15. Ragazzate

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"Áskatla Cýrussdóttir, vicequestrice della centrale di Reykjavík. Þórstína Enoksdóttir, socia e proprietaria della catena dei Samkaup; Barbára Gneistisdóttir, moglie del reverendo Bersi e acquirente del museo –privato– Ásmundarsafn. Benóný Hólmsdóttir, rettrice della Fær Øer ed economista di una certa fama..." Lóreley si beò di una breve pausa per riprendere fiato – e per dare un peso a quel che Audrine avrebbe saputo di lì a poco. "L'elenco è lungo e potrei continuare all'infinito se solo ricordassi i nomi di tutte quante. Sappia solamente che ognuna di queste donne conserva un pezzo d'Islanda nel cuore, in tutti i sensi, ed è grazie a loro e a chi le ha precedute se la mia terra natia è quel che è oggi, nonostante tutte le avversità che ha dovuto affrontare" spiegò. "Il problema, però, è che io non avrei dovuto saperli, quei nomi – per fatti ambigui, intendo. Non avrei mai dovuto sapere dell'esistenza della Cerchia e di cosa stessero combinando le famiglie dei miei amici. Non mi spettava perché in apparenza non ne facevo parte".

"Bergljót non mi è sembrata d'accordo, però" azzardò Audrine, come assurdamente azzardata era quella chiacchierata terapeutica del mercoledì pomeriggio.

La paziente annuì. "Ber credeva ci fosse dell'altro, credeva che le stessi mentendo. Le predizioni, stando alle sue parole, non avvengono in maniera involontaria, ma sono frutto di orazioni di gruppo. Quindi la cosa l'aveva insospettita. Ai tempi, poi, c'erano un bel po' di faide tra le oratrici della Cerchia e non mi meraviglio a pensare che avesse avuto dei dubbi su di me e sulle mie origini. Stando alle sue parole non sono stati tempi facili, quelli".

"Ti ha mai parlato del perché?"

"Da anni, ormai, mancava un leader a guidarle, la leader. Tutte volevano troppo e possedevano già tanto: non si guardava più al bene dell'altro. La Cerchia non aveva limiti, eccetto qualche sporadico caso di moralità... tutto stava andando a rotoli e fidarsi del prossimo era una scommessa continua".

"Pensi fossero pericolose?" domandò ancora la dottoressa.

"Lo erano e lo sono tutt'oggi".

"Eppure esistono".

"Persistono, la correggo. Siamo in tempi moderni, lo comprenda: certe usanze non ci appartengono più. Molte mentalità sarebbero dovute finire nel dimenticatoio, è così, è il progresso a richiederlo. Invece la Cerchia ha fatto di tutto pur di resistere, di mantenersi a un certo livello e non è consono. Cioè, non è leale. Insomma, pur di sopravvivere hanno manipolato il protestantesimo islandese".

"Credo che tu sia parecchio ingenua sotto questo punto di vista".

"Perché?"

"Mi hai parlato di lealtà, Lóreley, in un contesto che mi è parso disperato e cannibale. Quando c'è di mezzo la sopravvivenza è difficile mantenere dei sani principi alla base, ammesso e non concesso che ce ne siano mai stati. È ridicolo anche solo pensarlo".

"Quindi lei le difende".

"No, il mio è il parere di un'esterna normodotata, ma concordo sulle tue riflessioni di epoca moderna. Tirarla per le lunghe le ha indubbiamente portate a superare i limiti dell'accettabile... e immagino che uno di questi riguardasse Edith" speculò Audrine, per poi aggiungere in un sussurro: "E la sua famiglia"

"La famiglia di Edith fu la più furba, ha ragione, e questo le penalizzò sin da subito, mettendo entrambe le sorelle in un torto continuo".

"E così è successo".

"Già. Se hai in pugno un credo, hai tutto - fino al diciannovesimo secolo pure pure... Ma nel duemila, se gestisci la rete di supermercati più grande d'Islanda, poi, meglio ancora".

"Parli di..."

"Esatto, proprio di lui. Parlo di Werner. Non a caso sua madre è stata la seconda che ho nominato".

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora