43. Avere tutto e niente (pt.1)

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22 novembre 2011

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22 novembre 2011

L'aria era intrisa di una pace irreale e nel buio guizzavano centinaia di bagliori, simili a scintille di un fuoco colorato.

Davanti a lei, ad occupare l'intera parete sul fondo della sala, sbocciava la vetrata più complessa di tutte: spigolosa e ad arco, nel cui centro si susseguivano, secondo un probabile racconto di cui non conosceva le origini, piccoli rettangoli di storia, di storie. Storie andate, dimenticate dalla collettività per ovvie ragioni, vecchie addirittura di secoli, ma pur sempre storie, adesso facenti parte di una memoria accessibile solo a pochi. Immobili e brillanti, come il vetro che le narrava.

Attenta a non fare troppo rumore, Lór si mosse con cautela tra i posti a sedere rimasti vuoti dal giorno della cerimonia. Mentre fiaccamente raggiungeva il palco, stringeva e massaggiava il lobo sinistro col pollice e l'indice. Non poteva più farne a meno.

Quando si fermò, una domanda le smorzò momentaneamente il respiro.

"Spettacolare, vero?"

Trascorsa una manciata di secondi, Lóreley si voltò verso destra, lentamente. "Spettacolare" si limitò a ribadire, la voce resa rauca da un silenzio che era durato fin troppo.

Johanna sedeva con le gambe accavallate ed entrambe le braccia erano distese sugli schienali foderati, un bicchiere di plastica in bilico sulle cosce fasciate da un leggins di pelle. Sulla poltrona al suo fianco era abbandonato un costosissimo smartphone, lo schermo tuttora illuminato: l'elenco delle chiamate in entrata era aperto proprio sulla voce Dubois.

"Questa vetrata ha ben novantaquattro anni. Fu appositamente richiesta per questa sala dalla mia bisnonna, durante l'ultima fase di completamento dell'istituto. È alta sette metri ed è larga quattro e mezzo" le spiegò Jo' con noncuranza. "Non ha niente da invidiare a quelle di una vera e propria cattedrale. Il vetro trattato, poi, lascia entrare e calibra il giusto quantitativo di luce, infine la trasforma. La colora, colora il buio e lo disperde. Sai perché è così importante questo concetto, biondina?"

"Riguarda l'estetica ed è credenza popolare. La luce incarna Dio" rispose d'istinto Lór.

"Rappresenta Dio, esatto. Tu ci credi in Dio?"

"No".

"Fai bene, fai benissimo. Dio non ha tempo da perdere e non è nemmeno fatto di luce".

"Che vuoi dire?"

"Penso che la mia bisnonna abbia voluto lasciare a noi, nuove generazioni, un appunto importantissimo: conoscere e vivere il Litlaus porta sofferenza, porta dolore. Porta ad avere sete, tantissima sete, una di quelle che non sazi tanto facilmente. Perché il Litlaus fa paura e credo che anche lei ne abbia avuta" Johanna afferrò il bicchiere mezzo vuoto e bevve un lungo sorso per schiarirsi la voce. "Perciò credo che commissionare questa vetrata fosse più una necessità che un capriccio personale, una mania di grandezza. È logico, no? Quando passi un'intera vita a guardare un mondo bianco e nero, desolato e soprattutto morto, è comprensibile arrivare a desiderare la normalità. Una vita felice, colorata, appagante... una vita che sai che prima o poi finirà e basta. Ma quando assaggi il marciume, quando ti costringono a farlo perché sei solo una mocciosa del cazzo che vuole essere grandissima agli occhi di chiunque, lo diventi tu stessa. Lentamente vieni corrotta e neanche te ne accorgi".

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now