Capitolo 16

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(Canzone consigliata: Bound to You - Christina Aguilera.)

Aaron.

Non ricordo quando mi addormentai.

Ricordavo però le risate di Isabelle mentre mi raccontava aneddoti su Nives e su sua cugina.

Ricordavo il cibo cinese che avevamo ordinato per cena.

Ricordavo anche come mi fosse venuta voglia di usare il suo corpo come piatto di porcellana.

Ma quello che ricordavo meglio erano i suoi gemiti poco dopo che avevamo finito di mangiare. Come il suo corpo si lasciasse divorare dal mio, come riuscì a farmi essere con lei.

Ero completamente con lei quella sera, in lei.

Non mi ero distratto nemmeno un cazzo di secondo.

Ma quando aprii gli occhi lentamente, per evitare che la luce che entrava dalla finestra mi accecasse, mi resi conto che il lato del suo letto era vuoto.

Ci misero un po' i miei sensi a svegliarsi, ma quando sentii la voce di Isabelle nella piccola cucina della sua stanza, capii che era ora di alzarsi.

«Non hai il diritto di chiamarmi.» Sibilò.

Ma con chi stava parlando?

Indossai i miei jeans in fretta e furia per andare a controllare. Se fosse stato ancora quel burattino di Connor avrei dato di matto, cazzo.

Ma si erano lasciati, almeno?

Quando arrivai davanti la cucina, lei mi dava le spalle seduta su una sedia.

Decisi di non interrompere quello che stava facendo, così mi appoggia allo stipite della porta e aspettai.

«Ti ha dato il permesso lui?» Ringhiò al telefono. «E non hai pensato che forse sia un mio diritto scegliere con chi io voglia parlare o meno? Notizia flash, Grace...» Ridacchiò amaramente. «Io non ho nemmeno intenzione di condividere l'aria che respiro con te.»

Chi cazzo era Grace?

Attaccò la telefonata e lanciò il cellulare dall'altra parte della stanza.

Notai che cominciò a respirare sempre più velocemente dal movimento delle sue spalle.

Non andava bene, non mi piaceva il modo in cui respirava.

Mi avvicinai con delicatezza per paura di spaventarla, ma quando fui quasi vicino a lei, cominciò a tremare come una foglia.

«Belle...» Sussurrai avvicinandomi.

Lei non sobbalzò come al solito, così mi avvicinai ancora di più per guardarla in viso.

Quel suo bellissimo viso da bambina era contratto in una smorfia di terrore e dolore, i suoi occhi color smeraldo mi guardavano supplichevoli come se io potessi risolvere qualsiasi cosa.

Le presi il volto tra le mie mani. «Ehi, è tutto okay.»

Lei scosse la testa e una prima lacrima solcò il suo viso.

«Vieni con me.» La presi per mano per riportarla a letto, dove me la misi sulle gambe e le scostai i capelli dal viso.

Mi guardava, ma non mi guardava sul serio.

Il suo sguardo era appannato dai pensieri, come tutte le volte che se ne andava in chissà quale pensiero. E lo odiavo.

Odiavo vedere quella smorfia di sofferenza sul suo viso.

Ma sapevo che le parole non servivano a un cazzo in un momento del genere.

Così, la strinsi a me facendole posare la guancia sulla mia spalla mentre veniva scossa dai tremiti.

Mind (Soul spin-off)Where stories live. Discover now