Burn Slow

By Fuoco01

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2 BOOK Sono passati tre anni dal primo e ultimo caso risolto da Mya insieme al suo ormai ex partner Connor H... More

Prologue
1. Deal
2. San Francisco
3. Lights Years From Me
4. Whatever You Want
5. Please, Stay
6. Interrogation
7. Go Home
8. Hug
10. Bullet
11. Kwan
12. Birthday Man
13. Feels
14. I Know What You Feel
15. Spit Poison
16. It's Not Your Fault
17. Trap
Epilogue

9. Normal Friends

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By Fuoco01

8 Giugno
Ore 14:23

«Hei» una piccola mano tiepida le scosse la spalla delicatamente. «Mya sei.. sei viva?»
Aprì gli occhi trovando davanti a sé il buio più totale, sbatté un paio di volte gli occhi, respirando a fatica. Scoprì un attimo dopo che faticava a inspirare per via del cuscino sopra la testa e i naso schiacciato contro il materasso.
Aveva tutti i muscoli indolenziti, i piedi e le gambe più che altro, a causa degli stivali alti che portava la notte prima. Distese i muscoli sentendo un brivido lungo la gamba.
«Okay, sei viva» concluse Kwan sollevato, Mya avvertì il sorriso sulle labbra del ragazzo, il che la mise di buon umore. Scostò il cuscino rivelando un po' di luce. Aveva ancora le serrande della camera sigillate, ma riusciva a distinguere Kwan seduto sul bordo del letto.

«Kwan..» salutò il ragazzo con voce impastata.

«Non è per te far serata, eh?» chiese lui retoricamente, accompagnando la domanda a una risata divertita.

«No, direi di no» si sedette poggiando la schiena contro la tastiera del letto. «Che ora è?» chiese sbadigliando.

«Due e mezza.»

Strabuzzò gli occhi svegliandosi all'improvviso. «Due e mezza?!»
Si tolse il lenzuolo di dosso che finì in faccia a Kwan. Si alzò prendendo della roba pulita dall'armadio per poi avviarsi verso la porta di camera sua. Si fermò ricordandosi del ragazzo seduto sul suo letto con ancora il lenzuolo in faccia.
Rise avvicinandosi all'asiatico per poi liberarlo dal lenzuolo. «Scusa» disse imbarazzata per per poi andare in bagno a farsi una doccia che si era detta di fare la sera prima.

Mezz'ora dopo uscì dalla doccia avvolta dal vapore. Si coprì il corpo nudo in un'asciugamano e si strizzò i capelli liberandoli dall'acqua in eccesso. Le ci voleva una bella doccia che andava a distendere tutti i muscoli, anche se era ancora disorientata dalla lunga dormita che si era fatta quella notte, ma non rimaneva sveglia tutta la notte per colpa di un caso da anni. Anche se a dire il vero la vera stanchezza le abitava la testa, non il corpo. Avevano ricavato molte prove ore prima e a pensare ciò che sarebbe venuto dopo non le dava poi così tanto sollievo. Pensò a quel tipo, Trevor, e a come doveva riacquistare la sua fiducia. Non si erano lasciati in buoni rapporti e non c'era tempo per entrare nelle grazie di qualche altro suo amico. Avrebbe dovuto ingannarlo per bene, forse spingersi oltre.
Sbuffò arrendendosi a quel pensiero.

Qualcuno bussò alla porta.
«Mya» era Connor.

Pensò all'abbraccio di quella notte, e di quanto entrambi, in fondo, ne avessero avuto il bisogno. Sorrise meditando che tra di loro non ci sarebbe stato più nessun imbarazzo o incomprensione. O almeno, secondo i loro normali standard.

«Sì?»

«Hai finito? Chi ha progettato questa villa era un coglione. Potrà mai fare un solo bagno?» chiese Connor riflettendo tra sé e sé.

Mya rise a quelle parole. «Okay, dammi cinque minuti.»

Cinque minuti dopo aprì la porta del bagno, trovando Connor poggiato alla ringhiera delle scale.
Sorrise appena la vide. Un gesto che fece balzare il cuore di Mya. «Potevi dormire ancora un po', tanto non abbiamo nulla da fare qui.»

«Ah-ah. Sono operativa ora, giuro.»
Connor le passò accanto, o meglio, la sfiorò, per entrare in bagno. Le rivolse un sorriso sghembo prima di chiudere la porta del bagno in faccia a Mya che era rimasta tutto il tempo ferma a guardarlo.
Era stato strano, e anche imbarazzante, pensò lei prima di scendere le scale che portavano direttamente in salotto. I suoi colleghi la salutarono calorosamente, lanciandole battute sulla sua tendenza a dormire sin troppo, quando faceva tardi la notte.
«Okay, ho capito, ho dormito molto. Adesso parliamo di cose serie per favore?»

