¡Mala Mía!paulo dybala

Oleh basiqally

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Fe Jazmín conosce Paulo ad una festa in paese e, da allora, non ne può più fare a meno 12/31/18: #1 football ... Lebih Banyak

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epílogo
ringraziamenti
missing moments: 1, no corras
missing moments: 2, talking helps a lot
missing moments: 3, mira quien volviò!
missing moments: 4, quien es la otra?
missing moments: 5, concluir algo con él
missing moments: 6
missing moments: 7
missing moments: 8
missing moments: 9
missing moments:10, quella foto di noi due

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Oleh basiqally

«Oh cazzo» sospiro, cercando di non farmi sentire da nessuno nell'appartamento. Mi alzo dal divano, dirigendomi verso Paulo e una delle persone che temo di più.

«Ciao Fe» la sua voce sembra non essere fredda come l'ultima volta che l'ho sentita, e questo mi rassicura un po', ma si vede che mi saluta solo perché è una persona educata.

«Alicia, quanto tempo» sfodero uno dei miei migliori sorrisi finti, cercando di farle capire quanto poco sia felice di vederla. E penso che il sentimento sia reciproco, visto che l'ultima volta che ci siamo ritrovate nella stessa stanza la sua voglia di uccidermi e poi fare a pezzi il mio cadavere per nasconderlo meglio era ancora alle stelle.

«Non molto in realtà, poco più di un mese» dice il ragazzo, per poi tossire, abbastanza divertito dalla situazione. La donna si fa tranquillamente strada nell'appartamento per poi sedersi ad una delle sedie del tavolo della cucina.

«Sei un masochista» sibilo a denti stretti. Lui sorride serenamente e mi fa cenno con la testa di raggiungere la madre. Mi siedo davanti a lei e poggio le braccia sul tavolo, intrecciando le dita.

«Paulo mi ha detto che eri tornata, quindi sono passata a farvi visita» annuncia Alicia con un sorriso smagliante. Strano, sembra non ci siano doppi fini.

«Non hai intenzione di tagliarmi a pezzettini e poi mettermi nel frigo?» mi faccio scappare. Il ragazzo ridacchia e posa una mano sulla mia spalla, facendomi sentire la sua presenza dietro di me.

«No» ridacchia, portandosi i capelli corti lontano dal viso pulito e sistemandosi gli occhiali in imbarazzo.

«Nemmeno di uccidermi e poi dare il mio corpo in pasto ad Abba?» alzo un sopracciglio, sperando veramente che non dica di sì.

«Non darei mai il tuo corpo in pasto ad Abba, povero cagnolino» alzo gli occhi al cielo e guardo Paulo per cercare di fargli capire che questa missione è un completo fallimento.

«Mamma» la richiama lui, facendola focalizzare sul vero motivo per cui è venuta qui.

«Fe Jazmín» annuncia Alicia, guardando prima il figlio e poi me. Il suo sguardo non sembra essere più tagliente come un coltello, ma adesso si potrebbe associare di più ad un paio di forbici con la punta arrotondata.

«Alicia» dico io, rendendo tutta questa situazione molto più ridicola. Sembra quasi un duello nel Far West e mi stupisco che Paulo non stia ancora morendo dal ridere.

«Mamma» ripete lui, interrompendo il nostro scambio di sguardi. Se i suoi sono confusi sul da farsi, i miei lo sono ancora di più.

Alicia sospira, giocando un po' con le sue chiavi di casa prima di alzare lo sguardo e guardarmi negli occhi.

«Mi dispiace per come ti ho trattato, è stato meschino da parte mia e un comportamento assolutamente non adatto a una donna adulta quale sono. Ti prego di scusarmi» il tutto sembra più una supplica che una semplice frase di scuse, e sto per dirle di non penare così tanto quando ricomincia a parlare.

