08. Roulette Russa (pt.1)

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Chiedo immensamente perdono per il ritardo nel pubblicare, ma non sto tanto simpatica a Wattpad nell'ultimo periodo, lol. Come avevo già accennato nell'avviso, la piattaforma mi ha praticamente buggato questo pezzo una decina di volte. Adesso il format sembra andare bene, ma sono stata costretta a dividere il capitolo in due parti (quello su cui mi ci sono sbattuta di più, oltretutto!). Se ci dovessero essere problemi nella visualizzazione vi prego di farmelo sapere. Grazie T_T

Lór aprì un occhio intanto che il cellulare ricominciava a squillare

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Lór aprì un occhio intanto che il cellulare ricominciava a squillare. La tentazione di predisporre la sveglia per la quarta volta l'allettò momentaneamente, ma il senso del dovere ebbe la meglio sulla sua pigrizia. Strusciò la faccia sul cuscino e meccanicamente si tirò su a sedere, vegetando sul bordo del letto per una dozzina di minuti.

Ber ancora sonnecchiava nel letto accanto, dandole le spalle. Quando il suo cervello fu capace di coordinarla sino al bagno comune si trascinò sotto la prima doccia di destra, evitando, per amor proprio, di osservarsi nella fila di specchi disposta sopra i lavabi per non rischiare un infarto.

Il getto d'acqua bollente alleviò la stanchezza all'istante, mentre l'apatia che si trascinava dietro dalla notte precedente finiva nello scarico.

L'acqua e i suoi morbidi abbracci, per Lór, erano senza dubbio il tranquillante perfetto per le turbe dell'anima. Tutto era cominciato come un gioco: da bambina c'erano state le gare d'apnea e i castelli di schiuma sul bordo vasca; poi era subentrato il bisogno di ascoltarsi e le lezioni di nuoto del lunedì. Col passare degli anni il bagno era diventato una sorta di adorazione personale, un rituale necessario per liberare lo spirito da ogni cruccio emotivo. Si trattava di un momento intimo nel quale poteva –e doveva– tagliare qualsiasi contatto col mondo esterno per dedicarsi all'ascolto di ciò che il suo corpo aveva da dire.

Quando la voglia di sentirsi bussava quindi alla sua porta, Lóreley si abbandonava sul fondo della vasca col naso che a malapena sfiorava il pelo dell'acqua. Chiudeva gli occhi, strizzandoli fino a sentire male, e distrattamente intavolava un dialogo interiore con se stessa. I silenzi erano lunghi e la sensazione di leggerezza la più appagante mai provata: questo le dava modo di ritrovarsi.

La tranquillità tuttavia non arrivò come aveva sperato. Lór serrò le palpebre e frizionò i capelli con entrambe le mani, mentre si scostava a malincuore da sotto il soffione. Camminò in punta di piedi fino allo specchio a parete senza preoccuparsi di recuperare un asciugamano dall'armadietto.

La sua figura riflessa era un'accozzaglia indefinita di colori, resa tale dalla patina di vapore condensato che colava verso il basso. Lo trovò ironico o quantomeno azzeccato alle circostanze: quell'immagine di sé, adesso priva di contorni e staticità, le calzava a pennello come un abito confezionato su misura per lei. Perché era questa la realtà dei fatti, c'era poco da negare.

Un brivido freddo le attraversò la carne. Tutto era cominciato nella maniera più folle e sbagliata possibile. In principio c'erano stati quei maledetti déjà-vu giornalieri, tanto innocui quanto insoliti, poi era sopraggiunto il peggio; un lato di lei che si era ripresentato di punto in bianco a mo' di fantasma del Natale passato, gettandola nello sconforto più nero. Ma cos'altro avrebbe potuto fare, se non giocare alla piccola Sherlock Holmes? Disperata com'era, si sarebbe pure sorbita un ipotetico referto psichiatrico riguardante una probabile schizofrenia... l'importante era uscirne illesa e basta.

