, la sua fronte era imperlata di sudore e la sua pelle aveva già perso il colorito vivido assumendo al suo posto un biancore inumano.

«Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia» Max provò a tamponare la ferita con le sue mani nella speranza di fermare un po' il sangue che però non smetteva di lasciare il corpo del ragazzo sdraiato accanto a lei.

«Non è colpa tua»

«Non puoi andartene anche tu, ti prego. Non anche tu» strinse le labbra nel vano tentativo di fermare le lacrime «Anche io mi sono innamorata di te»

Rafe le dedicò un sorriso stanco e chiuse gli occhi, privando Max della possibilità di guardare ancora una volta quelle iridi acquose.

Le porte dell'ascensore si aprirono di colpo mostrando una squadra di poliziotti che la aiutarono immediatamente ad alzarsi e fecero portare una barella per Rafe. Lo attaccarono ad un respiratore e lo portarono via dalla sua vista. In quel marasma, tra le luci che si riaccendevano e il vociare dei poliziotti che le chiedevano se stesse bene, l'unica cosa che aveva attirato la sua attenzione e il suo disgusto era il sangue del ragazzo che macchiava le sue mani pallide, come se fosse stata lei stessa con le sue azioni a condannarlo. Come se l'avesse ucciso lei.

«Dove eravate? Perché non eravate qui?» sussurrò la ragazza tra le lacrime e la rassegnazione.

In quel momento si accorse che dietro gli uomini in divisa c'erano Pope, Kiara e JJ, quest'ultimo con ancora il cellulare in mano e con lo sguardo triste di chi aveva appena sentito la ragazza che amava dichiararsi ad un altro.

«Max» la chiamò la sua amica correndole incontro e avvolgendola in un abbraccio.

JJ e Pope si scambiarono uno sguardo e quest'ultimo poté vedere le iridi azzurre del suo amico riempirsi di lacrime.

Max si abbandonò tra le braccia di Kiara e lentamente si accasciò a terra mentre un urlo disperato lasciava la sua gola.

«È tutta colpa mia, Kie! Stava per uccidere me, dovevo essere io»

JJ si ritrovò a pensare egoisticamente che se fosse toccato a lui, Max non sarebbe stata altrettanto distrutta e il suo cuore si spezzò nell'esatto istante in cui una lacrima lasciò i suoi occhi.

Era l'unico nel gruppo dei suoi amici a sapere della storia clandestina che avevano avviato Max e Rafe l'anno prima. Non perché la ragazza glielo avesse detto, JJ li aveva visti baciarsi di nascosto in mezzo ad una strada isolata, ma non ne aveva fatto parola con nessuno. Aveva semplicemente chiesto spiegazioni a Max e in quel momento aveva capito che non ci sarebbero state possibilità con la sua amica, perché il suo cuore era già impegnato e non da lui.

Ma poi pensò che se non fosse stato per Rafe, lui starebbe piangendo sul corpo della ragazza che amava. Si ritrovò a ringraziare mentalmente il ragazzo e, nonostante non credesse in nessun dio, pregò che andasse tutto bene e che Rafe sopravvivesse all'aggressione.

Lentamente si avvicinò alle due ragazze. Max lo guardò dritto negli occhi e JJ poté leggere la disperazione che stava provando la sua amica in quel momento. Delicatamente la strinse a sé unendosi a quell'abbraccio e Pope lo seguì subito dopo.

Kelce era appena tornato nella stanza di un motel che aveva prenotato per quei pochi giorni in cui sarebbe rimasto a Kildare. Rafe lo aveva convinto a tornare e Kelce aveva acconsentito solo perché avrebbe passato un po' di tempo con un caro amico con cui era cresciuto, ma sapeva fin troppo bene le intenzioni di Rafe. L'amico di una vita voleva convincerlo a rivalutare l'idea del college, ma dopo la tragedia che aveva colpito la sua famiglia non sarebbe potuto andare. Il trasferimento in un altro stato era costato parecchio ai suoi genitori e Kelce non aveva vinto nessuna borsa di studio, senza contare che laurearsi non era più nei suoi piani. Non da quando il piccolo Riley era rimasto ucciso in un incendio. Si sdraiò ancora vestito sul letto squallido del motel e accese la TV.

Aveva passato l'intera giornata con Topper e Rafe, anche se quest'ultimo era andato via prima per andare a trovare Maxine Wether in ospedale, e in quel momento si sentiva terribilmente stanco.
Dopo aver visto una puntata di un gioco a premi sentì bussare insistentemente alla porta della sua stanza.

«Chi è?» chiese stancamente mentre si alzava per andare ad aprire.

«Servizio in camera»

Il ragazzo aprì la porta con fare annoiato «Ci deve essere un errore, io non ho...» non riuscì a finire la frase che si ritrovò un coltello infilzato nella pancia. L'assassino glielo sfilò con maestria, come se ormai fosse abituato ad un gesto tanto folle.

Kelce boccheggiò un paio di volte mentre si teneva con le mani la parte ferita dalla lama. Iniziò ad uscire un rivolo di sangue dalla sua bocca e ben presto cadde a terra inerme.

L'ultima cosa che avevano visto i suoi occhi terrorizzati fu una maschera raffigurante un mostro.

Play with fire || Rafe Cameron Where stories live. Discover now