Capitolo 3 - Nuove disavventure a Morioh (parte 3)

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Da quando bussare alla porta di Okuyasu era stato così difficile? I ricordi dell'anno 1999 erano così vividi anche dopo diciannove anni... Scacciandoli con un gesto della mano, come se fossero nemici fisici che gli stavano dando addosso e non pensieri, Josuke riprese a bussare alla pesante porta di legno. Possibile che Okuyasu non avesse mai riparato il campanello della sua casa? Fu sul punto di buttare giù la porta a calci, quando Oku aprì finalmente la porta. Sembrava stanco, più stanco del solito, e poteva vedere con fastidio che le lenti dei suoi occhialetti da vista erano sporchi. Avrebbe voluto strapparglieli dal naso e pulirli, ma avrebbe voluto fare molte altre cose e si trattenne per tutte esse.

"Oku, per stasera..."
"Me ne hanno già parlato." lo interruppe Oku, fortunatamente, perchè Josuke non sapeva davvero come completare la frase. Perchè parlare con Okuyasu era così difficile, ora!? Josuke si passò una mano tra i capelli, a ravvivarsi il corto ciuffo ribelle sulle sua fronte, che anche se era stato laccato alla perfezione per stare indietro, continuava a scappare e a spuntare in ogni punto.

"Jotaro ha chiesto anche di te, stasera. Cioè, ha chiesto di tutti i portatori di stand di Morioh, ma ha chiesto specificatamente di te."

"Oh."

Josuke annuì.

"Già."

Altro silenzio e cenni della testa. Nessuno parlò più.

Scalciò lievemente il selciato sul retro della villa di Okuyasu, che era lo stesso selciato sul retro della propria villa, dato che era la stessa ma divisa in due. Condividere una villa con qualcuno con cui non si era capaci di parlare doveva essere davvero complesso. Fortunatamente le ville non erano comunicanti.

"Partiamo io e te alle nove. Fatti trovare pronto per quell'ora." e Josuke quasi scappò da quella situazione, affrettandosi a fargli un cenno della mano più naturale possibile e tornare in casa sua al più presto.

.

.

E alle nove Okuyasu era pronto ma Josuke ovviamente non lo era. A quell'orario si stava ancora spremendo le meningi su quali scarpe erano più adatte quella serata- eleganti? O sportive?

"Shizu, tu cosa dici?" Chiese Josuke sporgendosi dalla porta della camera della figlia. Shizuka si stava spazzolando i capelli, con addosso il suo vestito preferito a fiori color pastello. "Hmm.. Sportive?"

Sul suo viso c'era un sorrisetto spavaldo. "Togliti quel sorriso dalla faccia, stasera tu non vieni."

E in effetti il sorriso scomparve dal viso di Shizuka, sostituito dalla rabbia. Con un grido acuto la sua voce solitamente appena udibile e mite si trasformò nello strillo di guerra di un'arpia. "E perché no?!"

"Perché sono cose che non ti riguardano! Sono cose da guerrieri."

Josuke usò le stesse parole usate di Jotaro durante quella chiamata. Mi servono i guerrieri più forti. Solo noi- voi potete snodare questo ingarbugliato problema.

"Io sono una guerriera!" Insistette Shizuka, mentre suo padre le dava le spalle. Lo afferrò per un polso ma quei quarantacinque centimetri di differenza tra le loro altezze si faceva sentire.

"Non capisci? È.. è pericoloso." Sibilò Josuke, come se quella parola non volesse uscire dalle sue labbra.

"Ho vent'anni!"

"Diciannove, e sei troppo..."

Josuke si morse la lingua. Ora Shizuka era furiosa, e frustrata, e i suoi occhi erano pieni di lacrime e i suoi pugni stretti e semi-trasparenti. Le forti emozioni le causavano questo, di usare quello stand inutile senza volerlo.

Le Bizzarre Avventure di JoJo parte 7.1: Dangerous HeritageWhere stories live. Discover now