Capitolo V

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«Che cosa vuol dire che sei la prossima?»  chiese JJ andando avanti e indietro per il Wreck, il ristorante dei signori Carrera, dove si trovavano tutti in quel momento.

Per via del coprifuoco, che sarebbe scattato entro mezz'ora, il locale sarebbe stato praticamente deserto se non fosse stato per il piccolo gruppetto.

Subito dopo quella rivelazione, lo sceriffo Peterkin le aveva dato due poliziotti come guardie del corpo. Non aveva più la sua sacrosanta libertà e una morsa alla gola le impediva di respirare normalmente.

«Calmati, JJ, non vedi che è provata di suo?» lo rimproverò Kiara.

Max dopo aver spiegato ai suoi amici cos'era successo era entrata in una specie di mutismo selettivo. Le parole non volevano più uscire dalla sua bocca perché niente avrebbe spiegato abbondantemente il suo terrore.

«Cosa possiamo fare per te, Max?» le chiese con fare dolce Sarah.

Il suono della porta di ingresso interruppe la loro conversazione, facendo trasalire il gruppo di amici.

«Sarah, che ci fai qui? Dovresti già essere a casa per il coprifuoco» disse suo fratello Rafe appena la vide seduta ad un tavolo del ristorante.

Era in compagnia di Topper e a Max mancò un battito appena gli occhi azzurri del ragazzo incontrarono i suoi scuri e senza speranza.

«Perché c'è la polizia qua fuori?» chiese Topper.

«Storia lunga» rispose la kook all'amico di suo fratello.

«Ho tempo. Ciao, Max» le fece un cenno imbarazzato con la mano.

«No, non ce l'hai. Che ci fate voi due qui?»

«Volevamo prendere del cibo da portare a casa.» disse indicando se stesso e il biondo accanto a lui.

«È successo qualcosa? Avete delle facce»

«È morta una ragazza nella nostra scuola» disse Pope con fare ovvio.

«Sì, ma non credo che siate ridotti così per una ragazza che neanche conoscevate. Senza offesa, Topper» disse rivolgendo uno sguardo di scuse all'amico. Topper e Katy erano stati insieme per tanto tempo e la ragazza lo aveva lasciato poco dopo l'incidente che aveva scosso la città, persa nel suo dolore.

Max si fermò a guardare il volto affranto di Topper e si rispecchiò nei suoi occhi tristi trovando la stessa espressione del ragazzo riflessa sul suo volto.

«Non è solo morta, qualcuno l'ha uccisa e adesso vuole prendersela con Max» rincaró la dose JJ. Faticava a razionalizzare quella storia.

Lo sguardo di Rafe si posò sulla sua figura minuta, come se cercasse di afferrare almeno un solo pensiero di quelli che le vorticavano nella mente.

«Che vuol dire prendersela con Max

«È meglio andare» disse Kiara «Max, vuoi un passaggio?»

La ragazza aprì bocca per la prima volta, ma non riuscì a formulare una frase di senso compiuto «No, io...» disse indicando con il pollice la volate della polizia che la stava aspettando fuori dalla porta. 

Posò lo sguardo per l'ultima volta sul viso angelico di Rafe e poi uscì dal ristorante.

Non fece nemmeno due passi sul marciapiede che venne fermata dalla voce che più desiderava sentire in quel momento e di cui si era privata per troppo tempo.

«Max, aspetta!» Rafe la afferrò delicatamente per un braccio e la fece voltare verso di lui.

«Non ci vediamo da tempo e adesso succede questo»

«Già! Forse un po' me lo merito»

«Stai scherzando? Smettila di fartene una colpa, non lo hai deciso tu e nemmeno io»

La ragazza rimase in silenzio e si mise a braccia conserte, come per proteggersi dai sentimenti che provava per il ragazzo davanti a sé.

Indicò col mento il ristorante «Topper come sta?»

Rafe sembrò confuso da quel cambio di argomento, ma rispose «Non bene, non voglio che resti da solo stanotte. So quello che si prova e tu lo sai meglio di me»

Max annuì mestamente «Stammi bene, Rafe» fece per andarsene, ma il kook la bloccò di nuovo.

«Non sparire più, Max. Non sei l'unica ad avere sofferto»

«Ma sono l'unica che ne sta pagando le conseguenze»

Dedicò un ultimo sguardo a quegli occhi acquosi. Prima di perdersi in quel mare di sofferenza e di commettere l'ennesimo errore della sua vita si allontanò da lui e salì sulla volante della polizia che la stava aspettando ormai da ore.

«Mi stavo appassionando» disse scherzando uno dei due agenti, prima che la ragazza salisse in macchina, facendo ridere il collega.

Una volta tornata a casa, ringraziò i due poliziotti che avrebbero fatto la ronda notturna e che prima di andare in macchina per verificare che non entrasse nessuno avevano controllato da cima a fondo l'abitazione.

Sua madre era un'infermiera e faceva spesso turni di notte, proprio come quel giorno. Quindi Max si ritrovò al buio, da sola in una casa che non sentiva sua, braccata da un assassino. Come unico pensiero positivo i due poliziotti appostati davanti la villetta.

Si coprì con le coperte fin sopra la testa e chiuse gli occhi, sperando che l'indomani mattina si sarebbe rivelato tutto un sogno.

Max ebbe l'impressione di aver dormito, anche se non era certamente stato un sonno riposante e quando controllò l'orario si rese conto che era notte fonda.

Provò a riaddormentarsi, quando la suoneria del suo telefono la fece trasalire. Sullo schermo campeggiava la scritta Numero Sconosciuto e le si gelò il sangue nelle vene.

Prese un respiro profondo e rispose.

«Pronto?» chiese con voce tremolante.

«Ciao, Max» il cuore della ragazza minacciava di uscirle dal petto o di arrestarsi da un momento all'altro. La voce che le aveva risposto sembrava quella di un uomo adulto, ma era sicuramente contraffatta.

Poteva esserci chiunque al telefono con lei.

«Chi sei? Cosa vuoi da me?»

«Sono le domande sbagliate, Max. Perché non provi a chiederti: dove sono

Play with fire || Rafe Cameron जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें