CAPITOLO DICIOTTO - treading water

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Sollevai il bicchiere a mezz'aria e deglutii il liquido freddo ad occhi chiusi, stringendolo per l'effetto che faceva quando scendeva lungo l'esofago. L'alcol mi bruciò dalla gola fino ad arrivare a e per un istante sperai che bruciasse anche tutte quelle emozioni negative e quella mancanza indelebile che mi portavo appresso da una settimana a quella parte. Ci speravo ogni volta, ma non accadeva mai. Avevo preso a bere il whisky al posto dell'acqua, ormai, il che aveva scaturito reazioni contrariate da parte di tutti, soprattutto Arthur. Il giorno precedente aveva tentato di sostiuire l'alcolico con del tè caldo raffreddato ma, oltre al fatto che lo avevo visto, le mie papille gustative funzionavano ancora, perciò avevo preso la bottiglia davanti ai suoi occhi e l'avevo svuotata nel lavandino, tirando fuori quella nuova dall'armadietto e versandomene un bicchiere proprio davanti a lui, come se nulla fosse. - Stai esagerando – Aveva detto arricciando il naso. - Victoria non ha bisogno di un alcolizzato. - Aveva continuato quando aveva visto che mi stavo versando il secondo bicchiere. Io non avevo risposto, avevo fatto un gesto con la mano e lo avevo scacciato, facendolo sbuffare e alzare le braccia al cielo in segno di resa.

D'altro canto non mi restava molto da fare, almeno bevendo avrei potuto dimenticare tutta la schifezza che mi circondava.

- Dovresti andarci piano, Woods. - Esclamò Carter seduto al mio fianco.

Ci trovavamo nella cucina di casa Woods, completamente soli in casa. Elizabeth era uscita per un cocktail con le pettegole della città e Leonard era alle prese con un caso che gli portava via gran parte delle sue giornate, a volte dormiva in ufficio a quanto diceva Elizabeth. Erano le cinque del pomeriggio, ero al quinto bicchiere di whiskey, e Carter era seduto a sorseggiare lo stesso da almeno un'ora. Un po' mi faceva ridere: voleva parlare di Victoria, ma non mi aveva ancora chiesto di lei, e ancora non sapevo se la cosa mi disturbasse o meno. Avrei dovuto dirgli cosa avevano fatto lei e Vanessa, ma prima avevo bisogno del suo parere da stagista sulla patologia di Victoria, oltre che il suo aiuto in quanto fosse il mio migliore amico e fossi disperato. - Vorrei vedere te al posto mio. - Ribattei ignorando le sue parole e sospirando rumorosamente prima di buttare giù un altro sorso e terminare l'ennesimo bicchiere.

- Mi vuoi dire che cosa ti sta succedendo, Ben? - Domandò il mio amico. Mi voltai a guardarlo in faccia per la prima volta da quando era arrivato: i suoi azzurri occhi erano turbati, non solari come al solito; potevo scorgere la preocuppazione per me, la confusione, come il cielo quando è nuvoloso, quando minaccia un temporale. - Non ti vedo più lo stesso Benjamin di sempre. Hai lasciato Victoria e non so perchè; tuo fratello mi chiama e mi dice che non fai altro che bere whiskey dalla mattina alla sera e tu non lo hai mai fatto – Cercò il mio sguardo e arricciò il naso quando lo distolsi deliberatamente per versarmi un altro bicchiere di whiskey. - E basta con questo cazzo di whiskey! - Sbottò strappandomi la bottiglia di mano.

Sbattei il bicchiere sul tavolo con forza, facendo in modo che l'alcol cadesse sul tavolo e restai a fissare le gocce cercando di non dare di matto proprio con lui, che meritava spiegazioni più di chiunque altro, escludendo Victoria dato che aveva subito le conseguenze della mia caduta prima di chiunque altro. - Disturbo psicotico breve – Sussurrai a denti stretti.

- Come? - Domandò posando una mano sotto al mento. Sentii il suo sguardo addosso, pesante e ancora più turbato di prima. In quel momento capii che bastava uno di noi distrutto per rompere davvero l'equilibro di tutti quanti. Non mi ero mai reso effettivamente conto di quanto fosse unito il nostro gruppo prima di allora: a volte poteva sembrare non fosse così, potevamo rimanere separati per diverso tempo, frequentare posti e persone diverse, ma nel momento del bisogno accorrevamo sempre, l'uno per l'altro, a prescindere delle conseguenze. Era un ciclo distruttivo, quello in cui eravamo chiusi, per cui mi domandai: il cerchio sarebbe stato spezzato, prima o poi, o saremmo stati destinati a quell'inferno per sempre?

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