Capitolo 2 - Sembra una telenovela spagnola

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Dean Winchester era distrutto. Dopo due notti in bianco e ventisei, estenuanti ore di viaggio, cominciava a risentirne e avrebbe volentieri dormito un giorno intero.
Anche quella mattina erano partiti alle cinque, avevano trangugiato due enormi tazze di caffè e si erano rimessi in marcia per percorrere le ultime miglia. Erano rimaste otto ore di strada, una bazzecola in confronto alle diciotto del giorno precedente.
Nessuno aveva pensato di informare Sam sul fatto che esistessero università anche in Texas?
Sotto suggerimento di Dean, che ricordava bene quanto Castiel odiasse le levatacce, il moro aveva sonnecchiato per buona parte del tragitto, pertanto quando finalmente furono arrivati a Stanford era molto più riposato rispetto al maggiore.
«Mi cambio e andiamo.» Gli disse Dean, che dovendo guidare aveva preferito indossare una semplice maglietta. Con noncuranza la sfilò, riponendola nel borsone posto sui sedili posteriori dal quale prese invece una camicia bianca che indossò con attenzione, curandosi di non sgualcirla: voleva apparire al meglio per il gran giorno di suo fratello.
Non parve essersi accorto dello sguardo di Castiel che saettava da lui alle sue mani poste in grembo, o delle sue guance rosse. Il moro aveva sempre avuto un debole per la schiena muscolosa di Dean, per le sue spalle larghe, e stava riscontrando non poche difficoltà a non fissarlo imbambolato.
Quante volte aveva graffiato quella schiena, quante volte aveva baciato, morso quelle spalle mentre Dean - basta.
Fortunatamente, il rumore della portiera che si apriva lo distrasse dai suoi pensieri nel momento più opportuno.
Vide Dean scendere dal veicolo per sistemarsi la camicia dentro i pantaloni, e decise di seguirlo con la speranza che l'aria, seppur calda, della California gli facesse passare il rossore alle guance.
«Cravatta sì o no?» Gli chiese Dean, spingendolo a portare lo sguardo su di lui.
Castiel lo osservò con attenzione: i capelli che si era lasciato allungare e i cui ciuffi chiari ricadevano sbarazzini ai lati della fronte, la camicia bianca con i primi due bottoni slacciati che metteva ancora più in risalto il suo fisico muscoloso, i pantaloni blu scuro che gli fasciavano perfettamente le gambe allenate, e provò successivamente ad immaginarselo con indosso la cravatta. «Nah, stai meglio così.» Decretò infine.
«Dici?» Fu la risposta dubbiosa di Dean, che abbassò lo sguardo per potersi osservare. La scena divertì Castiel, che non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito.
«Stai cercando di farmi dire che sei bello?»
Dean lo guardò con sorpresa, mai si sarebbe aspettato una frase del genere da lui, ma decise di stare al gioco e si aprì a sua volta in un sorrisetto sghembo che avrebbe tolto il fiato a chiunque. «No, tranquillo. So già di essere bellissimo.»
Solo in quel momento si accorse delle due figure a poca distanza da loro, e dovette trattenersi per non scoppiare in una risata isterica: i suoi genitori li stavano osservando con le labbra strette in un'espressione di disapprovazione, che accentuarono appena lui rivolse loro un breve cenno di saluto, a stento ricambiato.
La situazione non poteva essere più ambigua. Anzi, accoglierli mentre baciava un altro ragazzo sarebbe stato perfetto, soprattutto dopo l'ennesimo litigio avvenuto il precedente Natale, l'ultima volta che li aveva visti.
A stento lo invitavano per le feste oramai, e se lui accettava era solamente per Sam. Si chiese a cosa fosse servito fare ciò che aveva fatto, se il risultato era non avere più i suoi genitori, come aveva sempre sospettato, né Castiel. Qualcuno gli avrebbe detto che lo aveva fatto per se stesso, per vivere una vita senza menzogne, alla luce del sole, ma per lui erano sempre state cazzate.
Un senso di amarezza lo pervase, subito assopito, però, da Castiel che accortosi della sua espressione, gli chiese se stesse bene. Non avrebbe permesso a nessuno di rovinargli l'umore, men che meno alla sua stessa famiglia.
La cerimonia si sarebbe svolta nel Stanford Oval, il grande parco che fronteggiava l'università californiana. Dal parcheggio potevano vedere le numerose file di sedie e il palco che la scuola aveva allestito per la consegna dei diplomi di dottorato, e si incamminarono verso quella direzione.
Il parco era già gremito di studenti e invitati, ma non fu difficile individuare Sam tra la folla: la sua altezza gli permetteva di spiccare su tutti gli altri.
