Capitolo 3

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Pov's Mario

Ero seduto sul mio amato divano a guardare il panorama, a dir poco fantastico, che si intravedeva dalla finestra. Il mare limpido rifletteva il sole creava piccole scintille di magia, cosi calmo ma allo stesso tempo così agitato, proprio come me. All'apparenza sembravo calmo, un ragazzo tranquillo che se ne stava seduto sul divano di casa a fumarsi una sigaretta in santa pace, mentre dentro milioni di demoni stavano ballando una danza scatenata, e io beh, io li stavo lasciando ballare. Il fatto è che quando lotti così a lungo, ma davvero tanto, per poi capire che non hai fatto neanche un passo avanti, beh il mondo ti cade addosso e allora smetti di lottare.
Decisi di smettere di pensare e di mettere un po' di musica per distrarmi, feci partire "shottas" di Juelz Santana e cominciai a rapparci sopra.
<Jet privato dirottato sul pentagono
Attentato all'abitacolo
Addestrato a dar spettacolo
Avocado sul tavolo
Avocato del diavolo
Acconciato alla cavolo
Accorciando ogni ostacolo
Facciamo ttobru come dietro al Fitzcarraldo
Riformatorio, informatori, blitz d'assalto
Organigramma la mia banda in alto al rango
Occhiali gamma la via guarda
Sto col palo al parco
Hai un rimario di merda
Fra' Mario è arrivato di fretta
Ma li lascio senza parole
Ruoto e bestie: Palio di Siena
Sono tedua saluta
Roccia vera battuta
Flow da mega bazooka> [...]

Pov's Diego

Aprì la porta, pronto a buttarmi a peso morto sul divano, ma una voce mi fermò. Era Mario e stava rappando qualcosa, così decisi di aprire un po' di più la porta per sentire meglio. Era sempre stato bravo a rappare, era una bomba in freestyle e quando da piccoli facevamo delle battle lui spaccava il culo a tutti quanti, soprattutto a me visto che facevo pena in freestyle. Purtroppo con il tempo le cose cambiarono e, a causa dei suoi vari problemi, smise di rappare. Sentirlo cantare a distanza di anni fu emozionante, aveva una voce che scaldava il cuore e i suoi testi erano sempre così veritieri.
Decisi di aprire del tutto la porta quando smise di cantare, bloccò la canzone e mi salutò con un bacio sulla guancia e un pugno sulla spalla.
<Mi stavi spiando per caso,
signor Germini?> mi domandò con un sorriso divertito, alzando un sopracciglio. 'Dio che bel sorriso che ha' pensai, e mi maledì da solo per aver pensato quella frase.
<Assolutamente no, signor Molinari> risposi divertito, con un mezzo sorriso sul volto.
Andai a posare quella poca spesa che ero riuscito a fare e la sistemai nei vari sportelli, sotto lo sguardo attento di Mario.
<Comunque secondo me dovresti continuare a cantare> continuai il discorso, guardandolo seriamente.
<Anche tu> controbbatè lui, avvicinandosi a me.
<Mario io non voglio continuare, lo sai>
<Non vuoi? Guarda che li leggo i testi che scrivi, sono arte pura cazzo! Non sprecare questo talento così.>
Pensai un attimo alle sue parole, come faceva a sapere che scrivevo ancora?
<Come fai a sapere che scrivo ancora? E perché leggi i miei testi?>
<Andiamo Diego, sono tuo fratello cazzo! So che la notte ti siedi sulla scrivania e butti giù tutti i tuoi pensieri su dei fogli, per poi nasconderli nella scatola nel tuo armadio. Non sono nato ieri, qui lo sanno tutti!> esclamò lui, con faccia sconvolta.
<Mario lo sai come stanno le cose, non voglio tornare in studio>
<Dovresti invece> e se ne andò, lasciandomi da solo nel bel mezzo del salotto.
Suonò il campanello, così mi alzai e andai ad aprire.
<Oh ce l'avete fatta, sto morendo di fame!> esclamai alla vista degli altri ragazzi.
<C'era traffico, cazzo vuoi oh> esclamò Gionata irritato, era sempre così scontroso quel ragazzo.
<Vabbè comincio a tagliare il pane, voi andate a lavarvi le mani e poi mettete la tovaglia> ci ordinò Falco, come fossimo suoi figli, e in pratica era così. Lui era un po' la mamma di tutti. Vidi Mario uscite dalla sua camera, vestito in tuta e felpa nera, e capì che stava per uscire.
<Io esco, ciao> disse rivolto a tutti, per poi venire verso di me e salutarmi con un bacino. Ero tentato a chiedergli dove stava andando, ma lasciai perdere, infondo sono fatti suoi.
Lo salutai con un bacino sulla guancia a mia volta e, prima che uscisse, gli sussurrai "fatti un panino, ti voglio bene". Eh già, eccome se gliene volevo. Mi sorrise e se ne andò definitivamente, lasciandomi con la porta in mano. La chiusi e andai a mangiare insieme agli altri.

