CAPITOLO VENTIDUE - l'arte di essere fragili

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La sentii sospirare e la osservai stringersi nelle spalle, raggomitolarsi al mio petto e strusciare la testa fino a sfiorare il mio viso con il naso. Aprì quindi gli occhi, regalandomi la bellissima visione dell'oceano nascosto nei suoi occhi, con le sfumature scure degli abissi e la luce dei raggi del sole che li rendevano di ghiaccio allo stesso tempo, per quanto paradossale e assurdo fosse. - Ciao capitano – Sussurrò stringendosi a me e sorridendo sulla mia pelle. - Buon compleanno – Disse poi sollevandosi leggermente puntellandosi sui gomiti, e regalandomi lo sguardo più dolce che potesse esistere.

Mi osservava dall'alto, accarezzandomi il viso e rendendomi la persona più felice del mondo. Battei le palpebre come se volessi accertarmi che fosse reale, che fosse davvero lì, e posai la mano sopra la sua, baciandone il palmo e osservandola di sottecchi, con la coda dell'occhio, mentre era ancora coperta soltanto dalle mie lenzuola. Chiunque avrebbe potuto definire volgare una vista di quel tipo ma mentre le scostavo una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la scrutavo con un sorriso, riuscivo solo a vedere l'eleganza delle stelle e la delicatezza della sua luce. Mi sollevai leggermente, quel tanto che bastava per allungare il viso e baciarla attirandola a me e facendola ridere divertita mentre la abbracciavo e le tempestavo la testa di baci. - Programma della giornata – Esclamai rotolando e invertendo la posizione per guardarla dall'alto. Victoria, per tutta risposta, mi cinse il collo con le braccia e allacciò le gambe dietro la mia vita senza smettere di sorridermi. - Stare nel letto con te tutto il giorno – Le dissi prima di posare la fronte sulla sua e baciandola.

Sentii le sue mani scorrere lungo la mia schiena e chiusi gli occhi godendomi quella bellissima sensazione, che mi regalava brividi e battiti accelerati ogni volta. Victoria non tardò di molto a ricambiare il bacio, ed io non riuscii ad evitare di accarezzarle la pelle nuda sotto le mie dita, sorridendole e stringendole, alla fine, la mano, quando lei l'aveva posata sul mio cuore. Ci eravamo mischiati pelle, anime e ossa, ancora una volta, e ogni volta sembrava come la prima, non mi stancavo mai di quella sensazione meravigliosa che mi regalava la mia pelle contro la sua. Pensai che si fosse presa la parte migliore di me e che non sarei mai più riuscito a trovare me stesso così come accadeva con lei. Ogni volta che pensavo di essermi perso, bastava il suo sorriso per ritrovarmi. Lei era davvero la parte migliore di me, la cosa più bella. I suoi sospiri mi facevano perdere un battito e mi uccidevano, soprattutto quando infilò le dita fra i miei ricci e mi attirò a sé sorridendo sulle mie labbra, ma i suoi baci mi facevano sentire così vivo che non avevo mai abbastanza.

Quando mi regalò nuovamente quella parte di lei in cui nessuno era mai arrivato, pensai che l'avrei amata fino alla morte, con ogni parte di me, con ogni singola cellula.

Credevo che fosse destino che l'incontrassi, che se non fosse stato in quel locale sarebbe successo ugualmente da un'altra parte, che comunque fossero andate le cose ci saremmo incontrati e che forse io l'avevo già amata, magari in un'altra vita. Qualsiasi vita avremmo vissuto io e lei, l'avrei amata, persino dopo la morte, se realmente c'era. Ci legava qualcosa che andava al di sopra di ogni limite che conoscevo e sentivo vibrare le ossa ad ogni bacio, ad ogni carezza, ad ogni sospiro, ad ogni brivido che mi regalava e che io regalavo a lei. Non pensavo che avrei amato così, non avevo mai voluto farlo, avevo passato la vita a stare attento a non amare, ma poi l'avevo incontrata e pensavo che lei, quei nostri piccoli momenti, fossero il mio regalo più grande.

Pensai che fosse la ragione per cui aprivo gli occhi ogni mattina, per cui vivevo, quella che mi aveva salvato la vita e la ragione della mia felicità.

Eravamo soltanto io e lei, lo saremmo sempre stati, mano nella mano, ad ammirare l'alba persi l'uno nell'altra come in quel momento, soltanto per tutta la vita.

***

Victoria mi stava accarezzando i capelli in religioso silenzio mentre ancora eravamo avvinghiati sotto le lenzuola. Tenevo sempre gli occhi chiusi, soprattutto in quei momenti in cui volevo godermi la nostra bolla al cento per cento, ma per il semplice fatto che ero convinto che le emozioni che provavo erano troppo forti, e che sarebbero state molto più intense vissute ad occhi chiusi.

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