Un colpo di tosse calcolato e Lóreley si riscosse dalle sue considerazioni. Un gruppo di ragazze era fermo sull'uscio da chissà quanto tempo, gli occhi di tutte incollati sul suo didietro. Allora si rivestì in tutta fretta, dileguandosi infine a testa bassa quando le quattro intavolarono un dibattito approfondito sul pacco del professore di web marketing per non dare nell'occhio.

Al suo rientro in camera trovò il letto di Bergljót vuoto e sfatto. Legò i capelli ancora umidi oltre le spalle, senza interrogarsi più del dovuto, e riesumò il portatile dal fondo della scrivania sommersa dagli appunti.

La lezione di xilografia che tanto aveva atteso si rivelò una perdita di tempo senza precedenti. Lór gettò la spugna fintanto che la concentrazione continuava a vacillare. Aveva troppo a cui pensare e i continui balbettii della professoressa Stewart avevano compromesso la sua attenzione già dai primi minuti. Stando ben attenta a schivare qualsiasi approccio post-lezione da parte di Werner, si fiondò fuori dalla classe appena ne ebbe l'opportunità.

Raggiunse la biblioteca col capo incassato nelle spalle e prima di varcarne la soglia si calò il cappuccio sul viso, sperando di non essere disturbata: la bibliotecaria di turno non si era fatta scrupoli a tartassarla di mail per intimarla a restituire i sei libri sgraffignati la settimana precedente.

Furba come una volpe, però, non lo era mai stata e passata la banda magnetica del tesserino venne immediatamente richiamata al banco dagli altoparlanti. La settantenne non si risparmiò affatto, cimentandosi in una vivace strigliata alla completa mercé di tutti. Lóreley subì in silenzio e cercò di non darla vinta al suo solito pessimismo cronico: se fosse cascato il mondo da un giorno all'altro, lei avrebbe atteso la fine in silenzio, convinta di esserne in parte colpevole. Le leggi cosmiche che regolavano il suo quotidiano, in fin dei conti, erano queste. Che lo volesse o meno, aveva sempre vagliato l'idea di impersonare la sfiga nella sua forma più pura. O molto probabilmente doveva solo smetterla di darla vinta al suo menefreghismo, come spesso le aveva fatto notare sua madre.

Prese posto in un angolo remoto dell'area studio, oltre un separé di legno intagliato. Rimuginò sul da farsi, ignorando bellamente il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Sfilò quindi lo sketchbook e il portatile dalla tracolla, armandosi della fidata B2 perennemente senza punta. Per un momento credette davvero di farcela.

Cosa dovrei cercare, esattamente?
lo sai

Si mordicchiò il labbro. Digitò incidente auto '99 Selfoss scuola elementare, stanca di seguire il lampeggiare del cursore nella barra del motore di ricerca, e attese un maledetto responso col cuore in gola. I tempi di caricamento erano fottutamente imbarazzanti e la rete wi-fi della biblioteca faceva più schifo della connessione internet approdata a Selfoss circa due anni prima. Quanto diavolo avrebbe dovuto aspettare per leggere più nel dettaglio di come Ían si era fracassato la testa contro il paraurti di un Audi?

Il cellulare le vibrò nella tasca dei pantaloni, facendola sussultare. Era un messaggio di Björn.

"Ber ha il cellulare scarico, quindi ti recluto io. Per pranzo vorremmo andare giù in città, ci stai? Ho anche la jeep di mia madre... una piccola passeggiata in spiaggia con questa bimba non sarebbe male! Fammi sapere. All'istante, tipo. Devo prenotare!"

Lóreley schioccò un'ultima occhiata al pc prima di sbatterlo nella borsa. Si sentì immensamente stupida, oltre che esausta. I brontolii del suo stomaco, invece, la invogliarono a non rovinarsi l'appetito con notizie da prima pagina vecchie di un decennio. Tanto, si disse, una capatina dallo psichiatra me la regalo per Natale.

 Tanto, si disse, una capatina dallo psichiatra me la regalo per Natale

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... Continua

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now