The last thing I wanna do...

Door wavy-baby

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Sebbene tra Gus e Bianca ci sia intesa fin dal primo incontro, sono due persone molto diverse. Peep è eccentr... Meer

girls
call me on my iphone
read the tattoos on my face
hold me closer
all I wanna do is get high
kiss
drive by at 125
one kiss then we fucking, I just can't get enough
you know I got my problems
club lights
fingers
drugz
i don't wanna fight like that
fucked up
you're the only one that could ever compare
u said
come over when you're sober
my bitch bleeding for me, she never cheated on me
you can suck my gothboi dick
i'm about to give her everything she ever wanted and more
i remember when we shared that same apartment
tell me awful things
baby, could you wait here? promise I'll be right back
i could see you and him
this music is the only thing keepin' the peace when i'm fallin' to pieces
fool me twice, put the blame on you
giving girls cocaine
we can do whatever that we wanna to do
show after show, fuckin' hoe after hoe
good luck mothafucka
got her little heart in my hand and i don't wanna break it
never stop blowin' up my phone
give me some time while i work on it
baby, won't you take me back?
sex with my ex
i'm not staying strong
she was the one
everybody's everything
can't breathe in the waiting room
doctor walks in
woke up surprised, am i really alive?
i run away from my problems
gettin' nookie
one day I'll be sober too
i can feel you watchin' after me
did i let you down again?
i ain't got the time for no compromise
never eat, never sleep
love letter
bonus curiosità
PARTE DUE DELLA STORIA ✌

white wine

570 30 4
Door wavy-baby

Butto le penne nell'acqua bollente, mescolando contemporaneamente il pomodoro per evitare che si bruci, mentre Gus mi guarda quasi estasiato, come se fossi una grande chef all'opera.
"Sei brava a cucinare. Io so prepararmi giusto una tazza di latte coi cereali oppure, quando mi sento particolarmente ispirato, mi faccio addirittura un sandwich".

Sorrido e mi volto verso di lui, mi sento ancora un po' in imbarazzo per la piccola incomprensione di prima e vedo che anche lui non è molto a suo agio.
"Bicchiere di vino?", chiedo quindi, per stemperare la tensione.
"Bianco", specifica, ringraziandomi subito dopo.

Estraggo dal frigorifero una bottiglia di vetro e due calici, li sistemo sul tavolo e li riempio per più di metà, quasi fino all'orlo.
"Non aspettarti uno champagne, eh, l'ho preso al supermercato qui sotto. Era in offerta a tipo un dollaro", lo avverto. 
"Ho bevuto di peggio", mi rassicura, avvicinando il bicchiere alle labbra e buttando giù un sorso.

Facciamo ancora due chiacchiere e finiamo i bicchieri prima che la pasta sia cotta, così ci facciamo un secondo giro. Non reggo molto bene l'alcol e berlo a stomaco vuoto sicuramente non mi sta aiutando perché inizio a sentire la testa leggera e una parlantina più fluida; mente Gus mi sembra ancora super sobrio. Forse è solo bravo a nasconderlo. 

"Se inizio a straparlare, sappi che è colpa del vino", lo avverto, mentre spengo il fuoco e scolo la pasta. Condisco con il pomodoro e metto i due piatti in tavola, sotto allo sguardo curioso di Gus. 

Durante la cena continuano a chiacchierare più sciolti, complici gli svariati bicchieri di vino. Una volta finito di mangiare, Gus si complimenta con me per le mie doti culinarie e ci spostiamo sul divano, senza nemmeno sparecchiare.
Ci accomodiamo sul sofà, uno di fianco all'altra, seppure tra di noi ci sia comunque una certa distanza.

"Ti sei divertita oggi, Bianca?"
"Sí, sono stata bene", ammetto sorridendogli: "Tu invece come ti sei trovato ad uscire con una ragazza noiosa come me?"
Lui scoppia a ridere: "Sei meno noiosa di quel che credi".
Io alzo le spalle con una smorfia e gli faccio notare che però non ha risposto alla domanda più importante.
"Certo che mi sono trovato bene. Te l'ho detto fin da subito, mi piace come sei".

Guardo Gus cercando di trattenere un sorriso e mi lascio cadere di lato, complice un giramento di testa causato dal vino, fino ad appoggiare il capo sulle sue ginocchia. Lui inizia a giocare con una ciocca dei miei capelli, annodandosela al dito ripetutamente. 

"Un giorno mi racconterai dei tuoi tatuaggi?", gli domando guardando quelli che spuntano dalle maniche della felpa e tracciando i contorni di un teschio con una corona.
"Beh non è detto che ci sia qualcosa da raccontare... molti li ho fatti sotto l'effetto di droghe, quindi non mi ricordo nemmeno dove è perché li ho scelti". 
Aggrotto le sopracciglia senza neanche accorgermene, ha già nominato diverse volte le droghe nelle poche ore che siamo stati insieme e non so bene cosa pensare a riguardo. 

"Gus, ho una domanda che probabilmente non dovrei farti e certamente da sobria non farei mai, quindi se non vorrai rispondermi puoi mandarmi tranquillamente a fanculo, ok?"
Fatta questa premessa, lui annuisce, dandomi il via libera.
"Insomma... non so bene...", la verità è che non so come porre la domanda in maniera delicata. Essendo un argomento importante mi tiro su, composta, e mi riappoggio allo schienale del divano, ruotando leggermente il busto verso Gus.
"Dimmi, non farti problemi", mi rassicura.

"Tu fai uso di droghe?".
Mi pento all'istante del modo in cui ho posto la domanda, sembro una vecchia zia autoritaria che fa il discorsetto ad un tredicenne, mi mancava solo dire la parola 'giovanotto' per rendere il tutto ancora più imbarazzante. Mi porto una mano sul viso, un po' per il disagio e un po' per il giramento di testa. Gus però non sembra turbato o infastidito dalla mia domanda, ma è chiaro che stia percependo la mia goffaggine.
"Sissignora", mi risponde scherzando: anche lui si è dipinto la mia stessa immagine in testa, evidentemente. Poi però torna serio, quasi improvvisamente: "Sí, però è tutto sotto controllo, cioè, conosco i rischi e ci sto attento. Non mischio cose che non dovrebbero essere mischiate e non eccedo mai troppo, conosco i miei limiti."

Io annuisco poco convinta, sicuramente non è una risposta che mi fa piacere ricevere. E soprattutto non so quanto sia vero quello che mi sta dicendo: in fondo come può avere la reale percezione delle cose, se lui stesso assume roba che distorce la realtà?

"Prima di uscire con me hai preso qualcosa?", domando di getto, senza pensarci. Mi rendo conto che non è una domanda da primo appuntamento, eppure mi esce dalle labbra quasi d'istinto. 
Gustav reclina la testa all'indietro con un sospiro. "Onestamente? Sì, ho preso qualcosa", bisbiglia in tono quasi colpevole.
"Comunque non sono affari miei" taglio corto, non mi va di continuare questo discorso perché è troppo delicato da affrontare da brilli e soprattutto non mi va che possa pensare io gli stia facendo un interrogatoria. 

Rimaniamo in silenzio per un po', immobili nelle nostre posizioni, poi Gus prende l'iniziativa e mi appoggia una mano sulla coscia. Sento il suo tocco delicato attraverso i jeans, più sto con lui e poi tutto mi sembra surreale. Davvero ci conosciamo solo da ventiquattr'ore?, penso mentre guardo la sua mano scorrere su e giù lungo la mia coscia. Dalla gamba passa poi al braccio: ora sento le sue dita percorrere la pelle nuda dalla spalla fin giù, verso la mano.

Lo guardo senza capire bene cosa stia succedendo e soprattutto senza sapere cosa voglio e Gus ricambia lo sguardo, pianta i suoi occhi color nocciola sulle mia labbra.