«Paulo mi aveva parlato molto di te prima che tu venissi qui per Natale e io ti avevo immaginata come una donna giovane, nel fiore degli anni con grandi prospettive davanti, quando in realtà ti sei presentata a me come una semplice ragazzina di diciannove che aveva appena finito di fare gli esami per il diploma. Cerca di metterti nei miei panni, sei anni sono tanti, sono praticamente una barriera insuperabile, uno scudo galattico, il masso davanti alla grotta in cui è stato sepolto Gesù» Paulo la interrompe e la sua mano si stringe sulla mia spalla.

«Mamma» dice, poi scuote la testa per dirle di smetterla con le similitudini assurde.

«Ti ho trattato male un po' perché volevo vedere se saresti rimasta con lui o se alla prima difficoltà l'avresti lasciato, un po' perché mi diverto a spaventare le ragazzine almeno un pochettino prima di far vedere loro le foto di Paulo quando aveva ancora i capelli come Justin Bieber e Zac Efron all'inizio degli anni duemila» Alicia viene interrotta di nuovo dal figlio, probabilmente in imbarazzo.

«E dai, mamma, ti sembra il caso?» esclama, la voce rotta e le guance rosse per l'imbarazzo crescente. Poso la mano sulla sua, che mi sta accarezzando la spalla, per calmarlo un po'.

«No, falla andare avanti» io e la donna seduta davanti a me ci scambiamo degli sguardi ostili, poi decidiamo, insieme, di deporre le armi.

«Quello che hai fatto, l'hai fatto perché volevi semplicemente vedere a modo tuo se sto con Paulo solo per i soldi o cose del genere?» le chiedo, cercando di capire il più possibile il suo punto di vista.

«Non totalmente, un po' mi stavi veramente antipatica» ammette serenamente, come se stesse dicendo che oggi fa freddo o mi stesse chiedendo se abbiamo del latte in casa.

«Apprezzo la sincerità» sospiro, annuendo, come a confermare il fatto che sto accettando le sue scuse al cento percento.

Allunga la sua mano destra sopra il tavolo, un po' insicura sul da farsi, ma io mi affretto a stringergliela e lei sorride grata, mentre Paulo sembra essere un bambino la mattina di Natale.

«E poi ho visto che hai pulito, questo tavolo è veramente scintillante» si complimenta, guardando il piano chiaro. Io faccio schioccare la lingua sul palato e alzo lo sguardo verso Paulo, che a stento trattiene le risate.

«Grazie» rispondo semplicemente. Forse se sapesse che proprio ieri io e il suo adorato bambino abbiamo scopato su questo tavolo ci farebbe arrivare ogni giorno una nuova bottiglietta di acqua santa e verrebbe personalmente a disinfettare qualsiasi superficie piana della casa.

«Quindi adesso che ne dici di mostrarmi quelle foto imbarazzanti di Paulo di cui mi parlavi prima?» le chiedo, beffandomi bellamente delle guance rosse dall'imbarazzo del diretto interessato.

«Mamma! Non è che vuoi andare a vedere come abbiamo sistemato la camera degli ospiti in uno studio?» si allontana da me per accompagnare la madre in corridoio e assicurarsi che vada veramente dove gli aveva detto lui.

Torna in soggiorno e si lascia cadere sul divano, indicando il posto libero e facendomi cenno di raggiungerlo. Mi siedo accanto a lui e poso la testa sul suo petto, per poi intrecciare le gambe con le sue.

«Questa veramente non me l'aspettavo, Dybala. Cos'è, un regalo di Natale in ritardo?» mormoro, mantenendo un tono di voce basso per evitare che mi senta sua madre dall'altra stanza. Lui scrolla le spalle.

«Le ho parlato appena è tornata a Torino, qualche giorno fa, dicendole chiaramente cosa pensavo del suo comportamento: che era infantile e che ti aveva offeso più e più volte» mi accarezza i capelli sulla nuca, per poi passare a quelli sulla schiena.

«E lei come ha risposto?» chiedo con un malcelato interesse. Non può essere che ha semplicemente accettato la cosa, non è da lei.

«Ha detto che era una follia per me stare con una ragazza così piccola e che stavo delirando. L'ho fatta sedere e le ho elencato tutti i motivi per cui stiamo insieme, escludendo il tuo culo spaziale e le tue tette ultra galattiche» alzo gli occhi al cielo e lui ridacchia.

