Vita decomposta ||Stucky AU||...

By Rameo_Laufeyson8

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Bucky Barnes ha un disperato bisogno di soldi, ed è grazie alla sua amica Natasha, che il ragazzo trova lavor... More

Premessa
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 31
Epilogo

Capitolo 30

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By Rameo_Laufeyson8

Melodrama era l'album di canzoni cantate da Lorde. I brani erano dodici, e Steve e Bucky sapevano a memoria ognuno di quel testo. Specialmente James che, dopo essere stato al concerto della suddetta cantante, aveva iniziato ad ascoltare la sua musica.
Bucky però era da solo l'ultima volta che lasciò partire la riproduzione casuale di Lorde. Steve non c'era da due giorni e la casa era estremante vuota. Se non fosse stato per il maestoso pappagallo dalle piume scure Bucky avrebbe tenuto il silenzio per infinite ore, uscendo ancor di più fuori di testa.
Avrebbe voluto bruciare tutti i libri sulle mensole, quelli in cui lui e Steve avevano attaccato un post it sulla prima pagina scrivendo una frase adatta alla determinata storia.

"È sottile il filo conduttore che divide amore e malattia" era spettato a Lolita di Vladimir Nabokov.
"E nei miei progetti, tu e il mare" per Chiamami col tuo nome di André Aciman.
Camere separate di Pier Vittorio Tondelli era il loro preferito, tanto che era bastato solo scrivere un introduzione "con questo io ti spiego amore:"
Ed il piccolo libro su Frida Kahlo -¡Viva la vida!- teneva l'espressione migliore dell'anima di Steve: "Vita, eccoti. Qualche fiore in testa e il sangue alle gambe".

Bucky voleva annullare tutto. I disegni sui fogli bianchi raccolti nei cassetti, i vestiti condivisi, le lenzuola che profumavano di creazione (quella di Steve), le foto nella cornici, i regali, piccoli e semplici, dannatamente amati e odiati.
Poi però Bucky singhiozzava di colpo e capiva: nella sua testa sarebbe rimasto tutto invariato, nessun oggetto distrutto avrebbe cancellato il suo amore, il suo dolore.

Melodrama.
Ad un certo punto Bucky non mise a ricaricare nemmeno il telefono, così da usare la batteria scarica come scusa per non ascoltare ancora quelle canzoni.
Moriva, ma non abbastanza. Perché era così attaccato alla sopravvivenza? Perché dopo tutto quel dolore alla mente, al braccio, ai sentimenti e alle paure, il suo organismo non cedeva in balìa della stanchezza?

Però per morire bisogna far fermare il cuore, e Bucky non poteva di certo spegnersi quando il suo organo gonfio e contratto contava a reagire per inerzia del sentimento di Steve e per Steve.

Però amore non è possesso, né forzatura. È fatto di equilibrio e spazio, anche quando si ama senza ragionare, è indispensabile ma non preteso. Forse è un concetto troppo difficile da capire, ma Bucky non cercò mai Steve per chiedergli scusa, pregarlo o piangergli anche solo per telefono, lo lasciò libero, così come si erano costruiti insieme. Liberi ma bisognosi per guarire, facendosi comunque male per la distanza.
Bucky pianse per tantissime cose, che però non includevamo affatto la sua malattia. A quella nemmeno ci pensò.
Solo per poco tempo.

Bucky rise, sdraiato per terra, alzando il braccio sinistro verso l'alto per guardarsi meglio il dorso della mano. Indossava solamente degli shorts larghi e comodi, il petto nudo sudava lievemente per il nervoso, mentre il collo era bagnato dalle lacrime che erano colate copiosamente lungo tutto il viso.
Sorrise con i denti bianchi e dritti in mostra, il viso contratto per una falsa contentezza, preludio di pazzia.
Con una ferita così grande che tatuaggio avrebbe escogitato Steve per segnare su se stesso quello sfregio?

