Prologo

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Al mio piccolo angelo.

Grazie per tutto.

Buon Natale amore.

Era notte fonda. Tutta la città era illuminata, piena di vita. Le macchine sfrecciano nella strada sottostante tanto da sembrare solo dei puntini luminosi nella notte. Le coppie passeggiano spensierate sui marciapiedi tenendosi per mano e ridendo felici.

E poi ci sono io, sola contro il mondo.

Sul tetto di un palazzo, invisibile a tutti e a tutto nella notte, osservavo il mondo sottostante. Sono seduta sul bordo del cornicione, con le gambe a penzoloni nel vuoto assoluto. Non un appiglio o un ostacolo dividevano il suolo da dove mi trovavo. Il vuoto. Un misto di paura e libertà, quella di essere liberi di non pensare a nulla, di rilassarsi, di essere se stessi fino in fondo. Un mix inebriante. Mi sporsi a guardare il vuoto. Era uno spettacolo incantevole. Lasciai libera la mente mentre permettevo al vento di giocare coi miei capelli. Nonostante il tempo trascorso i pensieri erano sempre quelli. Sarei dovuta essermi abituata a questa vita e invece ci rimanevo ancora male. Non avevo più nessuno, ero abituata ad andare avanti da sola eppure ormai pensavo a lei, sempre, in ogni momento della giornata. Ripensai a tutti i sacrifici che avevo fatto per arrivare fino a li e raggiunti una decisione. Guardai il telefono un ultima volta: nessuno mi aveva cercato in questo mio periodo di solitudine forzata e dolore. Presi la mia decisione. Alzai per un ultima volta il viso al cielo con le lacrime agli occhi e presi un respiro profondo. Odore di asfalto misto a libertà. "Perdonami Ju ma non cela faccio più" pensai mentre sorridevo al cielo, dove ero sicura che la mia amica mi guardasse. Ormai ero sola. Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere in avanti. I metri tra me e il suolo calavano velocemente e ugualmemte velocemente aumentava la mia felicità. Tra poco l'avrei raggiunta. Cento metri. Sto arrivando piccola. Cinquanta. L'aria passa tra i miei capelli e i miei vestiti come a volermi trattenere in volo. Venticinque. Ormai non ho speranze è fatta. Quindici. L'istinto si ribella, non riesco a impedirlo, non l'avrei raggiunta comunque cosi lo sapevo già. Cinque metri. Basta fermatemi, non posso farlo, non la rivedrei più cosi. Tre. Non cela feci più. Contro la mia stessa volontà spalancai le ali e mi alzai in volo nella notte evitando di un soffio il terreno. Volai alta nel cielo, le mie ali color cenere che si nascondono nel cielo scuro illuminato dalle luci della città. Volai sopra la gente, invisibile come sempre, fino a una finestra aperta, l'unica ancora aperta di notte in pieno gennaio. Entrai senza un rumore scivolando dentro la stanza buia. Lei era li come sempre. La guardai dormire accoccolata sotto diversi strati di coperte per rimanere al caldo. Sembrava una bambina nonostante fosse ormai già grande. Come tutte le notti mi sedetti sul suo letto e la abbracciai scaldandola. La sentii sospirare per il calore che le mie ali e le mie braccia le infondevano mentre un sorriso leggero le increspò le labbra. Era ogni giorno più splendida. Rimasi li a osservarla dormire beata cacciando via i suoi incubi fino all'alba, momento in cui ero costretta ad andarmene.

JaydaWhere stories live. Discover now