IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (S...

By Innkeeper19

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Venite anche voi nella nostra accogliente locanda! Qui si avvicendano avventori di ogni tipo, venite a senti... More

Il Manifesto
Prologo
I- Un nuovo lavoro (parte 1)
I- Un nuovo lavoro (parte 2)
I- Un nuovo lavoro (parte 3)
I- Un nuovo lavoro (parte 4)
II- Una notte buia e tempestosa
III - La Tessitrice di Storie
IV- Michele
V- Distopia artistica
VI- Sangue e Ingranaggi (parte 1)
VI- Sangue e Ingranaggi (parte 2)
VII-Il Tomo (parte 1)
VII-Il Tomo (parte 2)
VIII-L'Altra metà
IX- Oscurità Letale
X- Wittgenstein
XI- Un'arma per colpire in due direzioni
XII- La Cromanzia
XIII- Troppo Rattiani
XIV- L'Inganno (parte 1)
XIV- L'Inganno (parte 2)
XV- Io sono Legione
XVI- Avevo una casa nella luce (parte 1)
XVI- Avevo una casa nella luce (parte 2)
XVII - Se uno è idiota è idiota anche in compagnia
XVIII- Il sogno (parte 1)
XVIII- Il sogno (parte 2)
XIX- Impronte
XX- Influenza letale
XXI- Araldo della Luce (parte 2)
XXI- Araldo della Luce (parte 3)

XXI-Araldo della Luce (parte 1)

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By Innkeeper19

Mi trovavo in quella locanda da un po' ormai e, seppur non avessi un motivo preciso per rimanervi, sentivo che c'era qualcosa che mi tratteneva. E non era l'ottimo cibo o la presenza di individui interessanti. Piuttosto sembrava che io lì avessi qualcosa da fare. Ho impiegato un po' di tempo a capire, ma dopo essermi guardato attentamente intorno osservando gli altri avventori mi sono reso conto di cosa mi tratteneva: io avevo una storia da raccontare. Tutto intorno a me riuscivo con chiarezza a sentire la magia che permeava ogni anfratto di quel luogo e non mi sembrava affatto improbabile che fosse proprio tale magia a trattenermi, seppur gentilmente. 

Una sera mi avvicinai al tavolo dove si trovavano un paio di avventori che, stando alle loro storie, sentivo particolarmente affini. Non avevo il preciso intento di raccontare parte della mia storia, volevo solo iniziare a fare qualche conoscenza lì al Bivacco. 

"Buonasera ragazzi!" esclamai con il tono più affabile che riuscii a produrre. Temo che i risultati furono un po' scarsi, dato il tono inizialmente incerto dei due nel rispondermi. A guardarli da vicino era davvero sorprendente la somiglianza fra i due, cosa sospettabile considerando che erano fratelli gemelli. Il primo a riprendersi fu il maschio, il quale si rivelò, in breve tempo, essere il più socievole fra i due. 

"Non credo che ci siamo mai presentati finora!" esclamò il ragazzo. "Io sono Joseph e lei è mia sorella Cassie! Tu come ti chiami?" 

Nel frattempo la sorella aveva assunto la classica espressione insofferente di chi riconosce un comportamento abituale, e fastidioso, in un conoscente. 

"Mi chiamo Enksan" risposi io. "Posso farvi compagnia?"

"Certo!" rispose immediatamente Joseph, senza chiedere il consenso alla sorella, la quale glielo notificò con un occhiata leggermente stizzita, che io notai, al contrario del diretto interessato. Una volta seduto cercai di avviare una conversazione dicendo:

"Ho sentito dire che siete dei cacciatori di mostri... quindi potremmo dire che siamo in qualche modo colleghi..."

"Ah sì?" l'espressione genuinamente interessata di Joseph cozzava pesantemente con quella di malcelata diffidenza della sorella. 