«Dottor Winchester.» Lo apostrofò Dean in tono canzonatorio, appena fu abbastanza vicino affinché potesse sentirlo.
«Dean!» Esclamò il minore dei Winchester, radioso, e i due si strinsero in un abbraccio soffocante. Castiel non riuscì a trattenersi dal sorridere: aveva sempre amato il loro rapporto così stretto nonostante, essendo figlio unico, non riuscisse a comprenderlo appieno. Una parte di lui aveva sempre invidiato ciò che avevano.
«Accidenti, sei proprio bello.» Sentì dire Dean, che sciolto l'abbraccio stava osservando la toga nera che il fratello minore stava indossando, con le usuali tre righe colorate ricamate sulle ampie maniche, e il tocco ben sistemato sulla testa. «Guarda chi ti ho portato.» Aggiunse poi, voltandosi verso Castiel che li stava aspettando in disparte.
«Non ci credo! Castiel!» Esclamò Sam all'apice della sorpresa e della gioia, correndo ad abbracciarlo.
Dean, intanto, aveva notato un'altra figura avvicinarsi a loro e non riuscì a trattenersi dal tuonare: «EILEEN!», correndo incontro alla ragazza che, appena lo vide, gli saltò letteralmente addosso.
Eileen era la ragazza di Sam, i due stavano insieme da poco più di un anno e il pensiero comune era che fossero perfetti l'uno per l'altra. Solo John e Mary, i loro genitori - le cui capacità di allargare gli orizzonti erano decisamente limitate, non facevano i salti di gioia all'idea che stesse con lei, ma riuscivano a nasconderlo molto meglio rispetto all'astio che provavano nei confronti di Dean. Per lo meno Sam era eterosessuale.
Dean ed Eileen si persero in una silenziosa conversazione fatta di gesti: lei era Sorda e lui le si era affezionato così tanto da aver passato settimane intere ad imparare alla perfezione la lingua dei segni, gli era parsa la cosa più naturale del mondo da fare, e poi non voleva avere alcun impedimento nel conversare con lei.
Solo quando Sam andò a reclamare la loro attenzione, Dean presentò Castiel alla cognata e si ritrovò a ringraziare il cielo per il fatto che lui non conoscesse la lingua dei segni, quando lei gli chiese se fosse il suo ragazzo. Una domanda del genere, oltre che a causare imbarazzo avrebbe facilmente cancellato i piccoli progressi che i due avevano fatto durante il viaggio.
Una situazione ben diversa sopraggiunse quando Charlie - arrivata prima di loro ma scomparsa chissà dove - si unì al gruppo, con un enorme e poco raccomandabile sorriso stampato in faccia. Dean la fulminò con lo sguardo, ancora arrabbiato con lei per il brutto tiro che gli aveva giocato con Castiel, e la rossa pensò bene di andare direttamente a salutare quest'ultimo. Lei e Dean si conoscevano come i palmi delle loro mani e sapevano perfettamente come prendersi, e per questo lei intuì senza difficoltà che avrebbe dovuto lasciarlo in pace per evitare uno spargimento di sangue. Il suo sangue.
Non molto dopo, gli studenti vennero richiamati all'ordine e gli ospiti invitati a prendere posto. Dean, Charlie, Castiel ed Eileen occuparono una fila di sedie insieme ad altri amici che Sam si era fatto durante tutti quegli anni in California, e la tensione era palpabile. Tutti aspettavano con trepidazione la proclamazione a dottore di Sam, la coronazione del suo sogno di diventare avvocato e soprattutto il giusto e meritato premio per tutti quegli anni di studi e sacrifici.
L'inno dell'università non tardò a farsi sentire dagli altoparlanti posti ai lati del palco, e con esso, in fila indiana il rettore della scuola, i professori e gli studenti percorsero il corridoio lasciato tra i due gruppi di sedie e ognuno andò ad occupare il proprio posto.
La cerimonia cominciò con un lungo e noioso discorso del rettore, il quale chiamò finalmente uno ad uno gli studenti per consegnare loro l'usuale pergamena e quando fu il turno di Sam, una forte ovazione si alzò dalla fila in cui i suoi amici erano seduti, fomentata soprattutto da Dean, il petto gonfio di orgoglio, con l'intento di dissimulare la sua commozione.
«Stai piangendo? Tu?» Gli chiese Castiel dopo che furono tornati a sedersi, un sorrisetto beffardo sul volto.
«Sta' zitto.» Borbottò Dean, dandogli una leggera spintarella con la spalla.

Comeback | DestielWhere stories live. Discover now