*58. Ti racconto una storia (pt.2)

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Tutte le storie che ascoltai in vita mischiavano suppliche con i desideri

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Tutte le storie che ascoltai in vita mischiavano suppliche con i desideri.
Seguiva una dura morale invece di un lieto fine.
Il lieto fine non c'era mai.
La prima storia che mi fu raccontata, quando ero ancora un bambino senza morale, cominciava così: da una supplica che plasmava un semplice desiderio.



Una donna che cammina nella steppa islandese. Gli arbusti spogli che bucano il terreno le graffiano la carne tumefatta. È sola e nuda. I suoi occhi sono spenti, la sua pelle è sporca, non sente più dolore né freddo. Zoppica e tiene le mani scorticate sul ventre appassito.
Davanti a lei, sempre più vicina, prende forma una figura. È un'altra donna, alta come una betulla ma esile, le braccia lunghe e gli occhi sottilissimi, affossati, assonnati. È ricoperta di veli, simili ai sudari che nascondono la salma di un morto. Sorride nonostante il cielo prometta neve.
La donna marcia si ferma a una manciata di passi dalla Signora vestita di veli. Entrambe si salutano con gli occhi, come se fossero vecchie compagne di giochi ritrovatosi dopo anni di forzata separazione. Neanche l'improvviso gracchiare di un corvo in lontananza riesce a disturbare quella silenziosa complicità.
Senza smettere di guardarla, la donna ormai marcia sussurra: "Sono pronta".
Uno sbuffo di vento attraversa la pianura quando la Signora vestita di veli risponde: "No che non lo sei. Nessuno lo è mai".
La donna marcia chiude gli occhi. "No che non lo sono" ribadisce, quasi sia stata stregata da quella naturale e ovvia constatazione. "Ma devo esserlo. Perciò vi chiedo di farlo. Portatemi via. Non ho più niente da offrire a questo mondo. Vi supplico".
Il sorriso si allarga sul volto della Signora vestita di veli. "Non hai più la forza per camminare?"
"No, Signora".
"Non hai più la forza per parlare?"
"No, Signora".
"Non hai più la forza per generare?"
"No, Signora" asserisce la donna marcia. "Non ho più la forza di fare nulla. Tutti i bambini che mi sono venuti sono nati morti, o hanno patito la fame a causa mia. Ognuno di loro, dal primo all'ultimo. Se non posso neanche generare la vita, tanto vale che io muoia".
La Signora vestita di veli avanza di un passo - tre per un singolo essere umano.
"Stai supplicando la Morte?"
"Sto supplicando la Morte, Signora. Portatemi via. Portatemi dai miei bambini".
La Signora vestita di veli allunga una mano, il giusto da accarezzare il ventre flaccido della donna marcia.
"E se ti dicessi che la Morte ha un dono per te, tu lo accetteresti?"
La donna marcia spalanca la bocca e le labbra scorticate ricominciano a sanguinare.
"Perché la Morte vorrebbe fare un dono proprio a me?"
La Signora vestita di veli si lascia sfuggire un riso rauco, interrotto, però, da uno sbadiglio. "Perché la Morte vuole provare a vivere. Perché la Morte ha scelto di essere madre, come lo è la Vita" biascica. "Genera una prole, l'ultima per te, ed Ella ti sarà riconoscente. Crescila tra i vivi, raccontale dei morti. Insegnale ad ascoltare ciò che l'Oltre pretende e a esaudire quel che l'umanità desidera. Genera una vǫlva, donna, e riprenditi il tuo diritto alla vita, prima di tornare a supplicare di morire".
La donna marcia racchiude il palmo della Signora nei suoi.
"Farò come la Morte desidera".

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now