25. Fiducia.

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Undicesimo giorno

Date le premesse della giornata precedente, non avrei mai immaginato che a distanza di ventiquattro ore mi sarei annoiata fino a impazzire.

Mi trovavo nell'aula ovale della biblioteca. Era diventato il punto di ritrovo per le comunicazioni della squadra, per permettermi di partecipare attivamente alle riunioni nel caso ce ne fosse stato bisogno. Mi faceva piacere essere considerata parte integrante del grande gruppo.

Eppure, ero lì da svariate ore senza ricevere notizie da nessuno. Avevo sfogliato un libro molto svogliatamente per la gran parte del tempo, ponendolo infine dinanzi al mio volto, così da creare un divisorio tra me e le decine di ragazzi che non facevano altro che fissarmi senza pudore. Detestavo essere additata in qualsiasi modo e il chiacchiericcio udito non faceva altro che aumentare la mia insicurezza. Ero stremata e stanca: la notte precedente avevo impiegato il tempo a mia disposizione per rimuovere i pezzi di carne incastrati tra i capelli, piuttosto che dormire.

Mi interrogai sui motivi che avrebbero potuto indurre una riunione. La mattina precedente avevamo discusso dei miei poteri e di come si fossero sbloccati, mentre nel pomeriggio Christopher aveva tirato, letteralmente, per orecchie Lake e Kit per rimproverarli della rivolta avvenuta in mensa a causa loro.

Quindi l'unico vero motivo potevano essere novità sulla posizione dei ribelli. Quell'opzione stuzzicò la mia curiosità.

Sorrisi a quelle pagine ingiallite costatando che avrei tanto voluto avere qualcuno al mio fianco con cui parlare. Escludendo James, il quale non poteva vagare per l'Accademia, gli unici altri erano i ragazzi della squadra, ma anche loro avevano il proprio da fare. Dimostrazione ineccepibile era quella attesa estenuante e nessuno che si era preoccupato di avvisarmi di un eventuale ritardo.

Eppure, sembrava una questione urgente quando Max aveva bussato alla mia porta dicendo che le lezioni con Sander sarebbero state sospese per un paio di giorni così che io avessi potuto partecipare alle riunioni.

Forse ci stavo solo credendo più del dovuto. Forse il silenzio sarebbe stato il mio unico vero amico in quel luogo dimenticato dal tempo. Abbassai la testa lasciando che il libro scivolasse tra le mie mani. Avevo pensato fin troppo.

Passarono una manciata di secondi prima di accorgermi di non essere sola come avevo ipotizzato. Dall'altro capo della scrivania scorsi un paio di gambe incrociate su di esse.

«Christopher?» chiesi con fare circospetto. Il biondo aveva le braccia incrociate al petto e sorrideva tranquillo come se nulla fosse. Fece spallucce quando il mio volto si corrugò in una smorfia di disappunto.

«Da quanto sei qui?» domandai incerta. Il ragazzo protese le labbra in avanti facendo finta di pensarci.

«Quarantotto minuti e ventitré secondi. Ce ne hai messo di tempo per svegliarti, dormito bene? Non volevo disturbarti, così ho aspettato.» Sbarrai gli occhi. Probabilmente avevo delle ore di sonno arretrate da recuperare. Non essermi accorta della sua presenza mi fece capire quanto fossi sfinita.

«Come fai sempre a sapere... conti sempre tutto in maniera così fiscale?» lo interrogai considerando quanto adorasse scaglionare ogni lasso di tempo.

«Devo farlo, altrimenti come potremmo sapere quando e dove condurre i nostri viaggi? C'è un motivo per cui sono io il caposquadra, nonostante a mia madre piaccia pensare il contrario. Ho delle buone qualità di leadership: te lo posso assicurare.» Si stiracchiò sulla sedia, anche lui era rimasto in attesa di tutti gli altri. E probabilmente guidato dalla noia, iniziò a rigirarsi i pollici lanciando fugaci occhiate nella mia direzione. Sembrava combattuto su qualcosa, fino a che, smise di tergiversare intavolando una conversazione.

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