Capitolo 26

7.1K 402 59
                                    

(Canzone consigliata: Sacrifice - Black Atlass feat. Jessie Reyez).

Isabelle.

Aprii gli occhi direttamente il giorno dopo, almeno credevo.

Non ne ero sicura.

L'unica cosa di cui ero sicura era che indossavo il pigiama -ma non ricordavo di essermelo messo- e che la luce che entrava dalla finestra martellava sulle mie palpebre pesanti.

O forse martellava sulle mie tempie.

Non ero sicura nemmeno di quello.

Il cuscino accanto al mio era stropicciato, come se ci avesse dormito qualcuno.

E forse sapevo anche chi fosse quel qualcuno, dato che il suo profumo ambrato aveva preso possesso delle mie lenzuola.

Ma non lo vedevo.

Né lo sentivo.

Probabilmente se n'era andato, d'altronde avevamo ancora i corsi da seguire e preparare le tesi prima dell'estate.

Anche se la mia voglia di studiare era realmente pari a sotto lo zero, ma la laurea non l'avrei presa ad honorem. Purtroppo.

Sentivo la gola dolorante e la lingua secca.

Avevo qualche ricordo del giorno prima, della sfuriata contro mia madre che poi si era trasformata in una delle mie crisi.

Quella era stata la peggiore però, credevo realmente di morire.

Per un attimo soltanto, avevo pensato che sarebbe stato un bello schifo andarmene senza aver sentito la pelle di Aaron contro la mia, ancora un'ultima volta.

Il che era un discorso incoerente bello e buono, visto che ero praticamente scappata dal Vermont.

Da lui.

Perché per me, lui, era pericoloso.

E non intendevo nel senso metaforico del termine, intendevo quello vero e proprio.

Mi faceva una paura fottuta con quei suoi occhi buoni dal colore del cioccolato al latte.

Quindi, prima che le cose si fossero fatte davvero irreparabili, avevo deciso di scappare.

Come una codarda.

Ma il problema era che anche se scappavo da lui in senso letterale, non riuscivo a farlo a livello mentale.

Era nella mia testa.

Sempre.

Non mi aveva dato mai certezze a parole, ma lui c'era.

Ogni volta, c'era.

E, ripeto, mi faceva una paura fottuta.

Che poi, ripensandoci, ero scappata da lui proprio come aveva fatto mia madre.

Che ipocrita che ero, per la miseria.

Prima denigravo mia madre per essersene andata in quel modo, quando la prima ad averlo fatto appena ne avevo avuto l'occasione, ero stata io.

E prima che mi venisse una crisi nervosa, mi buttai sotto il getto caldo della doccia per lavare via quella sensazione di pesantezza nella testa e lasciarla scivolare nello scarico.

Lo sapevo che fosse una finzione.

Non potevi buttare tutto nei tubi dello scarico.

Però, quell'immagine mi aveva sempre aiutata ad affrontare la giornata.

Mind (Soul spin-off)जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें