IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (S...

Por Innkeeper19

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Venite anche voi nella nostra accogliente locanda! Qui si avvicendano avventori di ogni tipo, venite a senti... Más

Il Manifesto
Prologo
I- Un nuovo lavoro (parte 1)
I- Un nuovo lavoro (parte 2)
I- Un nuovo lavoro (parte 3)
I- Un nuovo lavoro (parte 4)
II- Una notte buia e tempestosa
III - La Tessitrice di Storie
IV- Michele
V- Distopia artistica
VI- Sangue e Ingranaggi (parte 1)
VI- Sangue e Ingranaggi (parte 2)
VII-Il Tomo (parte 1)
VII-Il Tomo (parte 2)
VIII-L'Altra metà
IX- Oscurità Letale
X- Wittgenstein
XI- Un'arma per colpire in due direzioni
XII- La Cromanzia
XIII- Troppo Rattiani
XIV- L'Inganno (parte 1)
XIV- L'Inganno (parte 2)
XV- Io sono Legione
XVI- Avevo una casa nella luce (parte 1)
XVI- Avevo una casa nella luce (parte 2)
XVII - Se uno è idiota è idiota anche in compagnia
XVIII- Il sogno (parte 2)
XIX- Impronte
XX- Influenza letale
XXI-Araldo della Luce (parte 1)
XXI- Araldo della Luce (parte 2)
XXI- Araldo della Luce (parte 3)

XVIII- Il sogno (parte 1)

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Por Innkeeper19


Mi risvegliai di soprassalto, alzando di scatto la testa. La mia vista era offuscata, non mi rendevo conto di dove mi trovassi. Ero seduto e probabilmente appoggiato ad un tavolo a giudicare dal legno che sentivo sotto le mie mani. Piano piano la vista cominciò a tornare, anche se sentivo una specie di ronzio in testa. Mi trovavo in una locanda, piuttosto gremita. Feci vagare il mio sguardo per i tavoli, finchè i miei occhi non avvistarono una figura familiare, Cassie. Era seduta a parlare con un ragazzo, che sembrava...no, impossibile.

Poi i miei ricordi cominciarono a tornare: Jackson e Peter che facevano gli idioti lungo il sentiero, io dietro di loro che sentivo il vuoto fisico al mio fianco lasciato da Cassie e che mi domandavo come facessero i miei fratelli a scherzare così, dopo tutto quello che era successo, i miei genitori che li sgridavano perché stavano facendo troppo baccano e la caccia avrebbe dovuto essere silenziosa il più possibile. Poi quegli schifosi scorpioni giganti che camminavano eretti come persone, con dei pungiglioni grossi quanto la mia testa, che ci accerchiavano e uno che mi colpiva in mezzo alle scapole. Ironicamente era lo stesso punto in cui avevano colpito Cassie, forse era una cosa da gemelli prendersi i peggiori colpi nello stesso punto. Ma lei ora non c'era più, mentre io ero di nuovo preda delle allucinazioni che il veleno di quei cosi dava: l'ultima volta mi ero ritrovato a sorvolare l'oceano per poi precipitare su un'isola tropicale, dove avevo conosciuto una popolazione di uccelli variopinti con cui avevo stretto amicizia, mi era davvero dispiaciuto lasciarli una volta tornato alla realtà.

Stavolta la mia mente mi stava facendo vedere mia sorella, come era ovvio. Era un po' strano l'ambiente, lei difficilmente veniva al pub con me, ma probabilmente la voglia di averla ancora nella mia vita mi faceva strani scherzi. Altra cosa era il ragazzo insieme a lei: cosa voleva dirmi la mia mente? Perché sembrava proprio come Luce aveva descritto la forma umana preferita (di entrambi) della sua simil-anima gemella.

Provai ad alzarmi dalla sedia ma le mie gambe non erano molto stabili, tempo un attimo e mi ritrovai a capitombolare in avanti, come mi succedeva dopo le peggiori sbronze. Che allucinazione bastarda, nemmeno mi potevo muovere normalmente, quello schifo mi doveva aver iniettato un bel po' di tossine in corpo.

Probabilmente attirata dalla confusione che dovevo stare facendo, Cassie si girò verso di me, spalancando gli occhi a dismisura nel rendersi conto di chi aveva di fronte. Aveva sempre avuto degli occhi grandissimi, ma adesso erano della misura di due piatti da quanto li aveva sgranati, temevo le schizzassero via da un momento all'altro. In contemporanea era impallidita in una maniera impressionante, quasi ai livelli del giorno del suo funerale. Certo che la mia mente rimetteva insieme i pezzi in maniera davvero assurda. Il ragazzo accanto a lei la stava scuotendo per un braccio, per capire cosa le fosse preso tutto insieme. Nel seguire il suo sguardo fino a me e nel rendersi conto di chi fossi, la sua bocca si spalancò in un "Oh, cazzo", a giudicare dal labiale.

Si voltò un attimo verso una sconvolta Cassie per dirle qualcosa e poi si diresse verso di me, che in quel momento mi trovavo carponi sul pavimento.

Mi si inginocchiò davanti con uno sguardo angosciato, mi sa che non dovevo avere un bell'aspetto in quel momento. "Tu sei Joseph, il fratello di Cassie" non ci voleva tanto a capirlo, eravamo pressoché identici.

Annuii mentre lo squadravo da capo a piedi: sembrava proprio lui, anche se me lo sarei aspettato un po' più muscoloso, considerato che Luce lo aveva definito come "davvero sexy" nella sua forma umana. Il ragazzo di fronte a me era sì carino, ma troppo magrolino per essere sexy. Magari Luce aveva solo gusti strani, chi lo sapeva.

"Tu...perché sei qui? Perché tu e non Luce?" che domanda stupida, essendo una mia allucinazione dovevo saperlo io perché c'era lui al posto di Luce, mica lui. Magari ero solo curioso di conoscerlo. Lui sembrava essere davvero a disagio, a corto di parole "Non sono chi credi tu, anche tua sorella l'ha pensato la prima che mi ha visto. Io mi chiamo Arthur, sono un amico di Cassie."

Ah, quindi nella mia testa mia sorella aveva un ragazzo. Ci stava, non avendone mai avuto nessuno in vita, magari adesso la mia immaginazione gliene aveva voluto dare uno. Era carino comunque e sembrava anche molto gentile, mi sarebbe piaciuto che Cassie uscisse con qualcuno così in effetti. Arthur mi stava aiutando ad alzarmi e a raggiungere il tavolo di Cassie, ma lei non gliene diede il tempo, quando eravamo a metà strada si alzò dalla sedia e mi corse incontro arrivandomi addosso con una potenza tale da farmi quasi ripiombare a terra. Mi strinse le braccia intorno alla vita mentre affondava la testa nella curva del mio collo. Era un po' più bassa di me, negli ultimi anni mi ero alzato parecchio di statura, mentre da piccoli era stata lei ad essere più alta per molto tempo. Mi aveva sempre preso in giro per questo, dandomi del nano. Non mi ero mai voluto vendicare quando la situazione si era invertita, ero una persona buona. Almeno con lei, con i miei fratelli di solito ci facevo a botte per qualsiasi cosa. Adesso Cassie stava piangendo a dirotto contro il mio collo, inondandomi il collo della maglia di lacrime. Che visione drammatica, forse una delle peggiori che avessi mai avuto, ma visti i recenti avvenimenti era normale, la mia mente doveva essere molto traumatizzata.

"Cassie, mi stai stritolando, puoi allentare un attimo la presa?" lei per risposta cominciò a singhiozzare più forte e mi strinse ancora di più. Almeno avrei scoperto se si poteva morire stritolati durante un'allucinazione da veleno scorpio-umanoide. Dopo un altri po' di singhiozzi lei si staccò e alzò i suoi occhioni su di me. La mia mente aveva proprio deciso di essere cattiva stavolta, io odiavo vederla piangere. Iniziavo a chiedermi quanto veleno avessi in corpo, non ero mai stato così scombussolato in un'allucinazione né tantomeno vissuto una situazione tanto triste. Di solito erano allucinazioni buffe, forse un po' assurde, ma mai tristi, anzi a volte mi facevo avvelenare apposta per divertirmi, era come drogarsi per certi versi. I miei mi odiavano per questo, per tutti gli spaventi che gli avevo fatto prendere.

