Io invece sì, prestavo attenzione, seduta al tavolo con Levi, immobile, silenziosa, respirando a fatica li ascoltavo.

E mi sentivo sola.

Completamente sola.

"A cosa stai pensando?" sussurró Levi come per non voler interrompere quella quiete.

"Niente."

Finì velocemente il bicchiere e mi alzai dal tavolino, ma Levi mi fermó.

Allontanandomi di un passo, la sua mano continuó a stringere il mio braccio, come vi fosse rimasta incollata, come se avesse avuto bisogno di reggersi per non cadere all'indietro.

I miei occhi si posarono sul punto in cui le sue dita facevano presa sul cotone della mia maglietta, quindi si alzarono, interrogativi, su di lui.

"Voglio che tu mi dica cos'è successo ieri." disse.

Strinse più forte il mio braccio.

"Non mi piace vederti in quel modo." continuó.

I suoi occhi scuri avevano una nota di tristezza sospesa, ed erano lucidi, lucidi e tremolanti, come se stesse per mettersi a piangere.

Non so perché, ma posai la mia mano destra sulla sua, nel punto in cui mi stringeva.

Strinsi anche io, leggermente, e gli dissi: "Andrà tutto bene, non preoccuparti."

Per quanto fossero prive di qualsiasi fondamento, quelle parole ebbero l'effetto di riscuoterlo.

I suoi occhi persero un po' del velo di disperazione che li ricopriva e, guardandomi fisso, con le labbra che tremavano come se avesse voluto sorridere, ma non ne fosse capace.

"È per tuo padre?" mi chiese.

Sentì il veleno che mi si allargava nel sangue, cominciai a percepire la fatica nel respirare, l'aria che faceva resistenza nella gola, i colpi del cuore che si facevano più lenti e pesanti.

"T/N, parlami."

Il sudore mi si geló addosso.

Se non chiedevo aiuto, se non mi affidavo completamente a lui, anche solo per un secondo non avrei mai finito questo incubo.

"Ieri mio padre mi ha detto cose brutte." spiegai, "Davvero brutte."

Amarsi è sopportarsi, pensai mentre i respiri mi si facevano caotici.

Avevo caldo e freddo allo stesso tempo, avevo i brividi.

Allora cedette, rilassó la presa sul mio braccio che scivoló fino alla mia mano.

Sgranó gli occhi. Avrebbe voluto dirmi qualcosa, ma la rabbia cedette d'un tratto il posto allo stupore. Era sorpreso da quel che, inaspettatamente, aveva sentito.

"Vieni qui." aprì le braccia per farmi sedere sulle sue gambe.

E così lo feci, mi ritrovai in men che non si dica accucciata alle sue braccia e seduta sopra di lui.

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