58. Ti racconto una storia (pt.1)

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Lóreley scelse di occupare abusivamente casa di nonna Danielle fino a data da destinarsi

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Lóreley scelse di occupare abusivamente casa di nonna Danielle fino a data da destinarsi. Nei giorni di nullafacenza mangiò le gallette di riso davanti alla tv, accompagnate dalla solita tisana diuretica al finocchietto, e disegnò sul pianerottolo fino a sentire i polpastrelli pizzicare a causa del freddo, scarabocchiando doodles idioti -quelli che tanto erano piaciuti a Werner- di passanti, come fatto per anni a Selfoss. Un pomeriggio, di sabato, risfogliò addirittura l'album terminato, lo stesso sbirciato da Gíta il giorno in cui Gaël aveva deciso di morire.

La carta macchiata era ancora intrisa del pungente odore di salsedine. Lór faticò a mandare giù il groppo di lacrime che le aveva intasato la gola nel ricordare quanto violento fosse stato il primo incontro con Gaël e inaspettatamente quieto il loro ultimo saluto, avvenuto a smaltimento compiuto.

Perché quando Dísella le aveva dato la buonanotte ed era sparita dal suo ordinamento cosmico -com'era giusto che accadesse-, Lóreley si era precipitata fuori dalla 4x4 alla velocità della luce. Tutto era successo in un lasso di tempo ridicolo: lei che si fermava accanto a Ber col cuore che le scoppiava nel petto, Gaël che invece si allontanava in direzione di una macula d'alberi che lo avrebbe portato sulla via di casa - quell'enorme e vecchia costruzione che dava sulla costa frastagliata della Baia.

Così si era concluso l'ennesimo e strambo capitolo della sua vita. Ma Lóreley, a suo malgrado, sapeva di stare per cominciare la stesura involontaria di un altro: il definitivo.

Ragion per cui, accolse e accettò la solitudine di quei giorni per riflettere. Tra le mura della villetta che sapevano di carta di giornale e alesuppe, lontana da tutto e tutti, Lór ebbe modo di pensare.

Durante tutto il primo week-end di permanenza non parlò mai. Non ce n'era bisogno; attualmente, non ne percepiva, per l'appunto, la necessità: sua madre era espatriata in maniera definitiva nell'appartamento in pieno centro del caro Bernhard; suo zio era tornato in pianta stabile a Egilsstaðir per finire di compilare dei rapporti sulle ricerche attorno all'Hekla.

Nonna Danielle, invece, aveva rispettato in maniera del tutto passiva e inusuale per una ficcanaso degna del cognome Østergaard il mutismo della nipote: usciva al mattino, tutte le maledette mattine, e rientrava puntualmente per preparare il pranzo. Scoccate le tre, la signora amante del bricolage spariva nella casa di fronte per spettegolare degli ultimi cambi di quartiere con un'amica di vecchia data. Rincasava solo per cena ed entrambe le commensali si sforzavano a iniziare -e finire velocemente- una conversazione di circostanza. E il giorno seguente, tutto ricominciava daccapo.

Il grottesco loop gallette di riso-doodle-chiacchiere forzate s'interruppe il lunedì mattina della settimana successiva: Lóreley non si alzò dal letto prima delle sette e restò attorcigliata nel piumone ad ascoltare ogni movimento compiuto da Danielle. Le assi del parquet che scricchiolavano a ogni suo passo, lo scarico del water, il borbottare del bollitore lasciato sul fornello della cucina. Quando udì il portone che si chiudeva alle spalle dell'anziana, circa tre quarti d'ora più tardi, il suo corpo fu attraversato da un fremito, lo stesso che la convinse a mettersi in piedi.

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now