Con un gesto repentino, mi cinge la vita e mi avvicina a sè; mi sposta una ciocca di capelli dal viso e inizia ad accarezzarmi la guancia con il palmo. Io resto immobile, quasi pietrificata, non mi aspettavo questo suo scatto così deciso. Sento il cuore a mille, temo possa fuoriuscirmi dal petto, ma cerco di restare calma e poggio delicatamente una mano sul suo collo, sopra all'inchiostro colorato: toccare la sua pelle mi provoca quasi un nodo allo stomaco.

Io lo guardo e lui mi guarda. I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza lungo dall'altro. Non so per quanto restiamo immobili, senza muovere un muscolo né pronunciare una singola sillaba.

Lo vedo avvicinare lentamente il suo viso al mio, una ciocca di capelli rosa gli ricade davanti agli occhi. Senza mai eliminare il contatto diretto con la sua pelle, sposto la mano dal collo verso la sua fronte, tracciando i profili del suo viso, e gli sposto il ciuffo ribelle.

Appoggia il suo naso al mio e chiudo gli occhi. Sto amando la lentezza e la delicatezza di ogni suo gesto, come se volesse dare importanza ad ogni particolare e come se volesse lasciarmi il tempo per tirarmi indietro qualora lo volessi. Mi piace che mi stia facendo attendere ogni suo prossimo movimento, questo aumenta l'urgenza di baciarlo.

Gus sposta il viso e avvicina le labbra alle mie, senza però che si tocchino. Non so come, ma riesco a restare immobile a godermi il momento. Poi, finalmente, si avvicina e mi da un piccolo e delicato bacio sull'angolo della bocca, risalendo poi verso la guancia, fino all'orecchio: "È da quando ti ho vista da Starbucks che vorrei baciarti", bisbiglia con voce profonda, provocandomi un brivido lungo la schiena. Mi mordo le labbra e lui continua a parlare: "Ma voglio fare le cose per bene con te. Non sei come le altre, non voglio correre".

Mi allontano delicatamente, prendendogli il volto fra le mani: "Non c'è fretta", dico con un sorriso dolce. Gli stampo un bacio sulla fronte e gli accarezzo i capelli.

Il momento viene interrotto dal cellulare di Gus che continua a vibrare incessantemente: lui fa una sorta di grugnito e prende il telefono dalla tasca. Bisbiglia un vaffanculo sottovoce e si scusa con me, rispondendo poi alla chiamata.
"Pronto? Che vuoi Tracy? Non rompere i coglioni, bro, non è il momento. Ti ho detto che non posso".
Mentre parla con il suo amico, mi alzo dal divano e vado in cucina a versarmi un bicchiere d'acqua perché sento il bisogno di calmare i bollenti spiriti e darmi un tono. Lo sento inveire ancora contro l'interlocutore, finché non chiude la chiamata con un: "Vaffanculo, devo andare ora. Ci vediamo".

Non faccio in tempo a tornare in salotto, che lui inizia a scusarsi per la chiamata, mi spiega a grandi linee la conversazione: Tracy lo aveva avvisato che aveva una strofa pronta e che lo aspettava in studio, ma Gus aveva rifiatato. Mi sento un po' in colpa per la rinuncia che ha appena fatto perché era a causa mia, infatti lo rassicuro: "Se devi andare, non farti problemi. È il tuo lavoro, posso capire".
"Non devo timbrare il cartellino, sta tranquilla. Lo farò domani", mi risponde, facendo spallucce. Poi aggiunge: "A proposito di lavoro, tu domani ci vai?"
"Purtroppo sí, mi tocca il turno serale: devo chiudere io il bar", sbuffo.
"Senti, allora che ne pensi di passare a trovarmi quando hai finito? Io ed i ragazzi facciano una piccola festicciola tra di noi per celebrare l'imminente uscita di un singolo... vorrei farteli conoscere per bene e presentarteli", mi dice, evidentemente entusiasta.
Non so bene se accettare, non è il genere di festa a cui vorrei partecipare, ma Gus sembra felice ed io non me la sento di dirgli di no: "Mi farebbe piacere". 

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