È la prima volta che vedo Churchill dormire.
Nel sonno sembra più giovane, più dolce, privo di quell'energia insaziabile che lo contraddistingue.
Non so cosa stia sognando, ma sembra essere qualcosa di bello, perché i suoi lineamenti sono distesi, rilassati.
Troneggio sopra di lui, in piedi, con un sorriso sulle labbra, e gli concedo ancora qualche secondo di serenità.
Poi, inizio a urlare con tutta la voce che ho in corpo.
"Buongiorno, raggio di sole!"
Lui sussulta, scattando a sedere, e un pugno mi raggiunge la coscia prima che riesca a scansarmi.
"Cosa cazzo ti è saltato in mente?"
Mi sforzo di non ridere, e sfoggio la più innocente tra le mie espressioni.
"Ho solo pensato che avremmo potuto ritagliarci più tempo per la colazione, prima delle lezioni"
Churchill mi guarda, ancora stralunato, e sblocca il telefono per controllare l'orario.
Sono le sei del mattino.
"Sei davvero un piccolo e vendicativo pezzo di merda, Margaret" sibila poi, scostandosi le coperte di dosso per alzarsi e fronteggiarmi.
"Non so di cosa parli" sogghigno, soddisfatto.
"Mi hai davvero svegliato alle sei del mattino solo perché ieri ho interrotto il tuo sonnellino di bellezza?"
"Assolutamente no"
Non sono proprio andato a dormire, in realtà, pur di essere in piedi prima di lui.
"E ora cosa dovremmo fare, genio?" chiede Churchill, esasperato, "Ci vorranno almeno tre ore prima che gli altri si sveglino. E il pomeriggio perché le nostre lezioni inizino".
Alzo le spalle, disinteressato.
"Non ne ho idea. Io torno a letto"
Lo scosto gentilmente, e mi infilo tra le sue coperte, sorridendo soddisfatto nel vedere la sua espressione irritata.
"Cosa credi di fare?" chiede infatti, incrociando le braccia.
"Il mio letto sarà gelido adesso. Grazie, Churchill, sei un tesoro" rispondo ad occhi chiusi, tirandomi addosso le lenzuola.
Posso percepire la sua sorpresa nel breve silenzio che segue, e la sua risata incredula un attimo dopo.
"D'accordo, piccolo stronzo. Siamo pari" mi concede, e sento qualche colpetto sulla spalla, "Fammi spazio, almeno"
Mi lamento appena, ma mi scosto quel che basta perché riesca a infilarsi accanto a me.
Lo sento maneggiare il telefono, probabilmente posticipando la sveglia, poi la sua testa si abbandona sul cuscino.
"Se sento il tuo cazzo addosso, in un qualsiasi momento, giuro che te lo taglio" mi minaccia, assonnato.
"Se vuoi cambiamo posizione. Sono sicuro che il tuo neanche si sente" rispondo, serenamente.
Churchill si lascia sfuggire una risata stanca, e si agita un po' per mettersi comodo.
"Fottutamente stretto" borbotta, "Rischio di cadere al minimo movimento"
"Quante lamentele" sbuffo, e incastro il braccio intorno alla sua vita per evitare che possa cadere sul serio "Dillo allora, che vuoi il mio cazzo addosso"
Ridiamo entrambi, a lungo, finché la stanchezza non spegne le nostre voci.
"Ti lasciavano parlare così, nel tuo collegio femminile?" mi prende in giro Churchill, sbadigliando.
"Mmh" mugolo in risposta, rafforzando la stretta intorno ai suoi fianchi "Di sicuro parlavano tutte meno di te"
Mi addormento prima che possa rispondermi.
*
Quando riprendo conoscenza, non so precisamente che ore siano.
Le morse allo stomaco che mi hanno svegliato mi inducono a pensare che possa essere l'ora di pranzo, se non più tardi.
Non ho modo di saperlo con certezza.
Dovrei alzarmi a controllare, scavalcando il corpo addormentato di Churchill, ma sono quasi certo non prenderebbe bene l'essere svegliato da me per la seconda volta consecutiva.
Così rimango immobile, stirando un po' i muscoli indolenziti per il freddo e per la posizione, e aspetto che si svegli da sé.
La temperatura è ancora fresca, nonostante l'orario, o forse è solo il fatto che Churchill abbia monopolizzato le coperte a darmi questa impressione.
Qualunque sia la ragione, ho maledettamente freddo.
Mi arrischio a muovere il braccio abbandonato sul fianco del mio compagno di stanza, nel tentativo di raggiungere il suo telefono e controllare l'orario.