Risate, tante ed incontrollate.
Che bellezza, quale meraviglia, sarebbe stato uno spettacolo.
Il negozi di ferramenta non distava molto a piedi da casa di Steve, ed una sega circolare da impugnare bene con una mano costava quella cifra perfetta che Steve gli aveva lasciato in casa.
Che lieto evento quello così vicino alle fantasie di Bucky, la scatola dell'oggetto era davvero pesante.

Adesso che avete letto la storia di Bucky fino a questo punto sapete quale pensiero scrivere sul post it da attaccare dalla prima pagina?
Bucky si, anzi, se Steve fosse stato con lui gli avrebbe chiesto di farsi tatuare quella frase.

Disintegrato dalla stanchezza, che prevale il dolore.

Tutto si poté dire a Bucky, tranne che fosse disorganizzato e frettoloso. Impaziente si, e anche tanto, ma fece le cose con una maestria impeccabile, di quelle che le persone applicano quando si ci prepara ad una cosa da una vita.
Bucky decise di farlo in bagno, così da avere acqua corrente subito a disposizione. Distese un'asciugamano larga e candida per terra, sulla quale prese posto, poggiando la schiena a muro.
Non poteva crederci che stava per farlo davvero, e amava ancora di più Steve perché lo aveva lasciato solo. Aveva capito, a Bucky serviva la solitudine per guarire da se'.
Usò la cintura preferita di Steve come laccio emostatico, stretta fortissimo appena sotto la spalla, al limite del braccio. Scelse proprio quella per sentir più vicino il suo amore.
No, Steve non si sarebbe arrabbiato, Bucky pensò con ottimismo, influenzato dalla sua estrema felicità ed euforia.
La sega elettrica era davvero così bella e nuova, la lama brillava, inutilizzata, vergine solamente per lui.
La pena che uno spettatore estraneo avrebbe provato nel vedere quella reazione in Bucky poteva paragonarsi ad un profondissimo buco nel terreno per seppellirci il suo cadavere.

Impugnando la sua arma tanto pericolosa, con un sorriso ironico Bucky ripensò a sua madre e a suo padre. Forse da guarito lo avrebbero cercato di nuovo, forse con la malattia venuta meno avrebbero potuto accettare il solo fatto che fosse gay.
Quella era sempre stata la soluzione a tutto, l'amputazione, l'unica cura.
Ogni cosa si sarebbe risolta, Bucky ne era certo, avrebbe riavuto l'affetto della sua famiglia, non avrebbe più deluso i suoi amici, sarebbe riuscito a recarsi alla tomba di Brock dopo tutto quel tempo, e soprattutto a riavere Steve.
Quel suo agognato obbiettivo era così vicino che quasi non ci credeva.
Avviò lo strumento che iniziò ad azionare la velocità della lama laccata, con un rumore continuo simile ad un ronzio. Bucky si leccò il labbro, respirando rumorosamente con l'adrenalina iniettata negli occhi.
Sapeva perfettamente ciò che stava per fare. Alla fine di tutto, quando avrebbe spezzato l'osso, Bucky si sarebbe affrettato immediatamente a chiamare i soccorsi, che si occupassero loro della ferita e tutto il resto, pensò. Tutti quei dottori che della sua vera cura non si erano mai premurati.

E il dolore?
Ecco, riguardo a quello Bucky era stato un'idiota. Doveva aspettarsi un dolore simile, imparagonabile a qualsiasi tipo di taglio, morso o scottatura.
Il bruciore alla pelle iniziò non appena la lama velocissima venne spinta contro la carne molla del braccio. Bucky strinse i denti e gemette trattenendo il respiro, non potendo però controllare il lamento graffiante in gola mano a mano che la profondità della ferita aumentava. E oltre a dover sopportare quel dolore, star attento al sangue che aveva iniziato a sgorgare, James aveva l'obbligo di tener lucido il suo movimento fermo nel tentare almeno di amputarsi alla meglio.
C'era puzza di carne briciata, e sangue bollente tutto sul pavimento.
Bucky urlò, ma non troppo forte. Un ultimo sforzo e poi tutto sarebbe finito, solo l'osso, doveva romperlo con un colpo secco, qualche manciata di coraggio in più.
Usò più forza per tentare di non svenire che per terminare quel suo intervento.
Il rumore dell'omero segato in due metà frantumate fu sordo e pungente, da lì una forte pressione al sottile lembo di pelle macellata rimasta ancora attaccata al suo corpo. Un gesto fugace, Bucky ormai non poté più resistere al dolore, non lo sopportava più. Il peso dell'altro morto fece in modo di staccare i tendini rimasti.