"Diciamo che nel mio caso non è stata propriamente una scelta, quanto una questione di sopravvivenza. All'improvviso mi sono ritrovato ad essere l'unico in grado di poter combattere ad armi pari l'oscurità che ammorbava il nostro mondo."

"Dai racconta, sono curioso anche io!" sentii una voce alle mie spalle e voltandomi vidi Jack, uno dei locandieri, che se ne stava lì in piedi con un lieve sorriso sulle labbra. Non lo avevo sentito arrivare, ma, a quanto pareva, era caratteristica comune dei locandieri del Bivacco quella di muoversi con discrezione. Ormai ero in ballo e mi toccava ballare. Presi un bel respiro prima di iniziare: quello che stavo per rievocare era stato uno dei periodi più bui e allo stesso tempo più decisivi della mia intera vita. Ma spesso è dalle tragedie peggiori che nascono i mutamenti più profondi.

"E' un mondo freddo  quello da cui provengo, sia in senso letterale che metaforico. Dominato da una paura opprimente come il velo plumbeo che ricopriva costantemente l'intera volta celeste impedendo al sole di riscaldarlo e illuminarlo.
Ma non era sempre stato così, prima il mondo era un posto luminoso, la gente poteva aspirare ad essere felice e a fare il bene. Poi è arrivata quella che abbiamo chiamato 'la Piaga'. Tale nome era stato scelto non tanto perché fosse una malattia vera e propria, quanto perché si diffondeva come tale. Quando qualcuno veniva 'contagiato', quanto c'era di peggiore nel suo animo fuoriusciva: il male latente che ciascuno di noi ha dentro prendeva il controllo.

E non è tutto. Insieme alla Piaga sono giunti anche loro, gli Empi, coloro che sono diventati i signori incontrastati delle nostre terre. Non si sa di preciso chi o cosa fossero, ma nel tempo era divenuta credenza comune che in qualche modo fossero stati loro artefici della catastrofe che ci aveva colpiti. Ma forse, anche se in modo diverso, erano delle vittime anche loro. L'unica cosa certa era che loro fossero in grado di controllare le vittime della piaga, piegandole al loro volere con una sorta di malia che ne ammorbava e condizionava le menti più di quanto non lo fossero normalmente."

Mentre raccontavo i volti dei miei interlocutori si erano fatti seri e assorti, forse non si aspettavano una storia dal carattere così cupo. Cassie mi rivolse parola per la prima volta chiedendomi:

"Hai detto che chi veniva colpito dalla piaga diveniva preda del male che aveva dentro, cosa intendevi? Cosa facevano di preciso?"

"L'effetto più evidente era la perdita di ogni tipo di freno. Gli stupri, ad esempio, erano divenuti quasi all'ordine del giorno, senza distinzione di sesso od età."

Un brivido silenzioso passò sulle spalle di Jack.

"E questo era solo la punta dell'iceberg. Se prima poteva esserci almeno la parvenza del rispetto fra di noi, dopo la piaga ogni sorta di violenza e discriminazione prese il sopravvento. Sanguinose faide si consumavano quotidianamente. Bastava una semplice divergenza di opinioni per scatenare odio e violenza, talvolta anche omicidi. A pensarci forse una cosa positiva in tutto questo c'è stata: se prima eravamo tutti divisi in regni più o meno grandi che spesso si scontravano per i motivi più banali, dopo la Piaga avevamo trovato l'unità nell'odio e nella violenza" conclusi in tono ironico la mia risposta alla domanda di Cassie. Per poi riprendere:

