𝑴𝒂𝒅𝒂𝒎𝒂 𝑽𝒆𝒍𝒗𝒆𝒕

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Entrambi, anche per volere del governo, volevano appropriarsi di tutta l'isola in modo da renderla una colonia di soli Inglesi, ma tale proposta da parte loro fu negata e scartata. Riguardo mia madre, donna autorevole dalla nascita che ostentava lo sfarzo in qualunque dimora di lusso veniva invitata o che, si recava di sua spontanea volontà, si rifiutò di mescolarsi con tali infimi essere umani, ritenuti da lei i rifiuti della società. Preferì rimanere a Londra tra la servitù e il lusso, rifiutandosi di seguire me e suo marito in sud America. Mio padre, invece, così occupato nel lavoro, sempre partecipe negli incontri con altri uomini della sua stessa classe sociale, di rado notava la mia presenza. Mandava Marie Anne, la mia domestica personale a farmi chiamare per recarmi nella sala principale, tutta agghindata, abbellita e adornata da candelabri di alta qualità, dai fiori vivaci e profumati predisposti in ogni angolo della stanza. Odiavo quell'ambiente perché mi procurava una sensazione pruriginosa che purtroppo dovevo reprimere ogni volta.

Così un bel giorno, decisi di respirare l'aria del sud dell'isola: un ambiente differente dal lato nord che era popolato da fannulloni e donne predisposte a soddisfare le volontà degli uomini. Lui non era a conoscenza di nulla, ero scaltra e intraprendente, sapevo quando recarmi in quei posti e quando ritornare alla villa.

Il nord era tutt'altro, si erano già recati cittadini Inglesi pronti a popolare l'isola per spargere tradizioni, cultura, modo di vivere. Lì era ripulito, non vi erano ubriaconi accasciati negli angoli o prostitute seminude che si aggiravano per le vie, ogni angolo era ispezionato e vigilato dalle giubbe, tra l'altro non ve ne erano molte, considerando che spesso si recavano gli ufficiali della marina per controllare la situazione di quel posto, di conseguenza venivano accolti dalla mano calorosa dell'ambasciatore. Vollero lasciare ancora il sud alle vecchie attitudini, -giusto per non spingere troppo la mano- evitando ribellioni da coloro che avevano proposto un passaggio a quelle quotidianità in modo graduato. D'altronde dovevano farci l'abitudine.

Quando notai Velvet fare un cenno a due donne che ci stavano osservando sul soppalco da chissà quando. Entrambe tenevano i gomiti poggiati sulla ringhiera, avvolte in indumenti poco femminili: calzoni e semplici camice bianche. Iniziai a insospettirmi e a irrigidirmi nel vederle drizzarsi per accingersi a raggiungere le scale e scendendo quei gradini con crocchie ondeggianti; una dai capelli neri dai riflessi rossicci e l'altra biondissima. Le avevo già intraviste tenermi d'occhio nelle ultime settimane e stavo facendo delle ricerche, ma non avrei mai pensato fosse stata opera di Velvet, non pensavo si sarebbe ribassata a tanto, non con me. Distolsi lo sguardo da loro, per un attimo, rivolgendolo a quella maledetta di una padrona per mettermela a fissare sprezzante. Viveva solo del luccichio del denaro, mia negligenza tentare di tenerla a bada, ma negli ultimi due giorni mio padre aveva spostato la chiave della porta che conduceva alla sua cassaforte.

Sul suo volto si formò un sorriso soddisfatto, e riaprendo quel ventaglio lo sollevò per coprirsi le labbra voluttuose, facendosi beffa di me. "Loana e Lunna si occuperanno di te" e con un'ultima ingiunzione rivolse un cenno del capo a quelle due, indicando me, facendo capire a entrambe di darsi da fare. Non mi aspettavo che con lei potessero insorgere complicazioni, ma avevo sbagliato a fare i conti.

"Maledetta!" Imprecai, ritrovandomi le scagnozze a dieci spanne da me a rivolgersi occhiate complici, mentre il locale tirava avanti nella sua monotonia, finché Velvet uscì di scena dirigendosi verso le scale.

Colei che prese a spostarsi le ciocche ricadute sulla fronte ampia, fece un passo malfermo in avanti. "Bene, Elisabeth. A quanto pare resti sempre la nostra gioia" e abbozzò un ghigno, per poi voltarsi verso l'altra che la seguì a ruota.

"Ti abbiamo pedinata tutto il tempo" rivelò la bionda, Lunna.

"E siete state delle ottime cagne obbedienti" le ammonii, per nulla risentita.

I miei occhi caddero sui pomelli delle armi che emergevano da sopra le loro spalle. "Schifosa ladra! Non ti azzardare a provarci. Ti farò mangiare la merda" inveì Loana, arricciando il naso e facendo formare rughe sul viso.

Lunna sputò a terra senza girare nemmeno la testa, ma facendomi odiare di esser nata donna. "Sei una sfacciata. Ma adesso sarai etichettata come una sgualdrina" tasto dolente, nessuno si azzardava a darmi quell'appellativo, quando il mio intento era quello di assaporare l'aria di libertà che mi era stata negata.

"Se continui così ti si accartoccerà il viso, diventerai una vecchia decrepita del cazzo, Lunna" mirai a un punto debole, ovvero la bellezza. Ciò suscitò un impulso di protezione da parte dell'altra, cui tentò di avanzare per avventarsi su di me, ma la compare al suo fianco la fermò posando il dorso della mano all'altezza del petto. "Bene, visto che dovete obbedire agli ordini..." con fare da spaccona simulai un inchino derisorio, al loro cospetto, e quando rialzai la testa, sorrisi competitiva. "Possiamo dare inizio allo spettacolo"

 "Possiamo dare inizio allo spettacolo"

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𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Where stories live. Discover now