Cassie mi stava accarezzando il volto "Jo...sei qui...quanto tempo è passato? Come vanno le cose a casa?" bella domanda.

"E' passato qualche mese da quando te ne sei andata. La situazione adesso è migliorata, anche se tanti hanno perso dei loro cari. Abbiamo consegnato quei pazzi alla giustizia, sono accusati di omicidio e ci sono prove e testimoni, per fortuna non è servito entrare nei dettagli con la polizia. Ma il bastardo che ti ha pugnalata l'ho fatto a pezzi." Lei mi rivolse uno sguardo sconvolto. Lo sapevo, io non ero così, ma non avevo programmato di farlo. Mentre stringevo Cassie fra le mie braccia in un bagno di sangue, l'uomo che l'aveva uccisa aveva tentato di fare lo stesso con me, così mi ero difeso uccidendolo con un solo colpo. Si poteva anche dire che fosse stata legittima difesa, come mi avevano confermato le forze dell'ordine, ma io sapevo di averlo voluto uccidere. Loro avevano parlato di accidentale colpo mortale, ma io sapevo di aver mirato dritto alla gola. Anche considerato che dopo che era morto avevo continuato a pugnalarlo finchè Jackson non mi aveva tirato via. Sapevo di non essere stato diverso o migliore, che lo avevo portato via ad un'altra famiglia anche io, ma non mi era importato, in quel momento ero completamente ricoperto dal sangue di mia sorella.

"Che cosa è successo Jo? Come mai sei qui?" Cassie continuava a guardarmi con quegli occhioni tristi, anche dopo averle detto che avevo ucciso una persona, coloro che avevamo giurato di proteggere. Mi avrebbe perdonato tutto.

"Gli stupidi scorpioni erettili. Uno mi ha punto. E stavolta non ho fatto apposta." Ci tenni a precisare. Cassie aggrottò le sopracciglia con fare pensieroso, come turbata da qualcosa. Forse da tutti i ricordi di quando mi facevo pungere apposta. Mi riempiva di botte ogni volta, dopo che mi ero ripreso, così restavo ammaccato per qualche altro giorno. "Cosa c'è che non va, Cassie?" chiese il suo "amico". Sì certo, Cassie non aveva mai avuto amici maschi, a parte me, Peter e Jackson. Ma forse questo lui ancora non lo sapeva. O forse aveva paura che tagliassi la gola anche a lui, all'idea che fosse il ragazzo di mia sorella.

"Il veleno di quelle creature non è mortale, anche se assunto in quantità massicce. Fa' soltanto cadere in un sonno profondo attraversato da allucinazioni per qualche giorno, con un po' di febbre. Non ha alcun senso che lui sia qui."

Eh? Veleno mortale? E che c'entrava? "Di che stai parlando Cassie?" le chiesi con una vocina flebile flebile, non mi piacevano i discorsi che stava facendo.

"Jo, dove credi che siamo?" beh, se lo chiedeva..."E' un'allucinazione provocata dal veleno dello scorpione."

La vidi stringere la labbra in una linea sottile. Mi prese per mano e mi fece sedere al tavolo con lei e Arthur. "Jo...dobbiamo parlare. Io mi sono presa una pugnalata alla schiena e sai cosa mi è successo dopo. Arthur, lui...si è tagliato la gola." Lanciai un'occhiata al ragazzo, quindi non era per paura che gli tagliassi la gola che non mi aveva detto che Cassie era la sua ragazza, a quanto pareva. Cassie fece un gesto per indicare il resto del locale "Ognuna delle persone che vedi qui, per un motivo o per un altro non può più vivere nel proprio mondo. Mi sono risvegliata qui dopo quel giorno e lo stesso è successo ad Arthur e tutti quelli che vedi qui."

O questa era la più assurda allucinazione che avessi mai avuto, o era molto peggio. "E dove saremmo esattamente?"

"Si chiama Bivacco degli Scrittori, le persone arrivano per raccontare le loro storie."

"E poi? Una volta raccontata la storia?" le chiesi.

