46. Confine.

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Il ragazzo che avevo di fronte mi aveva aiutata a rialzarmi senza porre domande, donandomi sorrisi cordiali e una spalla su cui poggiarmi per non cedere, almeno finché non avessi ritrovato l'equilibrio.

Nonostante nella testa rimbombassero i suoni di vite passate e la luce irriverente mi accecasse, facendomi perdere di concentrazione, notai la candida neve posarsi sul terreno spoglio dietro le spalle del giovane. Unico presente.

Non c'era nient'altro che un'incontaminata landa dipinta di bianco.

«Dove sono i miei amici?» domandai trafilata. Il cuore accelerò più di quanto avessi mai creduto, rimuginando sulle coordinate che avevo provato a seguire per giungere fin lì. Afferrai più saldamente gli avambracci del viaggiatore scomparso fino ad annaspare.

E se fosse stata colpa mia?

Nuvole di condensa venivano prodotte dalla mia bocca riscaldando un'aria estremamente rarefatta.

«Sono al sicuro. Ti stanno aspettando» m'incitò il nuovo arrivato senza battere ciglio. Non avevo neanche considerato quell'ipotesi, spaventata dal pensiero di aver preso la decisione sbagliata.

Nonostante la mia diffidenza, il ragazzo non si scostò di un millimetro, mostrando una calma serafica e indicandomi in lontananza il punto in cui costruzioni rudimentali in mattoni grezzi, lamiere e legno erano state erette. «Sono Mallek. Piacere di conoscerti, Delaney.» Le sue iridi cristalline rispecchiavano la purezza del suo animo. Mi porse una coperta rattoppata che aveva nascosto sotto un braccio quando si assicurò che non fossi ferita.

Annuii afferrando la coltre di stoffa e avvolgendomi con essa. «Stanno tutti bene?» indagai preoccupata ritrovandomi stranamente senza forze.

Misi un passo in avanti, ma il mio corpo non voleva saperne di avanzare. Mallek mi afferrò per la vita evitandomi una caduta al suolo. Lo ringraziai tacitamente.

«Piano, piano. Hai perso tantissime energie durante il viaggio. Devi riposarti.» Con il suo aiuto mi trascinai in prossimità delle cascine rudimentali. Scostò la tenda di tralci di pelle per permetterci di oltrepassare la soglia.

«Stiamo arrivando gente, fateci largo!» Ci annunciò con entusiasmo. Non intercorse un lasso di tempo spropositato prima che due esili braccia mi cinsero il petto facendomi perdere l'equilibrio per un attimo.

«Credevo non ti saresti più svegliata!» Lake scoppiò in un pianto liberatorio. La osservai impotente nella replica, cercando di trovare delle risposte che avrebbero potuto rincuorarla.

Mike le stanziava dietro, avendo premura che lo scricciolo non facesse nulla di insensato. «Te l'ho detto che Mallek l'avrebbe portata dentro!» La ragazza si voltò verso il compagno con gli occhi lucidi riservandogli una linguaccia. Non avrebbe creduto a niente che non avesse visto con i propri occhi.

Per terra erano lasciate sparse sudicie coperte su cui riposavano Colton e Max, i quali mi fecero segno di essere in ottima condizione: talmente stremati da non riuscire neanche a parlare.

All'improvviso, alle mie spalle qualcuno mi abbracciò attanagliandomi stretta. «Dely, come stai? Ti sei fatta male? Ti avrei portata io stesso, ma Christopher mi ha nascosto qui dentro e non mi ha permesso di uscire!» Mi voltai per poter inquadrare il volto di James. Era impaurito e atterrito da tutto ciò che era accaduto in poche ore.

«Tuo fratello non voleva proprio abbandonarti, sai?» Chris saltò giù da una brandina comunicandomi con lo sguardo il suo dispiacere. «Ma dobbiamo proteggere anche lui.» Annuii capendo perfettamente la situazione.

Mi osservai intorno, notando l'estrema malinconia riflessa negli occhi dei miei compagni. Non lo avrebbero mai ammesso, ma sui loro volti mancava la scintilla di speranza che erano soliti provare.

TravellersWhere stories live. Discover now