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"𝖧𝖾 𝗐𝖺𝗌 𝗁𝖺𝗅𝖿 𝗈𝖿 𝗆𝗒 𝗌𝗈𝗎𝗅,
𝖺𝗌 𝗍𝗁𝖾 𝗉𝗈𝖾𝗍𝗌 𝗌𝖺𝗒."
(𝘓𝘢 𝘤𝘢𝘯𝘻𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘪 𝘈𝘤𝘩𝘪𝘭𝘭𝘦, 𝘔𝘢𝘥𝘢𝘭𝘪𝘯𝘦 𝘔𝘪𝘭𝘭𝘦𝘳)





Kenma prese un lungo sospiro per l'ennesima volta, ancora fermo davanti la porta. Sapeva di doverlo fare, eppure sentiva la gravità tenere i suoi piedi piantati per terra e i muscoli completamente bloccati.

Non era ritornato nel suo appartamento da prima che Kuroo se ne andasse, consapevole del fatto che fosse pieno di innumerevoli ricordi che non era ancora pronto ad affrontare.

Inserì la chiave nella serratura. Doveva affrontarli. Alla fine, erano le uniche cose che Kuroo gli aveva lasciato.

Girò la chiave. Non voleva affrontarli. Era troppo doloroso, due settimane non erano bastate per riparare il suo cuore e sentiva la voglia irrefrenabile di scappare. 

La aprì. Ora o mai più, si disse.

Entrare nel suo appartamento fu più doloroso di quanto avesse mai pensato. Si aspettava quasi che Kuroo lo salutasse sulla porta, come aveva fatto un milione di volte prima. Mentre camminava, guardò per vedere se lui fosse in piedi in cucina, canticchiando fastidiosamente come aveva sempre fatto. Si aspettava persino di vederlo seduto sul divano circondato migliaia di fogli, con le iridi scintillanti davanti a formule e composti chimici.

Ma ovviamente lui non c'era.

L'appartamento era buio e vuoto come si aspettava che fosse.

Con le gambe tremanti, Kenma si appollaiò sul divano, la testa tra le mani. Non sapeva cosa fare, nessuno sembrava in grado di spiegare come andare avanti senza il pezzo più importante della propria esistenza.

Non desiderava altro che Kuroo, che gli stringesse la mano, che gli dicesse che sarebbe passata. Sapeva sempre cosa dire, in ogni circostanza era disposto a farlo. 

Kenma scattò in piedi. Nella sua mente si palesò l'ultima conversazione avuta con il ragazzo, il quale gli disse di aver lasciato qualcosa per lui nel suo appartamento. Forse aveva una vaga idea di dove potesse essere l'oggetto del mistero.

Si trascinò in camera da letto, aprì l'armadio e alzò lo sguardo verso la mensola più in alto, quella che Kuroo gli aveva indicato. Lo aveva sempre preso in giro per non essere in grado di raggiungerla, e in qualche modo sentiva che questo era il suo ultimo modo per farlo ridere. 

Sbuffò mentre afferrava uno sgabello dallo scaffale più basso, tenendosi in equilibrio su di esso per dare un'occhiata in alto. Fu accolto dalla vista di una scatola con un motivo di stelle che la contrassegnava. Si allungò esitante per prenderla. Stringendola al petto, saltava giù dalla scala improvvisata e si mosse per sedersi sul letto.

C'era una busta attaccata alla scatola, con un grande scarabocchio che diceva: "Per Kenma". Lo fissò, stringendo così forte la scatola, come se fosse preoccupato che sarebbe svanito se non avesse tenuto duro.

La staccò con cura, aprendola con una lenta precisione per assicurarsi che non si strappasse. 

Tirò fuori le pagine piegate dall'interno, rivelando fitte parole dall'eleganza così familiare, eppure dal significato oscuro per Kenma. Era chiaramente una lettera scritta da lui, il suo stile di scrittura era chiaro come il sole, ma aveva una qualità traballante, come se la penna fosse scivolata di continuo, mentre la scriveva.

Le lacrime sgorgarono dagli occhi di Kenma per la prima volta in due settimane, Kuroo deve averlo scritto proprio poco prima di lasciare l'ospedale per l'ultima volta. Non poteva nemmeno immaginare quanto fosse stato difficile fare ciò nelle sue condizioni, ma ancora una volta era riuscito a dimostrare, non solo il grande amore nei suoi confronti, ma anche la sua immensa forza di volontà.

the galaxy is endless // kuroken (TRADUZIONE)Where stories live. Discover now