"Le storie sono potenzialmente infinite, quindi potresti restare in eterno se volessi. Dopo non lo so, io volevo aspettare te, mamma, papà, Jackson e Peter per scoprirlo" mi rispose sorridendo. E intanto che aspettava si era trovata un ragazzo: giusto così poteva incontrare qualcuno che le interessasse, in effetti.

Eppure..."Ma come hai detto tu il veleno di quelle bestie non è mortale, gli serve soltanto a paralizzare e catturare le vittime. Se mi avessero mangiato me ne sarei accorto...come faccio ad essere sicuro che non sia un'allucinazione?"

Cassie mi rivolse un sorriso triste "Le allucinazioni prima o poi svaniscono, qui ti renderai conto che non puoi più tornare indietro."

Ma se davvero le cose stavano come diceva lei, come era possibile? "Se anche agli altri fosse successo qualcosa credi che ci sarebbero?"

"Non lo so, non mi pare ci sia tutta questa gente, qui. O molti se ne sono già andati o non sono mai arrivati. Ma tu l'hai fatto, forse a tempo debito sarà lo stesso anche per loro" mi disse Cassie.

"Non ti ricordi niente di più preciso dell'attacco di queste creature? Forse può aiutarci a capire come sei arrivato qui" disse invece Arthur.

Ripensai all'attacco in sé: quei cosi ci erano piombati addosso, io avevo iniziato a tirare fendenti con il pugnale in ogni direzione. Avrei tanto voluto che non avessero una corazza resistente ai proiettili, così da poter usare una pistola, mi piaceva molto di più come arma. Abituato com'ero a combattere spalla a spalla con Cassie avevo lasciato la mia schiena troppo scoperta e un pungiglione mi aveva colpito. Era successo altre volte e me l'ero sempre cavata bene, solo qualche acciacco per alcuni giorni.

Provai a ripensare alla puntura e mi resi conto che non mi ricordavo di aver sentito dolore, eppure quel veleno era peggio del fuoco. Avevo visto il pungiglione, enorme, con la coda dell'occhio, ma non mi ero scansato in tempo. Che avesse colpito la schiena così forte da spezzarla? "Oh no. Mamma darà fuori di matto stavolta!"

Dopo Cassie avevamo cercato di essere forti, dopotutto era un rischio del tipo di vita che facevamo: morire giovani e perdere i nostri cari da un momento all'altro. Ma se davvero anch'io me n'ero andato, stavolta mamma difficilmente avrebbe retto. Perdere due figli a così poca distanza sarebbe stato troppo anche per lei pur essendo, insieme a Cassie, una delle donne più forti che conoscessi. La mia mamma, forse non l'avrei più rivista. E anche papà. E i miei fratelli che sì erano degli idioti, ma erano i miei idioti preferiti. Al pensiero mi si riempirono gli occhi di lacrime, Cassie se ne accorse e mi abbracciò di nuovo. Stavolta mi lasciai stritolare senza problemi.

"Almeno io e te siamo insieme." le dissi.

Nel mentre sentii dei passi avvicinarsi al tavolo e un uomo ci rivolse un sorriso gentile "Cassie, vedo che tuo fratello è arrivato, adesso puoi smetterla di allagare le zuppe."

Vidi mia sorella sorridere alle parole dell'uomo, per qualcosa noto soltanto a loro due. Poi lui si rivolse a me "Io sono Jack, il proprietario di questo luogo, benvenuto. Qui si raccontano storie, ne hai qualcuna per me?"

Nel mentre che parlava depositò davanti a noi cibi e bevande. Beh, almeno adesso speravo di potermi ingozzare senza il rischio di ingrassare, fare indigestione o strozzare. Una storia diceva...io ne avevo tante, ma da quale cominciare?

Lanciai un'occhiata ad Arthur, stupendomi ancora della sua somiglianza con la luce gemella del mio amico luminoso. Anche se a guardarlo meglio non era del tutto identico e io forse avevo un raffronto, anche se non lo ritenevo troppo attendibile perché frutto di un sogno.

"Sì, ti racconterò del sogno più assurdo che abbia mai fatto..."

[Giu]

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