Capitolo 10

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"Dio mio
spiegami come si fa ad amare la carne
senza baciarne l'anima."
(Alda Merini)
~~~

Grace
"Potresti smettere di muovere quella gamba? Mi stai facendo impazzire." Sussurro a denti stretti contro l'orecchio di Daphne.

La osservo agitarsi freneticamente sul divanetto in pelle del diner nel quale siamo arrivate da circa venti minuti, dieci dei quali lei non ha fatto altro che chiedermi come le stessero i capelli e se le donasse il top che indossa.

Trevor Wells la manda fuori di testa e questa è soltanto la loro prima uscita, non oso immaginare come reagirebbe Daphne se quel tizio finisse per baciarla.

Probabilmente dovrei farle un massaggio cardiaco o qualcosa del genere.

"Non ci riesco!" Risponde a mezza voce, stringendo convulsamente i pugni. "Quel ragazzo è il mio...."

"Sogno erotico ad occhi aperti, si ho capito il concetto. Me lo hai ripetuto circa trecento volte negli ultimi tre giorni." Ribatto, cercando di trattenere un sorrisetto mentre giocherello distrattamente con il cellulare.

"Ti rendi conto della situazione in cui mi trovo? Metà del nostro campus ucciderebbe per respirare l'aria nella stessa stanza di Trevor e lui ha chiesto a me di uscire. Non riesco ancora capire perché." Borbotta affranta, raddrizzandosi gli occhiali sul ponte del naso per la quinta volta di fila.

Abbandono il telefono sul tavolo in modo fin troppo brusco, tanto che atterra sulla dura superficie in legno con un tonfo sordo.

Mi volto di scatto verso Daphne e, con uno sbruffo carico di esasperazione, inizio a parlare.
"Ancora con questa storia? Daphne sei una bomba sexy, super intelligente e tremendamente sensuale. Potresti avere chiunque in questo dannato diner solo sbattendo le ciglia, è Trevor quello fortunato ad essere qui stasera." Parlo con fervore, le parole mi escono di bocca con vivace grinta. "Anzi, non so neppure perché tu mi abbia trascinata qui. Non hai bisogno di me, nè del mio supporto, vai alla grande già così." La rassicuro stringendo la sua mano nella mia.
Il suo palmo è gelato, ricoperto di un lieve strato di sudore, frutto dell'acuta ansia che le divora il corpo.
"Spero solo che questa serata in tre non si riveli tragicamente imbarazzante: non ho mai fatto il terzo incomodo, ma per te, amica mia, accetterei cose ben peggiori."
Dico, strizzando l'occhio verso il suo viso improvvisamente pallido.

In effetti, fin troppo pallido.

Daphne non mi sta guardando negli occhi, fissa con aria inebetita il tavolo senza proferire parola mentre il suo piede continua a battere convulsamente contro il lucido pavimento.

Tap.Tap.Tap.

"Daph?" La chiamo dolcemente, inclinando il capo per avere una visuale totale del suo dolce viso.

Lei si schiarisce la voce con difficoltà e continua a non guardarmi.
"Ecco io...." Mormora sommessamente e mi riesce difficile perfino sentirla nonostante sia proprio affianco a me.

"Tu?" Le chiedo con un velo di impazienza.

"Potrei non averti detto una cosa." Continua a sussurrare a mezza voce, torturandosi le dita.

Sembra quasi...in colpa?

Corrugo la fronte in chiaro segno di confusione e, tirando su la manica della maglia che continua a scivolarmi sulla spalla, lasciandola scoperta, la incito ancora parlare.

"Che cosa?"

"Potreinonavertidettochenonsiamointre."

Butta fuori queste parole senza neppure respirare, questo ammasso di sillabe fuoriesce con impeto dalla sua bocca e non riesco a decifrarlo subito.

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