24. Il ballo.

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Decimo giorno

Dovevo ammettere che il cibo della mensa non era così male. Staccai gli occhi dal mio piatto solo per posarli su quello di James. Non aveva ancora assaporato neanche un boccone di quello che sembrava essere un polpettone. Sorrisi amaramente scuotendo mio fratello dallo stato di trance in cui si trovava. James riprese l'uso della parola accordandomi un "tutto bene" prima di agguantare la forchetta e iniziare la degustazione. All'improvviso sembrò esplodere di felicità.

«È davvero buono!» ci raccomandò con tenacia e goffaggine. Risi per la scena che mi si era presentata davanti, forse la mia era stata una preoccupazione senza fondamento.

«Oh, per favore, James! Mangia con la bocca chiusa, non te lo hanno insegnato sulla Terra?» JJ, che era seduta dinanzi a lui, esplose in quella esclamazione. Alzò gli occhi al cielo decidendo di non volerne saperne più niente del cibo.

James ingoiò ciò che era rimasto dopo un'attenta masticazione, scusandosi per i suoi modi poco cavallereschi. JJ lasciò correre, evidentemente era infastidita da altro. In particolar modo Christopher sembrava scrutarla al suo fianco.

«Mi sta venendo il disgusto per tutto questo, insomma tutti a giocare con il cibo... non siete più dei bambini!» la bionda si lamentò della situazione in generale. In effetti, non potevo darle torto.

La mensa era gremita di ragazzi e non solo. Avevo notato un certo fermento crescente nell'ultimo periodo. Erano tutti su di giri. Per esempio, a distanza di qualche tavolo si potevano vedere i componenti delle varie squadre lanciarsi le leccornie come se fosse neve, innescando una guerra piuttosto grottesca. Una battaglia che aveva come unica vittima l'ottimo polpettone. La mensa, dall'essere perfettamente grigia e sterile, era divenuta un campo di battaglia.

Non c'era tavolo di metallo che non ospitasse della brodaglia spappolata sulla superficie o piastrella sul pavimento che non avesse un colore tendente al rossastro. Gli inservienti da dietro i grossi banconi non ci facevano caso, anzi, sembrano del tutto ignorare quel comportamento e forse anche alimentarlo.

Era chiaro che dell'euforia circolasse nell'aria, capace di conquistare chiunque... chiunque tranne Jezebel Joslie.

«Andiamo JJ! Lo sai perché siamo tutti così eccitati!» Lake e Kit si stavano divertendo tirandosi "roba" a dosso reciprocamente, ma anche il quel caso JJ si era voltata di spalle per non guardarli più. La cosa che più mi preoccupava ero lo spreco, avevo fame: utilizzai la mia forchetta per prendere un po' di sformato prima che potesse essere gettato in pasto ai leoni. Che esplosione di sapore.

Lasciai correre la conversazione che stava avvenendo tra i membri della squadra, in quel momento poco m'importava.

«Quindi, Dely, come vanno le lezioni con Sander?» Max richiamò la mia attenzione interrompendo un momento idilliaco. Aprii gli occhi di scatto ingoiando il bolo alimentare che si era formato. Il moro mi sorrise dopo aver scansato giusto in tempo un pezzo di pasticcio volante, che si era posato poco delicatamente sulla giacca nera di Christopher.

Risi quando scrutai la rabbia negli occhi del biondo, il quale dopo aver supervisionato il suo indumento rivolse a Kit uno sguardo di fuoco.

«È stata lei!» urlò il ragazzo prima di dileguarsi in mezzo alla sala. Aveva intenzione di sparire tra la folla. Per attuare il suo grande piano di fuga iniziò a correre a zig-zag, sperando che la tappetta fosse stato un sufficiente capro espiatorio. Lake balzò sul tavolo afferrando la prima cosa che gli capitò a tiro.

«Questa me la paghi!» urlò la ragazzina piena di frustrazione. Prese la mira e dopo aver calcolato una meta perfetta lanciò l'oggetto con tutta la sua forza. Kit, deviando all'ultimo istante, scansò il colpo, che però prese in pieno un povero viaggiatore grassoccio e con gli occhialini.

TravellersWhere stories live. Discover now