«Ci togli tutto il divertimento, però» si lamentò Kwan storcendo il naso. Mya gli lanciò un'occhiataccia, il ragazzo capì che doveva cambiare immediatamente argomento.
«Va bene, ehm.. prima di tutto, ottimo lavoro ragazze, ieri sera siete state straordinarie. Avete raccolto un sacco di prove che gli incriminano non soltanto nelle gare, ma anche nello spaccio di droghe.»

«Ci credete che l'LSD è considerata una droga leggera?» interruppe Leah ancora scandalizzata da ieri sera, alla richiesta di Mya di uno spacciatore di droghe leggere.

«Purtroppo da queste parti se ne ha a che fare più di quanto immaginate» disse Hazel con aria sconfitta.

«Questa cosa potrebbe esserci utile» disse Mya illuminandosi.

«Potrei andare alla centrale e scoprire di più su questo spacciatore. Avete indizi?»

Leah scosse il capo. «Purtroppo no, era incappucciato, era abbastanza minuto e gobbo, ma non credo che possa esserti molto utile.»

«Se questa persona ha precedenti allora lo troveremo, ti ricordo che segniamo qualsiasi caratteristica che possa essere significativa» ribatté Hazel con tono serio.

A quel punto Kwan riprese a parlare. «Bene, Hazel tu puoi recarti alla centrale oggi. Nel frattempo che Leah e Mya hanno raccolto prove di altre attività illegali io e Connor abbiamo pensato alle macchine del gruppo di Gudrun, abbiamo posizionato microspie in alcune di esse, quindi resterò tutto il giorno in camera a tenere sott'occhio i loro movimenti.»

«Come al solito» commentò Connor scendendo le scale unendosi poi ai colleghi.

«È sicuro? E se le rintracciano?» chiese Hazel preoccupata che il loro piano, semplice ma efficace, potesse andare in fumo.

«Probabilmente lo faranno» disse Kwan deludendo le aspettative di una qualche frase di conforto e incoraggiamento, «Ma ci vorrà qualche giorno prima che i ragazzi mettano le mani sulle loro macchine. Le abbiamo viste, io e Connor, e fidatevi, la mia bici di terza elementare batterebbe tutte loro.»

Quella frase che sarebbe dovuta suonare come una battuta fece intendere a Mya che non gareggiassero mai con quelle macchine, o forse non gareggiassero mai i ragazzi in generale.

«Ma perché non hai agito direttamente sulla Huracan di Gudrun?» chiese ancora Hazel.

«E' stato impossibile avvicinarci senza che nessuno ci vedesse e non notasse qualcosa di strano. E poi sarebbe stato più pericoloso, quella macchina la verniciano e ritoccano ogni settimana»

In quel momento Mya si illuminò e allarmò allo stesso momento. «Quindi Kwan, se dovessimo trovare prima ancora di questa settimana i garage in cui si effettuano questi ritocchi illegali e tutte le loro macchine coi rispettivi proprietari, potremmo chiudere ancor prima questo caso, arrestando tutti insieme?» sapeva benissimo che era bizzarro e sin troppo irrealistico, ma il pensiero che l'aveva fatta allarmare riguardava Lucas - che non lo sentiva da due giorni perché si era dimenticata di anche solo sfiorare il telefono - e il matrimonio.

La reazione di tutti fu al quanto esilarante, ma le distrusse quella minima speranza che si era creata dentro di sé.

Hazel rise osservando Leah alzare gli occhi al cielo. Mentre Connor abbassò il capo scuotendolo leggermente, non potendo credere a quelle parole.

«Hei hei, calma scheggia!» disse invece Kwan alzando le braccia in segno di difesa. «Sarebbe troppo bello, ma non possibile. Opterei per andare almeno una seconda volta alle gare, per vedere se vi sono nuove macchine in ballo o altre azioni illegali... qualcuno di voi aveva anche visto persone fare scommesse, era.. ah già, tu Connor, eri con me, che stupido» disse Kwan imbarazzato mentre Connor gli si avvicinò tirandogli una pacca scherzosa sul collo.

Mya non aveva mai pensato al rapporto che avessero potuto avere quei due ma, nonostante la differenza di età e di carattere, i due sembravano trovarsi abbastanza in sintonia con la compagnia dell'altro. A Kwan gli si illuminavano gli occhi ogni volta che era con Connor e quest'ultimo sembrava trovare divertente il ragazzo, nonostante alzasse gli occhi al cielo ogni due secondi e gli tirava colpetti alla base del collo.

«Quindi quale sarà il prossimo passo?» chiese la detective rallegrata dal pensiero di quei due che andassero d'accordo.

«Mentre Kwan monitora il gruppo di Gudrun e Hazel è alla centrale, io preparerei il primo rapporto, non ci sarebbe molto altro da fare se non aspettare che salti fuori qualcosa» concluse Leah.
Aspettare, una cosa che Mya odiava fare in questi casi, ma una procedura tanto importante quanto l'azione.
Mentre i presenti si dispersero per andare a compiere ognuno il proprio dovere - o almeno, chi aveva qualcosa da fare - Mya venne fermata da Leah.
«Ottimo lavoro questa notte, davvero, mi spiace per come sia finita però.»

«Già, spero di riuscire a recuperare il rapporto la prossima volta, se mai ci sarà una prossima volta.»

Leah le sorrise. «Sono certa che ci sarà, ma ti devo chiedere di spingerti più oltre, e così farò anche io.» assunse poi uno sguardo sovrappensiero «So che c'è altro, oltre la droga e le macchine, lavoro all'FBI da abbastanza tempo da capire che ogni caso che mi affidano ha qualcosa di ancora più losco, come se fosse fatto apposta.»

A quelle parole Mya rabbrividì, trovandole fosche ma allo stesso tempo veritiere. Il lavoro di un detective andava oltre a ciò che tutti pensavano, non era solo indagare o arrestare. Molto spesso assistevi a scenari macabri che mai avresti pensato ti trovarti di fronte, o mai avresti pensato potessero anche solo esistere. Di certo, chi faceva quel mestiere, doveva avere nervi saldi e stomaco di ferro.

«Mya» Connor ritornò in soggiorno, ma questa volta con sguardo duro. Aveva uno sguardo tagliente, la mascella stretta forte e i muscoli di questa a guizzare ogni volta che Connor stringeva di più i denti. In mano aveva il suo telefono, aveva il braccio alzato per sventolare l'oggetto in aria. «È per te.»

Quelle parole le presero lo stomaco stringendolo in una morsa. Non aveva bisogno che gli specificasse chi avesse chiamato, lo sguardo freddo di Connor e il tono della sua voce diceva abbastanza, per non parlare della sensazione che provava in quel momento Mya, ansia mista a paura. Sapeva che Lucas, la prima cosa che avrebbe fatto appena lei avesse risposto dal telefono di Connor, sarebbe stata urlare.
Si avvicinò all'uomo davanti a sé cercando di non far trapelare le sue emozioni, gli prese il telefono dalle mani allontanandosi verso la cucina cercando un po' di privacy.

«P-pronto?»

«Ma dove cazzo sei?!» e, come aveva predetto, la voce di Lucas le tuonò nell'orecchio destro, carico di rabbia. «Perché cazzo non rispondi alle mie chiamate e ai messaggi? Ti cercavo! Tua mamma e tuo papà ti cercavano! Sei completamente sparita dalla circolazione e il tuo telefono si è pure spento a un certo punto, Mya!» poteva immaginare il suo viso in quel momento: rosso di rabbia - perché quando si arrabbiava, la prima cosa che cambiava in lui era il colore della pelle bianca - e la mano tra i capelli, pronto a scaricare tutto su di loro. Era solito tirarseli quando era al limite della rabbia.

«Lo so, scusa, mi spiace» disse lei cercando di tenere un tono basso per non attirare l'attenzione su di se.

«E poi da chi devo sentire la tua voce, da chi? Dal telefono di quell'altro coglione di Connor Hill!»
Quel commento completamente a caso, fatto solamente per scaricare la sua rabbia su qualcuno con cui ce l'avesse già, la fece stizzire.

«Ho detto che mi spiace, e se non ti ho chiamato è perché ho avuto molto da fare, tutto qui.»

Quel tono piatto fece zittire Lucas che, dall'altro capo del telefono, iniziò a tartagliare. «U-uhm...» non aggiunse altro perché spiazzato dal tono di Mya.

Sapeva benissimo che Lucas, quando voleva, era testa calda, ma lo aveva sempre lasciato sfogare, insultando tutti e tutto perché credeva fosse l'unico modo per farlo calmare e quindi tacere subito dopo. Ma quell'insulto casuale l'aveva colpita dritta al petto sollevando la leva in lei che l'aveva sempre fatta star zitta a subire le sue urla dedicate a qualsiasi essere umano lo circondasse. «Più tardi chiamerò i miei, ma adesso non ho tempo.»
Non vi era mai stata così tanta tensione tra i due, quella risposta che né Lucas e né Mya stessa si aspettavano, presto il tutto sfociò in imbarazzo, velato ancora da un leggero strato di indispettimento da parte della detective.
Molto presto non riuscì più a sopportare il silenzio che si era creato tra i due.
«Senti, d-devo andare. Mi faccio sentire io.»

