Capitolo 3

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"Ok dai solo un giro veloce però che poi devo andare lo sai"

Lei mi sorrise felice e annui. Prese il giubbotto e mi venne vicino.

"Allora....come mi devo mettere?"

Chiese imbarazzata. Io risi poi la presi per i fianchi e la feci avvicinare a me con un piccolo strattone così che i nostri corpi di trovarono praticamente attaccati: petto contro petto, pancia contro pancia, i nostri visi a un respiro di distanza.

"Così"

Sussurrai vicino alle sue labbra. La vidi arrossire e sorrisi

"Abbracciami e mettiti sui miei piedi, così"

La aiutai a sistemarsi: le sue braccia attorno al mio collo, i suoi piedi sui miei, i nostri corpi vicini come mai prima d'ora, riuscivo a sentire il profumo della sua pelle così buono che avrei potuto perdermici. Le circondai i fianchi con le braccia e con un movimento fluido uscii dalla finestra di camera sua lasciandoci cadere nel vuoto sottostante. Sentii le sue braccia stringermi più forte, era spaventata: aveva il cuore a mille, sembrava stesse per uscirle dal petto, gli occhi chiusi. Sorrisi divertita da questa sua reazione a aprii le ali planando dolcemente per poi alzarmi nel cielo.

"Apri gli occhi piccola"

Le sussurrai dolcemente a un orecchio. Quando piano piano si decise ad aprire gli occhi restò senza fiato: spalancò gli occhi stupita dal paesaggio sottostante. Eravamo in volo sopra un bosco ai piedi delle montagne. La luce dell'alba le illuminava da dietro, rendendo il panorama come circondato da una luce tutta sua. Lentamente planai tra la fitta vegetazione del bosco, fino a raggiungere un piccolo spiazzo nascosto dalle grandi fronde degli alberi. Quando atterrai e, controvoglia, la liberai dall'abbraccio in cui l'avevo tenuta dolcemente fino ad ora, la vidi ancora più stupita di prima. Era immobile a fissare sbalordita il laghetto al centro della radura. Quello era il posto più vicino ad una casa che abbia mai avuto in tanti anni: una roccia alta circa tre quattro metri si ergeva su una sponda del laghetto alimentandolo grazie a una risorgiva sotterranea che sgorgava dalla roccia stessa creando una piccola cascata. Gli alberi, altissimi dalle fronde ampie e rigogliose, lasciavano diversi metri tra loro e le sponde del lago ma riuscivano comunque a coprire dall'alto quel piccolo angolo di paradiso, filtrando la luce del sole ormai sorto e mantenendo sempre quel luogo in una penombra che rendeva tutto ancora più suggestivo e intimo.

"È...è...è stupendo"

Sussurrò con gli occhi ancora fissi e spalancati su quel piccolo angolo di pace. Quando si girò a guardarmi potei vedere nei suoi occhi tutto lo stupore e la gioia che quello spettacolo suscitava in lei.

"È casa tua?"

"Questa..."

Mi fermai. Che cos'era quel luogo per me? Quel luogo aveva visto i miei passi più importanti, non avevo una casa ma quel posto era quelo che più si avvicinava a una casa per me, al di fuori delle sue braccia.

"Questa è casa mia si"

JaydaWhere stories live. Discover now