Extra -

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Oralee

È un martedì di un umido giorno di novembre. Dovrebbe far freddo, eppure i raggi del sole picchiano così tanto da rendere una giornata autunnale quasi primaverile. Abbiamo guidato per quasi tre ore e sono sicura che il ragazzo al mio fianco, se non fosse stato per me, avrebbe tranquillamente trascorso questa mattinata nel nostro letto, a Dalmwin, a recuperare le ore perse ieri notte.

Eppure non ci ha pensato due volte quando gli ho fatto presente le mie intenzioni. Inizialmente lo scetticismo era presente sul suo volto, probabilmente avrà pensato che fosse un gran passo da fare, soprattutto e considerando che stavo chiedendo a lui di accompagnarmi. Ma lo sa, è consapevole di quanto io necessiti della sua presenza in momenti come questi.

Ad attimi felici si susseguono momenti di disperazione, ed è un po' tutto peggiorato da quando Mike Rivers mi ha inviato una foto di noi tre, credendo di risvegliare ricordi felici. Non so neanche come abbia fatto a conservare il mio numero di telefono dopo tutti questi anni e avrei voluto con tutta me stessa che, nell'esatto momento in cui avevo ricevuto quel messaggio, il suo cellulare si fosse bruciato. Elijah era di fronte a me, seduti ad un tavolo del Cottons Camden, con la pioggia a battere sui vetri delle finestre addobbate da decorazioni di Halloween. L'ha capito subito, il mio sguardo parlava da sé, e se non ho pianto è stato solo per non attirare l'attenzione e far innervosire Elijah. Perché se fosse successo, se fossi crollata in quel momento e non nei giorni successivi, quando ho metabolizzato in parte quella foto, sarebbe partito sul momento per St Davids per mettere a tacere ai suoi istinti difensivi spaccando faccia e collo al ragazzo, probabilmente ancora tossico dipendente, che aveva deciso di non tenersi quel ricordo per sé.

E mentre lo guardo, ascoltando le sue rassicurazioni, mi domando per l'ennesima volta perché non sia entrato prima a far parte della mia vita. In un universo parallelo tutto questo è iniziato già da molto: lì tutto è più semplice perché ci siamo solo noi e nessun altro, l'uno intrinseco all'altra, respiro contro respiro ad unire un'anima che era stata separata in due corpi in precedenza. Ma non ero pronta alla sua entrata nella scena della mia vita, perché Seth aveva lasciato il suo copione nelle mie mani ed io mi aspettavo che qualcuno come lui seguisse alla regola ogni singola battuta. No, non è stato così ed è andata mille volte meglio, anzi..questa volta è andata bene. Mi restava solo riportare quei fogli ingialliti al suo proprietario, nonostante una parte piccola di me mi continuasse a sussurrare di non farlo. Però, ormai, i miei piedi battevano sulla ghiaia umida e le mie spalle si lasciavano dietro i cancelli di quel secondo inferno. Elijah camminava ad un passo dietro di me, un po' a seguirmi non sapendo dove andare, un po' per darmi i miei spazi. Come se non sapesse che i miei, di spazi, sono suoi e che io, senza lui, invece di camminare su quel terreno disabitato, ci starei stesa sotto già da tempo. Ogni tanto mi volto a guardarlo, come a rassicurarmi che sia ancora lì con me e a lasciare che il suo sguardo mi dica - vai, ci riesci -.

Arriviamo di fronte alla tomba improvvisamente, perché ero così immersa nei miei pensieri da lasciare che i miei piedi e i miei ricordi mi trasportassero autonomamente da lui. E il respiro mi muore in gola, le labbra si stringono in una linea dritta e giuro di aver sentito i miei denti scheggiarsi leggermente. Sorride, con gli occhi spensierati e lucidi travolti da una felicità che non ero stata io a causargli. La lapide è leggermente rovinata dal muschio nato dalle piogge ininterrotte degli ultimi inverni, nonostante ciò Seth John Miller è ancora ricalcato come la prima e ultima volta che sono stata qui, al suo funerale. Sotto alla data di nascita, tredici novembre del novantasei, e a quella di morte, ventotto dicembre duemiladiciotto, in un corsivo grezzo è citato Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo.

Oggi Seth avrebbe compiuto ventisei anni. Si è fermato a ventidue. È tutto ciò che riesco a pensare mentre stringo i pugni pur di fingere che questo non mi stia facendo crollare ogni singolo pezzo di serenità che, fin questo momento, sono riuscita a mettere insieme. Le nocche delle mie dita diventano bianche a causa della forza con cui sto spingendo le mie unghie nei palmi delle mani, cercando di non respirare né troppo né troppo poco. Lui è qui, sdraiato sotto questo ammasso di terra, custodito da una lastra di pietra che, per tempo, ho sperato divenisse anche la mia di casa. Eppure quest'ultima l'ho trovata in qualcuno che mi aspetta pazientemente, proprio qui alle mie spalle, ed è tra le sue braccia che mi ritrovo, qualche secondo dopo aver sentito la sua mano adagiarsi sulla mia spalla. Non piango, non riesco nonostante il magone si stia diffondendo su tutto il mio petto, lasciandomi i polmoni e la trachea a sforzarsi di non restare compressi in quel torpore. Con la testa incastrata tra il suo collo e la sua spalla, lascio che mi massaggi il centro della schiena, consapevole di quel dolore fisico.

Golden 𝟚 Onde as histórias ganham vida. Descobre agora