«Oh, okay..okay, va bene» farfugliò Lucas ancora scosso.

Mya lo salutò velocemente prima di staccare la telefonata. Tolse il telefono da davanti all'orecchio facendo ricadere la mano lungo il fianco. Sospirò buttando fuori dal corpo tutta l'ansia e il nervoso che aveva accumulato in così poco tempo.

«Guai in paradiso?» disse ironicamente Connor che era rimasto poggiato allo stipite della cucina tutto il tempo.

Mya si girò verso la voce, spaventata da quell'improvvisa interruzione. «Potresti usare una battuta un po' più moderna almeno, se proprio devi origliare le mie chiamate?»

«Non stavo origliando» disse lui con l'aria di qualcuno che avesse origliato e che non aveva nessuna paura ad ammetterlo. Si mosse verso il frigo aprendolo, per poi prendere una bottiglia d'acqua e scolarsene un quarto.

«Non è molto educato»

«Non è molto educato non rispondere alle chiamate del proprio marito» ribatté lui, facendola tentennare un attimo nel rispondere.

«Avevamo un sacco da fare, come potevo chiamarlo!»

«Mh-mh» Connor non credeva a una parola di ciò che lei stesse dicendo.

Il che la fece spazientire. «Al diavolo, non ti devo spiegazioni.»

«E dai, ti sto solo prendendo un po' in giro!» esclamò lui ridendo allargando le braccia, una mano a tenere la bottiglia d'acqua.
In qualsiasi altro contesto probabilmente avrebbe riso, ma Lucas era serio, serissimo quando le urlava al telefono mentre insultava anche l'uomo che lei ora aveva di fronte.

Sospirò andandosi a sedere al tavolo della cucina, di fronte a Connor. «Non sono in vena, Hill.»

Lui storse il naso. «Okay, okay. Peccato, mi stavo divertendo.»

Le lanciò uno sguardo di chi stesse aspettando una reazione. Lei lo guardò con aria di rimprovero... che però non riuscì a tenere a lungo. «Ahh, quanto sei stupido!»

I due risero insieme, dimenticandosi della tensione che avevano percepito durante quella telefonata.

«Avanti, dillo che ti ero mancato» allungò il braccio verso l'altro capo del tavolo, spingendo scherzosamente quello di lei.

«Non ti darò mai questa soddisfazione»

Lui sorrise vittorioso. «Be' questa frase mi fa capire che sì, ti ero mancato. Sei solo troppo orgogliosa per ammetterlo.»

«E tu sei troppo sicuro di te.»

Connor si sistemò sulla sedia, protraendo il corpo verso Mya. «Comunque, come va col biondino? Come mai questa sfuriata? Solo per quello?»

Lei lo guardò basita. «Cos- ma che sono queste domande adesso?!»

«Che domande?»

«Ma sei scemo? Queste! Queste domande!» esclamò lei indicando lo spazio che vi era tra loro due. «Perché adesso mi chiedi di Lucas? Lo hai sempre odiato»

«Voglio solo fare le stesse domande che farebbe un amico! Non so se lo hai capito, ma voglio un rapporto stabile, da amici normali.»
Le parole "amici" e "normali" non rientravano nel loro rapporto standard. Sapeva sin dagli inizi della loro collaborazione che il loro non sarebbe stato un rapporto normale.
Non riusciva a vedere lei l'uomo che aveva seduto di fronte a sé a bere e chiacchierare come amici normali, anche se lo avevano già fatto in passato, ma c'era sempre stato qualcosa tra di loro che a un certo punto aveva distorto il tutto rendendolo più intenso, strano. E questo non succedeva con gli amici.
Sapeva in cuor suo che gli amici non si guardavano come lei e Connor facevano, ma non riusciva a spiegarsi il loro rapporto, non era neanche qualcosa che si faceva tra amanti. Era..inspiegabile, ma sapeva per certo e a malincuore che Connor non sarebbe mai stato un suo "amico normale".
E neanche gli avrebbe mai parlato di lei e Lucas come se i due non si fossero mai odiati e non fossero mai stati a un passo da uno scontro fisico. Si sarebbe sentita tremendamente a disagio.
Si alzò dalla sedia uscendo dalla cucina sotto lo sguardo stranito di Connor.
«Hei, ma.. dove vai ora?»

«Il più lontano possibile da queste domande» urlò in modo tale che potesse sentirlo.

Nonostante la chiamata di poco prima, le urla di Lucas, il tono stizzito di lei e l'imbarazzo creatosi subito dopo che le avrebbero dato molto da pensare, uscì da quella cucina con un sorriso dipinto sulle labbra.

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