09. Nuovo inizio.

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10 giugno, ore 10.02

Iniziava a essere tutto così reale: io, James e i ragazzi. Nella mia testa vorticava leggiadra l'idea che sarebbe andato tutto bene.

Avremmo lasciato quell'epoca per metterci al sicuro.

Mi avevano promesso una vita nuova, ma che sarebbe stata unica, in cui non avrei più lasciato che il destino decidesse al posto mio. Avevo stabilito il mio obiettivo: sarei stata capace di controllare i miei poteri così come mi avevano detto sarebbe accaduto in Accademia, la mia nuova casa. Poi saremmo andati alla ricerca degli assassini di mio padre e di Noora per porre fine alla guerra. Infine, saremmo potuti ritornare alle nostre vite finalmente al sicuro.

Era tutto ciò che volevo. Seppur sapevo bene che il cammino sarebbe stato tortuoso.

Per quanto mi sforzassi, non ero più riuscita a bloccare il tempo, nonostante l'enorme entusiasmo che Lake mi aveva dimostrato durante i giorni di iniziale addestramento. Dovevo imparare qualche trucco e allenarmi duramente, altrimenti non sarei potuta scendere sul campo di battaglia.

In quei giorni ero riuscita anche a fare conversazione con i ragazzi: per esempio mi avevano raccontato come Maxfield e Christopher Hart fossero amici di infanzia, ed era stato proprio Max a far conoscere la bella JJ a quell'ultimo.

Lake era la new entry del team, ammessa poco dopo l'ingresso di Kit. I due erano così affiatati poiché avevano frequentato da sempre gli stessi corsi: i più bravi del loro anno e fin dal diploma in perenne competizione. Lake, in più, era una bambina prodigio. Aveva manifestato i suoi poteri sin dai i due anni di età e così era stata spinta a iniziare i corsi ancora prima di qualsiasi suo coetaneo. Era niente meno che la figlia di due pilastri del Consiglio.

Il Consiglio, poi, aveva un nome così altisonante per un semplice organo amministrativo. Di tutto lo spazio adimensionale loro ne controllavano le leggi e assegnavamo le missioni, dirigendo ogni risorsa dove era necessaria. Cervelloni e assi negli spostamenti spazio-temporali. Erano loro i responsabili della pace che si stava cercando di instaurare. Avevano sede proprio in Accademia e a fare loro da leader assoluto c'era la Preside. La madre di Christopher.

Da qualcuno doveva pur aver ereditato le sue qualità di leadership.

Il sorriso gli morì sulle labbra quando glielo fecero presente. Desiderava essere ricordato per i suoi meriti, non per essere il discendente della più alta carica esecutiva dello spazio adimensionale. Quello che Chris voleva non era niente di più che l'essere considerato come tutti gli altri.

Sol aveva deciso di dedicare la sua vita alla stessa squadra che l'aveva salvata. Così avrebbe fatto per chiunque altro.

Mi informarono su come all'Accademia ci si diplomasse in cinque anni. Ognuno sceglieva il ramo che più gli confaceva e che meglio delineava le proprie doti. I ragazzi avevano seguito il corso di difesa e combattimento, ma non era stato facile. C'erano anche quelli di medicamenti, di soccorso e di recupero, per non parlare del reparto tecnico e assistenziale. Ogni viaggiatore aveva il suo ruolo fondamentale in quella macchina chiamata Accademia.

Infine, c'era James. Lo avevo costretto a dormire al mio fianco per tutte quelle notti passate insonne. Temevo potesse essere catturato nuovamente. Non aveva mai battuto ciglio, anzi, mi stringeva a sé ricordandomi fermamente che non saremmo più stati soli. Se avessi perso anche lui, probabilmente, avrei perso me stessa per sempre.

«Siete tutti pronti signori?» domandò Max alzando un angolo della bocca. Si sfregò le mani tra loro per poi allargare le braccia e afferrare i palmi di Kit e Sol. C'eravamo. Quello era il momento di non ritorno, saremmo andati via da quella realtà per accedere a una ignota che aveva tutto il sapore di essere la terra promessa.

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