Capitolo dodicesimo

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Minho's POV
-Come ben sai sono nato in una famiglia ricca. Sin da bambino sono stato cresciuto come un diverso, un prodigio prediletto.
Non sono mai stato normale, mi hanno sempre visto come colui che avrebbe preso il posto di mio padre a capo dell'azienza di famiglia.
Sai... prima guardavo quelle foto con i tuoi. Io non ho mai avuto foto del genere, le mie sono posate, fredde, finte.
Non ho mai avuto un bel rapporto con loro sai?- ammisi sinceramente in un sospiro, sotto gli occhi stupiti del minore.

-Dici sul serio? Siete una delle famiglie più iconiche della Corea, sembrate essere la famiglia migliore del mondo- tirò le ginocchia a sé e le abbracciò tenendole strette al petto.
Era estremamente curioso della mia storia e a me faceva piacere, nessuno mi aveva mai ascoltato così attentamente. I giornalisti lo facevano solo per scoop, amici non ne avevo, i miei... beh i miei non mi parlavano proprio.

-Già. Non mi hanno mai accettato davvero, non mi hanno mai ascoltato o supportato le mie idee. Davanti alle telecamere ero il figlio perfetto ma sono sempre stato un problema per loro.- feci una pausa ed abbassai lo sguardo sulle mie dita, Jisung continuò ad ascoltarmi in silenzio lasciandomi il mio tempo.

-Quando ero piccolo frequentavo la scuola pubblica. Mi ero fatto degli amici, una vita, delle idee, per quanto riguardanti temi futili data l'età. Stavo bene. Ero solito ascoltare le storie degli altri bambini: chi passava i weekend con la famiglia, chi non aveva soldi, chi stava con i nonni o i fratelli. Mi sono sempre chiesto cosa avessi di sbagliato io, non avevo mai sperimentato nulla di tutto ciò. Poi d'un tratto, da un giorno all'altro, smisi di frequentare le scuole pubbliche- mi fermai a fissare il vuoto al solo ricordo del trauma che mi lasciò.

Jisung sembrò accorgersene ed esitò a farmi quella domanda, prese coraggio infine -e... come mai?-

Silenzio.
-Non ne ho mai parlato con nessuno, scusami se faccio fatica- mi grattai la nuca imbarazzato e poi ripresi a parlare -avevo conosciuto un ragazzo, Kihyun si chiamava. Era il mio migliore amico. Passavamo il tempo scolastico insieme, nulla di più dato che mi era stato vietato di frequentare gente di rango inferiore al mio- lo dissi con disprezzo, avevo sempre odiato quella regola -ad ogni modo... un giorno, verso i miei dodici anni, iniziai a capire che quello che provavo per lui non era semplice amicizia ma un sentimento molto più profondo.-

Alzai lo sguardo verso Jisung che trattenne il fiato sorpreso, mi scappò una risatina nonostante la serietà del discorso. -Si. Kihyun è stata la prima ed ultima persona che io abbia mai amato-

Jisung sorrise, era intenerito o forse sorpreso da quella frase -gliel'hai mai detto?- domandò ingenuamente.

-No. Feci un errore. Sai, come ho detto ero solito ascoltare le esperienze di vita altrui. Avevo sentito storie di famiglie unite, genitori che supportavano le volontà ed i sogni dei figli e per una volta mi illusi di poter essere come loro. Quella sera stessa lo dissi ai miei.
Non dimenticherò mai l'espressione di disgusto sui loro volti ed il tono con cui mi vietarono di vedere persone e di andare a scuola.
Non rividi mai più Kihyun.-

Abbassai lo sguardo ma potevo benissimo vedere quella lacrima solitaria scendere sul volto di Jisung. Il mio restava impassibile, ormai abituato a quella storia passata.
Poi fece una cosa che non mi sarei mai aspettato.

Jisung mi abbracciò in silenzio, non riusciva a dire nulla ma a volte i gesti valgono più di mille parole.

Non ricambiai, non volevo toccarlo. Sapevo quanto lo mettesse a disagio il contatto fisico e mi stavo godendo quella dimostrazione d'affetto così dolce e spontanea. Si staccò poco dopo senza guardarmi, imbarazzato.

-Dai quattordici ai diciotto anni studiai chiuso in casa- continuai il mio racconto. -Iniziai a sviluppare un odio profondo verso la mia famiglia ed una consapevolezza che i problemi economici dei bambini di cui sentivo parlare da piccolo erano causati da quelli come noi. Iniziai a dipingere la critica alla società in quel periodo, mentre escogitavo la mia vendetta.
Appena compiuti i diciotto anni mi buttai nel porno.
Cazzo se ho goduto, l'immagine della mia famiglia ne ha risentito eccome e mi sentivo fiero di me, lo sono ancora-

Koi no yokan || MinsungWhere stories live. Discover now