22. Oltre il muro

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La pioggia cadeva fitta, come se un'entità cosmica a caso avesse deciso di giocare a gavettoni proprio quel giorno

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La pioggia cadeva fitta, come se un'entità cosmica a caso avesse deciso di giocare a gavettoni proprio quel giorno. Qualche impavido studente –preso alla sprovvista dalle fantastiche quanto più inesatte previsioni meteo islandesi– si gettava in una folle corsa pur di non mancare alle presentazioni degli ultimi workshop; altri sfortunati, invece, si ammassavano nel centro sportivo per non rischiare un accidente.

Werner e Lór se ne stavano con le braccia strette al petto e la bocca cucita, l'una distante dall'altro poco meno di un metro; lui con l'ombrello rotto legato al polso e le mani ficcate nelle tasche, lei curvata sulle ginocchia a mo' di riccio. Entrambi tacevano, ma le loro rispettive vocine interiori no.

Lóreley si sentiva strana. E giù. Se avesse potuto spiegare al mondo interno quel giù –che semplicemente stava a significare giù di morale–, oppure lo strana, avrebbe potuto dare la colpa alla sindrome premestruale, ma a mani basse proprio. E invece no. Il fulcro di tutto, l'origine di ogni cosa, la matrice di quel disagio latente la conosceva benissimo, meglio dei suoi scompensi ormonali dati dal ritardo del ciclo. Continuare a negarlo per suo stesso orgoglio, difatti, era come farsi un autogol in piena regola: stare con Werner, o meglio, essere bloccata in sua compagnia senza nemmeno poter chiacchierare per passare il tempo, la faceva stare male e... la imbarazzava. Qualsiasi essere umano poteva imbarazzarsi per i motivi più inutili e in situazioni nettamente più idiote di quella, quindi non c'era niente di anomalo in lei. Più o meno.

Sapeva cose di lui che avrebbe fatto meglio a non sapere. Sapeva della sua appartenenza alla Cerchia, ad esempio, il che rappresentava già di per sé un'aggravante – una mina, a dirla tutta, da evitare di calpestare a ogni costo. Ora che aveva scoperto dell'esistenza dei gjöf, poi, un altro paio di maniche ancora.

Ciò, all'effettivo, lo rendeva realmente una minaccia per la sua incolumità? Qual era la specialità di Werner? Leggerle nel pensiero, magari? Sparare raggi gamma dagli occhi? Capitare sempre al momento giusto, proprio quando ce n'era il bisogno?

Beh, è più plausibile questo dei raggi gamma...

Lo sentì muoversi e per un istante credette all'ipotesi della lettura del pensiero. Lór lo seguì con la coda dell'occhio, dandosi della stupida, mentre lui si sedeva sulla panchina alle loro spalle, l'unica asciutta.

"Come va la mano?" Werner dovette parlare a voce alta per farsi capire.

Lóreley, di riflesso, alzò le spalle. "Bene" scandì, colta in fallo. "I punti tirano ancora, ma credo sia normale".

Werner continuò a fissarla, il volto crucciato e arrossato all'altezza delle guance. Afferrò il manuale spiegazzato e l'agitò per catturare la sua attenzione. "Faresti bene a riportarlo in biblioteca. La ricevuta di riconsegna è scaduta da un po' e potrebbero multarti".

Lór attese lo scatenarsi dell'ennesimo fulmine per tornare in piedi. Ora che c'era, perché c'era l'occasione per parlarsi a quattr'occhi, accantonò l'imbarazzo con una grossa boccata d'aria e gli si sedette accanto. Non troppo vicino, eh. Il giusto. Il giusto per dire grazie, ma in silenzio, senza manco mimarlo con la bocca.

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now