5. Matematica

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La biblioteca era piena di gente, soprattutto adolescenti che passavano i pomeriggi a studiare e a prepararsi per le verifiche e le interrogazioni del giorno dopo. 

In quel posto Michelangelo si era sempre sentito a proprio agio, forse perché era avvolto nel silenzio. Inoltre si sentiva meno solo in mezzo a tutte quelle persone che studiavano duramente, proprio come aveva sempre fatto lui.

Il ragazzo intravide subito Zeno, seduto a un tavolo con davanti il suo computer portatile. In compenso non c'era traccia di Ginevra.

Michelangelo provò una punta di delusione, cosa che lo sorprese. Fino a quel momento non si era reso conto di quanto avesse sperato che la ragazza che aveva incontrato il giorno prima fosse con lui.

Probabilmente il foglietto di carta che gli aveva dato Ginevra gli aveva fatto nutrire false speranze. In fin dei conti perché sarebbe dovuta venire? 

Michelangelo deglutì a vuoto e raccolse tutte le sue forze per affrontare il pomeriggio in compagnia esclusivamente di quel vecchio compagno delle medie.

"Oh, Martini!" lo salutò Zeno quando il ragazzo si avvicinò al suo tavolo e fece sì che i loro sguardi si incrociassero. Spostò lo zaino dalla sedia accanto alla sua e lo invitò a sedersi.

"Mangiato bene?" gli chiese Michelangelo per rompere il ghiaccio.

"In realtà no. Solo una pizzetta che ho preso a scuola".

"Oh, mi dispiace" sussurrò l'altro, pensando al suo abbondante pranzo da McDonald's e sentendosi leggermente in colpa.

Si chiese perché il moro non si fosse potuto permettere un pasto completo, ma preferì non indagare più a fondo, nel timore di fare una figura ancora peggiore.

"Beh, iniziamo?" lo esortò Zeno dopo qualche attimo di silenzio.

Michelangelo annuì e tirò fuori dallo zaino il suo libro di matematica. Zeno fece la stessa cosa.

Dopo poco, però, Michelangelo si rese conto che il libro del suo vecchio compagno di classe era di livello decisamente inferiore rispetto al suo, perciò chiuse il proprio e si accontentò di quello del moro.

Per cominciare interrogò Zeno su alcuni concetti su cui si sarebbe tenuta la verifica, giusto per vedere se gli erano ben chiari, ma presto si rese conto che il ragazzo aveva a malapena un'idea generale dell'argomento in questione.

Quel pomeriggio si sarebbe rivelato ancora più difficile del previsto.

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Dopo un'ora trascorsa a cercare di spiegare a Zeno il concetto di limite, Michelangelo si arrese e decise di passare agli esercizi.

Purtroppo scoprì che per quel ragazzo la pratica non era meglio della teoria, ma si sforzò comunque in tutti i modi possibili di fargli entrare in testa qualcosa.

Risolsero tanti quesiti e dopo un'altra ora Zeno lo supplicò di smettere, perché, a suo dire, aveva la testa che gli stava per scoppiare.

"Beh, immagina la mia, a cercare di farti entrare in testa alcune cose che dovresti sapere da due anni... ma che dico? Dalle medie!" esclamò Michelangelo esasperato.

"Che cosa intendi dire, Martini?" chiese Zeno, appoggiandosi allo schienale della sedia.

Si era messo a masticare un chewing-gum alla fragola e a giochicchiare con il tappo di una penna. Per aggiungere la ciliegina sulla torta, aveva un sorriso detestabile stampato in faccia.

Michelangelo odiava i suoi coetanei che cercavano di apparire superiori. Forse fu per questo che, senza peli sulla lingua, disse al suo vecchio compagno di scuola: "Intendo dire che sei una capra, Zeno. Non so come hai fatto ad arrivare in quinta con le competenze che ti ritrovi. Dimmi, c'è stata una singola volta in cui non hai copiato durante questi anni?".

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