82. Addio.

26 4 0
                                    

Avvertii il peso del tempo passato solo una volta che tornai alla realtà. I suoni erano ovattati e le pupille facevano fatica a ricostruire volti amici e nemici. Tutto ciò che sentivo era il respiro pesante che mi riportava alla vita, quando ero stata così vicino al perire. Sembravano essere passati eoni, ma in realtà nulla si era mosso in quei frangenti.

Avevo con me i miei ricordi, conscia della battaglia che era avvenuta nella mia mente, nonostante lo scontro infuriasse da così tanto.

Osservai di sguincio l'ancora indietreggiare a causa del contraccolpo dimensionale, mentre ricadevo sulle ginocchia privata fin dalle viscere della mia energia vitale.

Avevo usato e osato fin troppo.

Con la testa penzoloni un rivolo di sangue sgorgò dalle mie narici, andando aggiungersi agli umori che avevano imbrattato il bianco manto di quelle lande perdute.

E fu proprio quando ripresi coscienza di ciò che stava accadendo, che avvenne l'inevitabile.

«DELANEY!» Un urlo squarciò in due l'aria, richiamandomi a gran voce da oltre la coltre di cadaveri che stanziavano ai piedi del pendio. Brividi di tensione e orrore attraversarono il mio corpo, consapevole che Christopher non si sarebbe mai lasciato andare in quel grido disperato se la situazione non fosse stata irreparabile.

I miei occhi marchiarono a fuoco il volto di uno degli ultimi ribelli che febbricitante avanzava e incedeva come il suo capo gli aveva ordinato. Le ferite che portava erano nulla in confronto alla volontà di ferro di cui era investito.

Per lui non ero altro che il nemico di cui si sarebbe dovuto sbarazzare, in nome di qualsiasi cosa significasse l'ideale di libertà e speranza che era Kors, il quale giaceva stramazzato e tremante al suolo qualche metro più in là circondato dalle guardie che gli sarebbero state accanto per proteggerlo anche a costo della vita.

L'essere spazzato via dalla propria mente doveva aver delle conseguenze devastanti per il corpo. Un caro prezzo che avevo pagato inconsciamente anche io.

Retrassi gli arti invocando la mia magia, ma nulla avvenne, poiché non avevo più la forza necessaria per attivare i miei poteri o per muovermi affatto.

Riflettevo l'immagine del mio aguzzino sulla cornea, chiedendomi quando si fosse avvicinato così tanto.

Come avevo fatto a non vedere la lama che impugnava sagace a due centimetri dal mio petto?

Come poteva essere quello sguardo così ricolmo d'odio nei confronti di qualcuno che neanche si conosceva?

Ma ahimè, c'era tempo solo per un'ultima tediosa domanda.

Sarebbe finita così la mia vita?

...

Spezzai il respiro spalancando le palpebre con rimorso e incredulità.

Gli schizzi di sangue sporcarono il mio volto consunto dalle tragedie che si erano susseguite e che non accennavano di venir meno.

Gli era bastato un istante per teletrasportarsi e farmi da scudo con il suo corpo, intercettando quel colpo fatale al mio posto.

Le spalle larghe e i capelli scuri erano tutto ciò che vedevo rifratti dal fil di lama della spada che gli aveva trafitto la carne e che si era colorata di scarlatto.

«È il mio modo... di espiare i miei peccati... perdonatemi se potete»

Tossì gli umori vermigli gettandosi immediatamente al suolo quasi completamente esanime.

«Max, no!» Mike.

«Fratellone! Ti prego, fratellone alzati!» Rosalinde.

«Che cosa hai fatto? Maledizione!» Colton.

TravellersWhere stories live. Discover now