"Immagino che a questo punto vi chiederete che ruolo ho avuto io in tutto questo... Io ero alla guida di una delle poche, e ovviamente perseguitate, comunità che per qualche motivo riuscivano a sopravvivere alla Piaga. Con me c'erano molti miei amici, incluso Gabyll, praticamente un fratello per me, il quale era praticamente il mio braccio destro e mi aiutava a mantenere unito il gruppo. Al momento non entrerò nei dettagli del come ci siamo riusciti, fatto sta che ci siamo imbattuti in una specie di profezia che sembrava descrivere senza carenza di dettagli i tempi bui che stavamo vivendo. Inoltre parlava di alcune figure leggendarie che potevano riportare l'ordine del nostro mondo: gli Ireas. Stando alla profezia essi erano gli unici in grado di poter combattere ad armi pari contro gli Empi. Alla fine del testo veniva riportato il modo in cui qualcuno poteva divenire un Ireas. Si trattava di superare una prova: l'aspirante doveva riuscire a raggiungere la vetta del monte Tellan, il più alto del mio mondo, impresa nella quale nessuno era mai riuscito durante i Tempi Noti. Non si sapeva cosa ci fosse lassù. Una volta in cima, il candidato avrebbe dovuto adempiere a una qualche sorta di rito, che la profezia però non spiegava. 

Il candidato a diventare un Ireas era colui che portava l'Ancora Infuocata. Inizialmente non potevo crederci, non mi sembrava nemmeno possibile. Eppure era proprio un'ancora quella che appariva nello stemma della mia famiglia. Sembrava che fossi proprio io ad essere destinato a divenire un Ireas.

"Stai fantasticando Enksan" disse Gabyll in quell'occasione. "Questa pergamena è solo un pezzo di carta scritto da qualche pazzo delirante. Gli Ireas sono una leggenda, nient'altro."

"Forse hai ragione Gabyll. Ma c'è una cosa a cui non riesco a non pensare... Fino a qualche tempo fa credevamo che il male fosse una cosa relativa, un concetto astratto, e che una cosa come la Piaga non fosse possibile in alcun modo. Non potrebbe essere la stessa cosa anche per questa 'profezia'? A pensarci, forse non è nemmeno un caso che siamo stati noi a trovarla. Pensaci. Se fosse vero potremmo fare la differenza!"

Gabyll rimase assorto a soppesare le mie parole per qualche secondo, prima di rispondere:

"Io credo che ci siano ancora tante cose che dobbiamo capire della Piaga. Non ne sappiamo abbastanza... potrebbe non essere come sembra." Dopo qualche altro istante di silenzio aggiunse:

"Enksan, io lo so che se tu avessi il potere per cambiare le cose lo faresti. Ti caricheresti senza scrupoli il peso del  mondo sulle spalle. Ma stai già facendo tanto: hai dato una luce di speranza a noi quando eravamo persi nell'oscurità. Stai già lasciando una traccia nel mondo."

Con queste parole la faccenda della profezia venne più o meno archiviata. Ma poi successe qualcosa che cambiò drasticamente le carte in tavola. Ai tempi non avrei saputo dire se fu a causa di uno dei soliti raptus di isteria collettiva, o se ci fosse altro dietro. Fatto sta che, una notte, il campo, in cui vivevamo emarginati dal resto della cosiddetta società, venne attaccato da un gruppo di persone, chiaramente affette dalla Piaga, armate di torce, forconi e randelli. Non era la prima volta che capitava una cosa del genere, spesso noi 'diversi' venivamo aggrediti e scacciati dai luoghi in cui vivevamo senza alcun motivo, noi non avevamo posto lì secondo loro. Tuttavia adesso posso affermare con quasi completa certezza che quell'aggressione aveva molto a che fare con il nostro ritrovamento della profezia. Durante l'attacco tutti i miei compagni vennero catturati e fatti prigionieri, incluso Gabyll. Io riuscii a scamparla per la semplice fortuna di essermi allontanato dal campo per andare a caccia. Rimasto solo e disperato iniziai a vedere la profezia sotto una luce diversa. Forse il mio essere sfuggito all'attacco e alla cattura non era frutto di un semplice caso, forse potevo veramente avere il potere per fare qualcosa e liberare i miei amici, e forse anche il resto del mondo. La tragedia che ci aveva colpiti non mi lasciava altra scelta: dovevo affrontare la prova.


[Lightning]

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