Capitolo 28

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(Canzone consigliata: Sorry - Halsey.)

Isabelle.

"Papà".

Quello era il nome che fece accendere lo schermo del mio telefono per una chiamata in arrivo.

Per una chiamata che non ricevevo da tempo e che, sinceramente, non ero tanto sicura di volere.

E in più, c'era da dire che stavo passando una delle più belle serate della mia vita.

Eravamo in un ristorante per cenare tutti insieme, in un locale veramente pittoresco ma che donava un calore unico. C'erano perfino le tovaglie e quadri rosse, le candele ad ogni tavolo per donare quel bagliore accogliente e i profumi che arrivavano dalla cucina riuscivano a donare pace e serenità, oltre che a far venire l'acquolina in bocca. 

Ero rilassata quando mi ero poggiata sulla spalla di Aaron con la testa, mentre Nives raccontava aneddoti imbarazzanti su Nathan.

Ero rilassata quando avevo sentito le labbra di Aaron posarsi sui miei capelli mentre ridacchiava e quando la mia migliore amica mi guardò con approvazione.

Ma non ero affatto rilassata quando la vibrazione del mio cellulare aveva rotto quella bolla di serenità che contornava il nostro tavolo pieno zeppo di cibo e vino.

Un silenzio straziante mi fece fischiare le orecchie mentre mi guardavano, tutti e tre, per capire il motivo per il quale io non stessi rispondendo a mio padre.

Nives non sapeva niente di niente.

Nathan nemmeno lo commento.

E Aaron sì, qualcosa sapeva, ma non tutto.

Mai tutto.

La vibrazione del mio cellulare si interruppe, solo per poi riprendere di nuovo.

Nives mi guardò comprensiva. «Forse dovresti rispondere, Isy.»

Io mi morsi il labbro mentre tornai a fissare il telefono come se fosse una bestia inferocita.

Quando sentii la mano di Aaron posarsi sulla mia gamba, girai lo sguardo verso il viso.

«Vuoi che risponda io?», chiese preoccupato.

Io ridacchiai, ma non ero affatto divertita. «Vorrei che mio padre non morisse d'infarto, Aaron.»

Lui annuì accennando un sorriso comprensivo.

E, non chiedetemi il motivo, mi ritrovai a girare lo sguardo verso Nathan.

Nathan che rispose al mio sguardo con un sopracciglio alzato, come a chiedermi che tipo di problemi avessi.

Ma quando vide che non demordevo, mise i gomiti sul tavolo sbuffando e disse: « Senti, io sono proprio l'ultima persona che può dispensare consigli sulla figura paterna. Ma, conoscendoti, se non rispondi a quella chiamata verrai travolta dai sensi di colpa.»

Tornai con lo sguardo sul cellulare e vidi che aveva smesso di squillare di nuovo.

Presi un respiro, uno solo, e ricominciò.

«Bene», sbottai mentre prendevo il cellulare. «Torno subito.» Mi alzai dal tavolo e mi infilai in fretta e furia il cappotto e la sciarpa.

Quando uscii, la frescura della sera mi abbracciò come una vecchia amica e lo scricchiolio del nevischio che era sul suolo non mi rilassò affatto come faceva di solito.

«Pronto?» 

Silenzio.

«Pronto?», ripetei stizzita mentre controllavo che non avesse attaccato.

Mind (Soul spin-off)Where stories live. Discover now