Churchill intercetta istantaneamente la mia mano, bloccandomi il polso tra le dita.
"Cosa stai facendo?" mormora contro il cuscino, senza neanche voltarsi.
"Controllo che ore sono" mi giustifico, con la voce orribilmente arrochita dal sonno.
Churchill sbuffa, "Ho messo una sveglia" commenta, come se la cosa rispondesse alla domanda, e riporta il mio braccio nella sua posizione originale.
"Ho fame" mi lamento, sospirando sulla sua nuca.
Lo sento rabbrividire e scuotersi in modo buffo.
"Mi fai il solletico, smettila" mi rimprovera "Dovevi
pensarci prima"
Gli faccio il verso, sottovoce, ma non mi muovo.
In fondo, non mi dispiace l'idea di dormire ancora un po'.
La stretta di Churchill sul mio polso si attenua man mano che sprofonda nuovamente nel sonno, e mi chiedo, un attimo prima di chiudere anch'io gli occhi, che diavolo di shampoo usi per avere un così buon odore.
*
Il trillo della sveglia è insopportabile.
Sento i timpani scoppiare e rifugio istintivamente il viso contro la schiena di Churchill per ripararmi dal rumore.
Lui si libera dalla mia presa, districando le nostre dita, che nel sonno devono essersi allacciate, e si alza velocemente.
"Spegnila" mi lamento, seppellendo la testa sotto il cuscino.
"Alzati, Emma. Sono le tre e mezza, tra un'ora dobbiamo essere a lezione"
Non mi muovo, e sento vagamente i suoi passi che si allontanano, poi l'acqua della doccia scorrere.
Quando riapro gli occhi Churchill si sta abbottonando la camicia, già pronto.
Lo osservo distratto, ipnotizzato dai movimenti con cui spinge ogni bottone nella propria asola.
Lascia liberi gli ultimi due.
"Beh?" commento, osservandolo con aria critica, "Non devi mica andare in spiaggia"
Lui ride.
"Calmati, Mimi"
Mi alzo in piedi, ormai sveglio, e gli faccio cenno di voltarsi.
Sistemo anche gli ultimi due bottoni, ignorando le sue occhiate divertite.
"Ora sei quasi presentabile" gli concedo, allontanandomi da lui.
"Sei proprio da sposare, Lullaby" è l'unico ringraziamento che riesco ad ottenere.
*
Il corso di Storia Romana, l'unico che io e Churchill abbiamo in comune, è anch'esso tenuto dalla Tartaruga.
Il professore è già seduto sulla cattedra, quando arriviamo, come se stare in piedi gli costasse troppa fatica.
Ci saluta con un cenno del capo, e aspetta pazientemente che tutti i posti si siano riempiti.
"Bene, ragazzi. Direi che possiamo iniziare" tossisce appena, per richiamare l'attenzione "Ci occuperemo, in questo corso, del più grande impero che la storia abbia mai conosciuto. E perché questo impero ci riguarda, Shotton?"
Un ragazzo in terza fila, biondo e palesemente distratto, sussulta.
"Perché la Britannia fu provincia romana, signore?" tenta, arrossendo.
"Non male. Ma temo ci siano ragioni più profonde" riprende la Tartaruga, facendo saettare sulla classe i limpidi occhi azzurri, "Mi auguro, alla fine di questo corso, che riusciate a comprenderle"
Alcuni ragazzi del terzo anno di Storia e Politica borbottano, scontenti.
Churchill, accanto a me, non dice una sola parola.
"Non consentirò distrazioni di sorta, anche se qualcuno qui crede di essere di fronte a una manciata di crediti, piuttosto che a un insegnamento vero e proprio. Potrà sembrarvi inutile, ma io ho insegnato per quarant'anni della mia vita, mentre voi ancora dovete scoprire come infilarvi la camicia nei pantaloni."
Nessuno di noi osa fiatare, ma i borbottii aumentano.
"C'è chi afferma che Roma abbia avuto la migliore forma di governo possibile, d'altronde, quindi la cosa dovrebbe interessarvi. Qualcuno sa dirmi chi lo ha detto?"
Sorprendentemente, la mano di Churchill si alza in aria.
La Tartaruga si china gli occhiali sul naso, "Sì?"
"Polibio, signore"
Nel vedere il proprio leader interessato alla lezione, d'improvviso, la totalità del corpo studentesco torna in silenzio.
E io rimango ancora una volta affascinato dal potere che Churchill esercita sugli altri.