Pov's Mario

Usci di casa in tempo per evitare il pranzo, e con esso scleri da parte di Diego per il mio non voler mangiare.
Andai al solito parchetto con l'intenzione di fumarmi qualche sigaretta in santa pace, siccome a quell'ora non c'era nessuno.
Il sole spaccava le pietre e i gabbiani svolazzavano liberi sul calmo mare della mia Genova.  Mi sedetti sul muretto e tirai fuori dalle tasche dei miei pantaloni il pacchetto di sigarette insieme all'accendino. L'accessi e lasciai dondolare i piedi, osservando il paesaggio che scorreva sotto i miei occhi. Era tutto così calmo, il cielo trasmetteva tranquillità  ed io in quel momento ne avevo veramente bisogno. Cominciai a pensare a tantissime cose, ripensai a mia madre, al fatto che non l'andavo a trovare da tanto ormai; ripensai a mio padre, uno sconosciuto per me dato che non l'avevo mai incontrato; ripensai a mio fratello e a tutti quelli che avevo conosciuto. Mi misi a sedere, stufo di pensare, e cominciai ad osservarmi intorno con un'altra sigaretta stretta tra le labbra. Fumavo veramente troppo, ma non riuscivo a smettere o a diminuire le dosi, avevo il continuo bisogno di sentire quell'adrenalina in corpo che solo quel pezzo di fumo riusciva a darmi. Mi faceva sentire bene sentire il fumo entrare nei polmoni, per poi vederlo disperdersi nell'aria, o perlomeno mi illudeva di stare bene.
Venni distratto dalla figura di una ragazza, più o meno sulla mia età se non più piccola, che correva velocemente, per poi fermarsi dopo essersi girata. La vidi piegarsi in due per riprendere fiato, aveva un'aria alleggerita ma il suo sguardo si incupi quando vide un ragazzo correrle incontro. Le prese il polso con molta forze e le sussurrò qualcosa all'orecchio, per poi spingerla per terra. Corsi immediatamente dalla ragazza per darle una mano a rialzarsi e cercai di difenderla, non rendendomi conto delle dimensioni esagerate di quel ragazzo.
<Oh che cazzo vuoi da lei? Lasciala in pace> gli urlai contro, guardandolo dritto in faccia, mostrandomi forte, mentre dentro stavo temendo il peggio.
<Levati dal cazzo tu, non sono affari tuoi> mi guardò con aria minacciosa, stringendo i pugni e cercando di spostarmi, con scarsi risultati.
<Non sono affari miei, è vero, ma una donna non si tratta cosi> cercai di difenderla, ma non feci neanche in tempo di finire la frase che mi ritrovai  con la faccia per terra. Rimasi un attimo sconvolto, ma mi rialzai subito, ricambiando il pugno.
Serrò gli occhi, sputò per terra e mi spinse all'indietro, facendomi perdere l'equilibrio. Ennesimi colpi raggiunsero il ordine il mio stomaco e il mio volto, facendomi piegare in due dal dolore mentre sputava sangue, persi completamente il controllo del mio corpo e mi lasciai andare.

Pov's Diego

Decisi di chiamare Mario, mi stavo annoiando a morte e volevo raggiungerlo per fare qualcosa insieme. Non mi rispose, così decisi di richiamarlo dopo una mezz'oretta, al che mi rispose una ragazza. Rimasi stupito, era da tanto che Mario non passava del tempo con una ragazza.
<chi è?> chiese la ragazza dall'altro capo del telefono, con voce tremolante.
<Mi scusi questo è il telefono del mio amico, lei chi è?> chiesi con voce rauca, cercando di fare l'educato, non mi piaceva quando non rispondeva Mario al telefono, non era mai un buon segno.
<Mi chiamo Lexie, il tuo amico è qui steso a terra sanguinante, ti prego vieni> disse lei in preda al panico. Mi morì il cuore in gola, cos'era successo?
In quel momento non mi interessava chi fosse lei, cos'era successo e perché stavano insieme, ma solo Mario. Le chiesi dove si trovassero e dopo qualche secondo di silenzio mi rispose.
<Non so la via, è un parco che si affaccia sul mare con una vecchia altalena e vari giochi rotti, è isolato da tutto il resto> capi immediatamente di che parco si trattasse, il nostro parco. La ringraziai e attaccai, correndo al nostro parchetto.

Ma noi imperterriti intenti a baciarci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora