CAPITOLO TRENTAQUATTRO - TELL ME ABOUT TOMORROW

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- Sta dormendo ma sì, puoi vederlo. Stanza 311. Ricorda solo che ha bisogno di riposare. - Mi disse. - Per qualsiasi cosa non esitate a chiamare, d'accordo? -

- Certo, assolutamente. La ringrazio ancora dottore, grazie davvero. - Conclusi poi, alzandomi in piedi e osservandolo mentre se ne andava.

Avrei voluto correre fuori e urlare nuovamente, sperando che tutto il dolore racchiuso nel mio petto se ne andasse, ma sapevo che non avrebbe funzionato, non così. Volevo vedere mio fratello, accertarmi che respirasse da solo e fosse realmente ancora vivo, solo dopo mi sarei lasciato andare. Promisi a me stesso di dare libero sfogo al pianto una volta che Ryan di fosse svegliato, non prima.

M'incamminai verso la porta della sua stanza ma prima di entrare mi soffermai fuori, a guardarlo dal vetro. Era disteso nel letto, come un angelo, il pallore in viso non era scomparso ma sembrava che stesse, molto lentamente, riacquistando colore. Pensai nuovamente al fatto che Ryan era tutto ciò che avevo e per un istante, mentre lo osservavo, ricordai i nostri momenti da bambini, seduti sul pavimento del salone di casa a cantare e suonare con mamma e papà. Ricordai i momenti in cui ci rotolavamo nell'erba dopo aver litigato, quelle volte in cui papà ci mandava a letto senza cena proprio perché ci eravamo azzuffati in giardino. Ricordai le gare a chi mangiava più hot dog con lui e nostro padre, in cui vinceva sempre e poi veniva sgridato dalla mamma perché saltava in piedi sul tavolo festeggiando per la sua vittoria. Eravamo stati felici, da bambini, e mi chiesi quale fosse il prezzo da pagare per riavere anche solo un momento di tutti quelli che avevamo vissuto quando ancora eravamo una bella famiglia, unita soprattutto. Mi chiesi anche se effettivamente ci fosse un prezzo e se si potesse riassaporare quella felicità, perché in fondo non ne ero del tutto certo. Quel dubbio si insinuò così a fondo nella mia mente che mi sentii in colpa per non essermi goduto a fondo quei momenti, dando per scontato che ce ne sarebbero stati degli altri: quanto mi sbagliavo. In quell'istante guardavo mio fratello e pregavo solamente che aprisse gli occhi e tornasse a guardarmi, che tornasse a insultarmi il più presto possibile, che tornasse a sorridere, e promisi a me stesso che avrei fatto di tutto per renderlo felice, perché non si sentisse solo.

- Come sta? - Mi voltai alla mia destra, osservando i capelli biondi di Gabriel. Aveva gli occhi verdi fissi su mio fratello, e lo stava guardando proprio come lo stavo guardando io fino a qualche secondo prima. Sembrava distrutto: sembrava che i sensi di colpa solcassero il suo viso con una tale forza e profondità che potevo quasi vedere quanto gli avesse spezzato il cuore rischiare di perdere mio fratello.

- I dottori dicono che si rimetterà del tutto. - Gli dissi infilando le mani in tasca e osservandolo facendo qualche passo indietro. - Ci vorrà tempo, ma starà bene. - Spiegai battendo le palpebre e tornando a posare lo sguardo su Ryan.

- Mi dispiace - Si voltò a guardarmi negli occhi e fu solo in quell'istante che capii quanto fosse realmente distrutto. Inspirò di scatto, fissandomi con gli occhi spalancati e arrossati, solcati dalle occhiaie. Anche lui, proprio come me, sembrava che non dormisse da tantissimo tempo. - Quando Ryan ha accettato di collaborare con noi mi ha fatto promettere di fare qualsiasi cosa pur di proteggerti, anche se fosse stato necessario lasciare che morisse. Io però gli avevo anche promesso che non sarebbe accaduto nulla di male ne a te, ne a lui, ne alle persone che amava, e ho fallito in ogni cosa. Katherine è morta, tu e Victoria siete stati rapiti, Ryan è quasi morto. Non sono nemmeno riuscito a capire che Vincent era ancora vivo. Sapevo che fosse tutto strettamente collegato, ma non ho minimamente immaginato che potesse aver finto la sua morte. Se solo ci fossi arrivato prima, se solo avessi usato di più il mio istinto, forse a quest'ora non saremmo qui e lui sarebbe stato in carcere da più tempo. Scusami Benjamin, non avevo intenzione di causarti un'altra perdita, mi dispiace -

Mi morsi il labbro e mi lasciai sfuggire un sorriso pensando a quanto contorto fosse. Si era sempre mostrato come se fosse impossibile scalfirlo, come se non ci fosse nulla al mondo di cui gli importasse davvero, come se l'apatia regnasse sovrana nel suo cuore. Avevo sempre pensato che fosse a causa del lavoro che faceva: sostenevo che non potesse mostrare le sue emozioni e dovesse sempre mostrarsi impassibile, e guardandolo in quel momento, in piedi davanti a me, mi resi conto che eravamo molto più simili di quanto immaginassi. - Io e te siamo molto più simili di quanto si possa anche solo lontanamente immaginare. - Gli dissi prendendo posto su una sedia fuori dalla stanza di Ryan.

UNCONDITIONALLYWhere stories live. Discover now