22. Madre.

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Ottavo giorno

Non avevo ancora proferito parola, rimanendo esterrefatta a causa di ciò che mi aveva appena rivelato.

Il signor Valek mi avevo fatto accomodare su una poltrona, al cui fianco c'era Christopher. Avevo visto i suoi occhi spegnersi, proprio come avevano fatto i miei. Eravamo rimasti in silenzio, limitati nel fissarci vicendevolmente come a chiedere se fosse uno scherzo.

Avevo accettato la tazza di thè che mi offrì il signor Valek senza batter ciglio. Osservavo il liquido giallognolo che vorticava senza un motivo preciso costretto da un cucchiaino che non aveva smesso di smuoverlo. Esattamente come il mio animo in quel momento: in balia degli avvenimenti.

«Delaney, sono costernata che tu abbia dovuto scoprirlo in queste circostanze. Non c'è stato modo di-» La voce di Lyza risuonò nella mia mente più chiara che mai. Era quindi quella l'accortezza di una persona che avrebbe dovuto proteggermi? A me pareva solamente una sconosciuta troppo impegnata con il suo da fare.

«Otto giorni» risposi con fermezza smettendo di agitare il liquido nella tazza e troncando il suo interloquire. Levai gli occhi verso di lei, stupendosi della mia sfrontatezza. Era seduta compostamente sul divano opposto, gambe incrociate a lato e mani unite sul ginocchio coperto dal lembo inferiore della gonna nera di raso.

«Cosa, cara?» deglutii.

«Otto giorni che sono in Accademia. Di certo c'erano almeno otto giorni di possibilità, senza contare le svariate volte in cui mi ha pedinato sulla Terra, signora Preside.» Lyza spalancò impercettibilmente gli occhi.

«Mi dispiace. Ma dovevo assicurarmi che fossi tu, prima di commettere un qualche errore...» parlò con voce tremante allungando la sua mano verso la mia. Era fredda. Mi scostati da quella presa poggiando la tazza di thè sul tavolino.

«Intende dire che stava aspettando che bloccassi il tempo? Sono sicura l'abbiano prontamente avvisata dei miei progressi» domandai conoscendo già risposta e mostrando il gigafut al polso. Lei annuì. Abbassai le palpebre. Mi sentivo osservata e monitorata anche in quel momento.

«Perché aspettare fino a ora per rivelarsi. Perché?» Impugnai con forza quel pezzo di porcellana. Stavo iniziando a tremare.

«Immagino come tu ti possa sentire» controbatté. Era una bugia.

«Non lo sa affatto! Mi sento come se fossi un burattino senza alcuna possibilità di scelta! Cosa avrebbe fatto se fossi rimasta uccisa o se i ribelli mi avessero catturato? Sono diventata la missione della squadra alpha solo quando le cose sono andate male! Avremmo potuto salvare mio padre se si fosse mostrata prima! Perché nascondersi?» sbottai alzandomi in piedi e lasciando cadere a terra la tazzina. Sfiorai la mia fronte con una mano. Il signor Valek ripulì il disastro lasciato dai pezzi di ceramica ai miei piedi.

«Signorina Holland, non mi sembra il caso di alzare il tono di voce in questo modo.» L'uomo si aggiustò il monocolo aspettando una qualche direttiva dal suo superiore.

«Valek, lasciaci soli» lo rimbeccò la Preside ignorando lo slancio dell'uomo nei suoi confronti. In pochi attimi rimanemmo in tre. Rivolsi il mio sguardo verso Cristopher. Sua madre gli aveva mentito per tutto quel tempo, non rivelando alcuna informazione sulla stessa missione che aveva portato a termine. Aveva fatto rapporto come ogni altro giorno e ciò che aveva ricevuto era stato un "puoi andare".

«Delaney, nessuno ti avrebbe mai cercata. Eri al sicuro sulla Terra. È vero, sei la figlia di Victoria, ma io ho scoperto della tua esistenza solo poco tempo fa indagando su tuo padre. Lei era una mia amica, forse la mia più cara amica, ma aveva i suoi segreti e i suoi progetti. L'ultima volta che ci siamo viste è stato più di vent'anni fa ed è stato un duro colpo la sua fuga. Aveva capacità incredibili e una grande forza d'animo. Inoltre, aveva il tuo stesso potere. Era una donna dalle mille sfumature, una sognatrice in piena regola. Credeva di essere capace di salvarci tutti, pensava di essere l'unica in grado di farlo e se ne addossò le responsabilità, senza mai rivelarci una parola del suo piano. Ho tentato di contattarla in tutti questi anni, capendo troppo tardi che fosse morta, lasciando a te la sua eredità. Non ero certa fossi una di noi fino alla manifestazione di questa mattina.»

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