D a n n y

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Jessica era stupenda: stava ridendo di gusto per una faccia buffa che aveva appena fatto il suo gemello.

Ogni volta che sorrideva sembrava che il suo viso si illuminasse e che i suoi brillassero.

Le lentiggini sul naso erano sbiadite perché si stava avvicinando l'inverno e le spuntavano solamente nella stagione estiva, quando la sua pelle era baciata dal sole.

Senza accorgermene a quella scena mi spuntò un sorriso.

Che venne subito sostituito da una smorfia di disappunto quando notai la presenza della mano di Kyle sulla cosca di Jessica.

Notai solo quando si alzò dal tavolo che indossava la giacca personalizzata della squadra di football: sulla stampa rossa era stampata sul retro a caratteri cubitali gialli 'Marshall 7'.

Ogni volta che la vedevo con Kyle mi sentivo morire. Dire che ero geloso era un eufemismo.

Avrei pagato tutto l'oro del mondo per essere al suo posto.

Che cosa ci trovava in lui che io non avevo? La sua risata era fastidiosa e ogni volta che proferiva parola mi veniva voglia di colpirlo in faccia.

"Danny mi stai ascoltando?"

La voce di Ashley mi risvegliò dai miei pensieri.

"Cosa?"

"Lo sapevo! Figuratevi se mi stava ascoltando!"

I ragazzi della squadra si misero a ridere di gusto ma io non li stavo ascoltando.

Quel giorno mi ero svegliato con la luna storta e volevo stare da solo: in realtà c'era una sola persona con cui avrei voluto essere in quel momento.
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Uscii da casa mia sbattendo la porta.

Avevo avuto un'altra discussione con mio padre.

Ogni volta discutevamo sul mio futuro: lui voleva che accettassi la borsa di studio per il football e che costruissi una carriera sportiva, ma io non volevo.

Odiavo pure il football! Ormai non ci giocavo più passione ma solo perché mi sentivo obbligato.

E poi avevo costruito un'immagine su quello sport: io ero il tipico belloccio sportivo tutto muscoli e niente cervello. Secondo gli altri era l'unica cosa sapevo fare.

Solo Jessica sapeva il mio grande segreto: sotto l'ammasso di muscoli e testosterone c'era un cervello pensante.

Mi sedetti sul portico e comincia a piangere in silenzio. Ero così stanco di quella situazione e sentivo che la mia vita mi stava sfuggendo di mano.

"Vuoi una birra?"

Jessica era in piedi, di fronte a me, distante un paio di metri, e in mano reggeva una bottiglia di vetro.

Asciugai velocemente le lacrime con il dorso della mano. Purtroppo avevo ancora gli occhi gonfi di pianto.

"Ti va di dirmi quello che succede? E ti prego accetta questa birra. L'alcol fa sempre bene quando si è tristi."

La afferra e l'aprii per poi berne un lungo sorso. Ci voleva proprio.

"Jess è sempre la stessa storia...mio padre mi ha messo alle strette e vuole costringermi ad accettare la borsa di studio. Se gli raccontassi che voglio mollare lo sport per la altre ambizioni penso non mi perdonerebbe mai."

Jessica non disse niente. Mi prese la mano e la strinse forte. Lei non parlava molto, preferiva agire.

"Ho fatto domanda a Yale e mi hanno accettato. Probabilmente non ci andrò. Però è stato bello essere preso in considerazione."

"Stai scherzando vero? È uno dei college più importanti del paese e tu sei stato ammesso! Non puoi lasciar andare un'occasione del genere..."

"Jess è complicato..."

Mi prese il viso tra le mani e mi costrinse a guardarla negli occhi.

Asciugò dolcemente con il pollice la lacrima che mi era appena scesa lungo la guancia sinistra.

"Danny non puoi farti del male così...devi fare ciò che è più giusto per te e non preoccuparti di quello che pensano gli altri. Tu puoi fare tanto, sei speciale."

Jessica era l'unica capace di tranquillizzarmi e sapeva alleggerire quel peso che mi opprimeva ogni giorno.

" Sono circondato da tante persone ma mi sento costantemente solo..."

"Ci sono io Danny."

"Dove sei stata fino ad ora?"

Eravamo estremante vicini. Potevo sentire il suo flebile respiro sulle mie labbra.

"Ora sono qui."

Poggiai delicatamente le mie labbra sulle sue.

Fu un tocco lieve che durò solamente un paio di secondi. Fui io a staccarmi. Non volevo rovinare la situazione.

Sapevo che lei stava con Kyle...tra compagni di squadra non ci si doveva rovare la ragazza!

"Io devo andare..."

Jessica fece per andarsene ma io la afferrai per il braccio.

"Non lasciarmi da solo questa notte, ti prego."

"Vuoi dormire in camera mia? Come ai vecchi tempi. Saliremo dalla finestra con la scala."

Quando ci mettemmo sotto le coperte, Jessica mi abbracciò da dietro e premette la guancia contro la schiena.

Inutile dire che quella notte riuscii a dormire bene dopo mesi di insonnia.

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