«Lei ha sospirato e ha detto che avrebbe provato ad avere una relazione umana con te, senza pregiudizi o altro, e così ha fatto» dice molto semplicemente, come se non fosse niente.

«Grazie» sorrido teneramente quando mi chiede un bacio in cambio dell'enorme favore che mi ha fatto, e io glielo do volentieri.

Alicia si schiarisce la voce, facendomi sobbalzare e allontanare da lui. Anche se questa volta siamo entrambi vestiti, mi sembra di essere più in imbarazzo della volta in cui ci ha interrotto mentre eravamo entrambi quasi nudi nel letto.

«Cos'è questo rumore?» chiede subito la donna, facendoci stare in silenzio un attimo finché non si sente distintamente il suono di una suoneria del telefono.

«È il tuo?» chiedo a Paulo, visto che non riconosco il suono e non so veramente chi possa chiamarmi.

Il ragazzo scuote la testa pensieroso e si alza dal divano, per poi andare in camera e controllare cosa sia.

«Fe, sono le due!» esclama, tornando in salotto con uno sguardo compiaciuto in volto. Guarda prima me, poi sua madre e infine la cucina.

«E quindi?» chiedo, confusa. Se avessi saputo che succedeva qualcosa alle due probabilmente mi sarei preparata prima.

Paulo scuote la testa e apre il pensile della cucina in cui tiene tutte le tazze per la colazione e le vitamine che assume ogni mattina prima di mangiare. Prende una scatolina di un rosa pallido e io sento il sangue confluirmi tutto in testa, facendomi diventare rossa fino alla punta dei capelli.

Mi alzo velocemente in piedi, capendo cosa intendesse quando ha detto che sono le due. La pillola. Bisogna prenderla ogni giorno alla stessa ora, altrimenti non ha effetto. Era a quello che serviva la sveglia.

Prendo il bicchiere d'acqua che mi sta porgendo e la piccola pastiglia che tiene tra le dita, per poi mandare giù il tutto molto velocemente.

Alicia ha un sopracciglio alzato e un'espressione confusa è disegnata sul suo viso.

«Perché quella corsa? È successo qualcosa?» chiede, con sguardo attento su tutti i nostri movimenti. Io cerco di non dare troppo nell'occhio mentre nascondo la confezione dietro la schiena.

«No, assolutamente niente» sorrido in modo tirato, pregando che se ne vada al più presto.

Paulo sfila la confezione dalle mie dita e la rimette apposto nel mobile, facendo vedere chiaramente alla madre il colore inequivocabile e a cosa servano.

Bene, posso considerare questa tregua terminata. È stata breve ma intensa.

«Io vado a casa» dice poi, senza commentare l'accaduto in alcun modo e infilandosi la giacca.

«Lo studio è bello, ma secondo me la scrivania va sotto la finestra, non vicino alla porta» dice poi, uscendo dall'appartamento e lasciando il silenzio generale.

«Dybala, io ti giuro che non arrivi intero all'allenamento di domani» lo spingo lontano da me e corro in salotto, prendendo un cuscino e tirandoglielo addosso.

«Come cazzo ti è venuto in mente? Quel gesto voleva dire apertamente "facciamo sesso"!» continuo, tirandogliene un altro che lo colpisce in pieno viso.

«È mia madre, non ti farà mai niente» mi rilancia entrambi i cuscini, mancandomi per un soffio.

«"Abba, povero cagnolino"» ripeto le sue parole e mi lascio cadere sul divano. Prendo la testa tra le mani e sbuffo, cercando di far svanire tutto l'imbarazzo mentre la sua risata cristallina invade tutta la casa.

lollissimo

-3🙊🙊🙊

mi sono accorta che ultimamente non siete così partecipi della storia come lo eravate prima, successo qualcosa?

mancano 5 commenti per raggiungere i mille commenti, ci arriviamo in questo capitolo?

per i prossimi capitoli aspettatevi il peggio

ciaone

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