CAPITOLO VENTINOVE (prima parte) - piccola stella senza cielo

Start from the beginning
                                    

Finalmente, in lontananza, riuscii a vedere una luce, che più gattonavo più si faceva vicina e l'immagine vivida, finché non riuscii a mettere fuoco del tutto arrivando a capire che si trattava di una finestra. Tornai ad alzarmi in piedi, camminando lentamente verso i raggi solari che entravano dai vetri, trovandomi a guardare fuori dalla finestra posandoci una mano sopra. Quando mi resi conto del panorama, quando capii quale fosse effettivamente la vista che mi trovavo davanti, il mio cuore perse improvvisamente un battito, accelerando poi di colpo, battendo così all'impazzata da sentirne le pulsazioni nelle orecchie, nelle vene.

Era casa mia: era la finestra che dava sul retro della casa, dove mi sedevo sempre a terra a guardare i bambini giocare quando papà non c'era, immaginando di poter stare con loro, un giorno.

Mi voltai verso il corridoio nuovamente, osservandolo attentamente e riuscendo a scorgere ogni dettaglio di quella che, in fondo, non era mai stata la mia casa, ma soltanto una prigione infernale, dove venivo torturata da Lucifero in persona. La carta da parati sgualcita portava ancora i graffi causate dalle bottiglie che papà scagliava contro il muro e, chiudendo gli occhi, potevo ancora sentire il profumo dell'alcol appena rovesciato. Mi ricordavo quando mi inginocchiavo a terra per pulire i suoi disastri, a raccogliere i pezzi di vetro mentre lui disperdeva pezzi del mio cuore facendomi male ogni volta di più. Quando vedeva che tutto era pulito e splendente, che il pavimento non appiccicava, mi prendeva per mano e mi sorrideva, dicendomi che meritavo un premio, che per me poi tanto premio non era, credevo fosse più per lui.

I ricordi pulsavano e urlavano nella mia testa, accecandomi e aprendo ogni mia ferita, torturandomi e togliendomi il respiro, come se le stessi rivivendo di nuovo, fino a perdere l'anima, il cuore, la vita. Mi domandai quale cassetto della mia mente avessi aperto, in quale mondo mi trovassi, in quale regno esattamente, se fossi ancora viva oppure no. La verità, però, era un'altra ed era che io mi sentivo morta da molto tempo, forse lo ero sempre stata e forse era proprio per quel motivo che non riuscivo a sentire il mio cuore battere: perché non lo aveva mai fatto.

- Non puoi rimanere bloccata qui per sempre. – Una voce alle mie spalle sovrastò il rumore dei miei pensieri. Mi voltai di nuovo verso la finestra per accertarmi che fosse davvero la sua voce e, quando incrociai il suo sguardo magnetico, i suoi occhi brillanti, rimasi senza respiro. Lei era lì, proprio davanti a me, ed era la stessa di sempre: bellissima e incantevole, proprio come un angelo. Non sapevo cosa fare, onestamente, perché vederla mi rendeva così felice, ma non avevo la più pallida idea di che cosa significasse. Mi chiesi quindi per quale motivo si trovasse lì con me in quel posto, dove di certo non doveva stare, perché lei doveva danzare con le stelle, sulle nuvole, ridere e sorridere per sempre nei giardini dell'Eden. Averla davanti mi portò a quel punto, a chiedermi anche se io fossi ancora viva, e se lei fosse scesa agli inferi per venire da me e parlarmi.

- Cosa ci fai tu qui? – Le chiesi allungando la mano e provando a sfiorarla, ma mi resi ben presto conto che non la potevo toccare o meglio, lo potevo fare, ma non sentivo il suo tocco, non sentivo la mia pelle entrare in contatto con la sua. Katherine era davanti a me, con la testa piegata di lato, i capelli biondi e mossi svolazzavano insieme ai fiocchi di cenere e neve, rendendola quasi non reale. Il fatto che non potessi abbracciarla spezzò il mio cuore un po' di più, perché era tutto ciò che desideravo fare: stringerla fra le braccia e non lasciarla più andare, rimanere con lei per sempre. – Anzi non importa, non importa più niente, portami con te, mi manchi -

Katherine sorrise e mi sfiorò una ciocca di capelli con le dita, ritraendo la mano qualche secondo dopo, ricordandosi che nessuna delle due poteva sentire il tocco dell'altra. – Non posso – Rispose tossicchiando e guardandosi attorno. – Non possiamo rimanere insieme. -

UNCONDITIONALLYWhere stories live. Discover now