"Eccellente, Winston. Grazie" sorride la Tartaruga, e mi chiedo se lo stia ringraziando per aver preso posizione, oltre che per aver dato la risposta esatta.
Non mi sfugge che lo abbia chiamato per nome, cosa che denota una certa familiarità tra i due.
E ancor di più non mi sfugge il fatto che lo abbia chiamato Winston, anziché John, come sarebbe più naturale.
Lo conosce, e lo conosce abbastanza da sapere come preferisce essere chiamato.
"Dicevamo. Studieremo la storia di Roma perché è anche la nostra storia, certo, ma non solo per questo motivo. I ragazzi di Studi Classici impareranno che la letteratura è diretta prosecuzione della quotidianità da cui nasce. I ragazzi di Storia e Politica, se Dio vuole, impareranno che tutto è ciclico e tende a ripetersi sempre uguale, e che bisogna imparare a leggerne i segnali"
Tace brevemente, sorridendo nel vederci interessati.
"E tutti, spero, impareremo che conoscere la storia di Roma significa conoscere noi stessi. Bene. Partiamo dall'inizio. Pagina numero sette, lèggiamo insieme la storia di due bambini che ciucciavano le tette a una lupa"
Qualche risata soffocata.
"Hanton? Leggi tu"
Mentre il ragazzo esegue, ho il tempo di osservare con attenzione Churchill.
Lui non mi degna di uno sguardo.
È concentrato, gli occhi che guizzano sul libro aperto per seguire il ritmo della lettura e l'espressione assorta.
Si picchietta distrattamente la penna sulle labbra, pensieroso, e prende ogni tanto qualche appunto a margine della pagina.
"Smettila di fissarmi, Hope" sussurra, all'improvviso, senza staccare gli occhi dal libro "Stai diventando inquietante"
Scrollo le spalle, "Scusa. È che non pensavo fossi questo tipo di studente"
"Non pensavi fossi intelligente?" mi provoca, quietamente, sottolineando qualcosa con la penna.
Non sembra neanche offeso.
"Non pensavo fossi uno che i professori chiamano per nome" lo correggo, scribacchiando sul mio quaderno le informazioni che la Tartaruga continua a sciorinare.
"Questo perché mi conosci da due giorni, Shakira" mi fa notare, poi allunga la mano per correggere una data che devo aver frainteso.
Lo lascio fare, divertito.
"Hai molte altre sorprese in serbo per me?"
Churchill accenna una smorfia, ma gli angoli delle sue labbra si inclinano verso l'alto.
"Non mi distrarre, Avril. Non si flirta a lezione. Non così male, almeno"
Rido sommessamente.
Sa essere divertente, quando dimentica di essere un completo stronzo.
Ci conosciamo da poche ore, nella maggior parte ho desiderato di ucciderlo, eppure sento di essere legato a lui più di quanto sia mai stato a qualsiasi altro dei miei amici.
"È che sono terribilmente affascinato, Winston" confesso, a metà tra il serio e lo scherzoso, "Hai la mia più completa attenzione"
Ancora una volta, Churchill non si degna di spostare lo sguardo su di me.
"Segui" mi intima, brusco.
Ma gli sfugge un sorriso.
Note
Ma oggi quanta dolcezza vi sto regalando?
Prima un bacio con i controfiocchi in Les Fleurs du mal, ora questi altri che flirtano come se non ci fosse un domani.
Non si dica che non vi vizio!!!
Cosa dire sul capitolo?
Sono adorabili.
Solo questo.
Ho letteralmente gli occhi a cuoricino mentre scrivo di loro.
Ci tengo a specificarvi che ancora nessuno dei due prova, ovviamente, alcun sentimento per l'altro.
In fondo si conoscono appena.
E il bravo Paul è convinto che la sua ossessione derivi dalla voglia di essere il miglior amico per sempre di John, neanche mette in conto di poter provare un reale interesse per lui.
Questo per dire che ancora nessuno dei due vede niente di male in tutti questi piccoli gesti e flirt che vanno avanti.
Praticamente sono a livello di John e Paul nella realtà ecco.
Sanno che c'è un legame speciale, c'è dal primo dialogo che hanno avuto, ma per loro è ancora solo amicizia.
Poveri illusi, ci vediamo tra qualche capitolo.
Comuuuunque
Grazie mille di tutti i voti e i commenti!!
Siete affettuosissimi con questa storia e non posso che esserne contenta e lusingata.
Conta molto per me, vi leggo con piacere, e mi fate sempre ridere tanto ❤️
Al prossimo capitolo.
H.