Il suo fardello cadde per terra, sfiorandogli una gamba.
Bucky era guarito.
Però sanguinava. E sudava.
Gemeva, non riusciva a respirare. Gli formicolava ciò che rimaneva della sua carne, pulsava, bruciava, faceva tantissimo male. Somigliava ad un cumulo di carne macinata che si trova al super mercato, ma ancora immersa nel lucido sangue. E quella era soltanto la parte di ferita meno impressionante, frammenti  di ossa erano incastrati nel muscolo, e la parte insanguinata dell'omero sporgente si presentava scanalata per la violenza con cui il seghetto l'aveva spezzato.
Impressionante altrettanto era quel braccio pieno di ferite immobile, morto. Il tatuaggio della stella rossa era stato diviso in due metà; la parte superiore era ancora sul corpo di Bucky, quella inferiore era stata assassinata assieme all'arto amputato.
Quante angherie aveva inflitto a quel braccio, Bucky. Però la colpa era stata tutta della malattia, si meritava ogni ferita.

James poggiò la testa al muro e respirò ancora, per calmarsi, inutilmente. Eccome se gli faceva male, la cinghia troppo stretta sotto la spalla, zuppa di sangue. Era su ogni angolo dell'asciugamano, del pavimento, sul muro, ovunque. Continuava a piovere senza trovare sosta. Bucky iniziò ad aver paura, perché non riuscì a gestire tutto quel dolore.
Più di tutti aveva bisogno di Steve. Amore torna e fa qualcosa, mi sento così solo, pensò.
Spiragli di lucidità e oblii di pazzia gli lampeggiavano davanti agli occhi come quando guardi il sole ed abbassi di colpo le palpebre, immergendoti in un buio fatto di lampi viola e rossi.
Bucky iniziò a tremare, moriva di freddo ma allo stesso tempo sudava. Uno spasmo veloce al labbro lo aiutò a renderlo ancora più violaceo; Bucky era pallido, sporco di sangue e senza un braccio.
Cercò di allungarsi per prendere il telefono e chiamare i soccorsi, come aveva pianificato, ma il suo cellulare era scarico, e la linea fissa che avrebbe dovuto usare si vide irraggiungibile dalla sua debolezza.

E nel frattempo erano passati quattro giorni da quando non vedeva Steve, quanto era tremenda quella situazione?
Il telefono di casa poggiato sopra il lavandino continuava a squillare, probabilmente a chiamarlo con insistenza e preoccupazione erano Natasha e Loki. Bucky tentò ancora di allungare il braccio rimasto verso l'alto, ma la vista gli si annebbiava ad ogni vano sforzo, e i muscoli tremavano orribilmente.

Sarà stata la forza delle loro anime, ormai sciolte in un'ampolla figurativa che soltanto i loro occhi e le loro bocche potevano idealizzare, a far intervenire il caso.
Caso volle che Steve tornasse a casa per prendere altri vestiti e, con la scusa, di vedere Bucky e magari trovare un punto di incontro per parlare meglio.
Caso volle che Steve lo trovasse in quello stato soltanto un quarto d'ora dopo il terribile gesto.
Caso volle che Steve salvasse la vita di Bucky.

«Bucky?» Steve lo chiamò con voce rotta. La casa sembrava deserta; Spiritum gracchiò, dispiegando la cresta scura.
Steve camminò verso il corridoio guidandosi con una mano a sfiorare le pareti. Aveva una terribile sensazione, si respirava un'aria di astio e pesantezza.
Poi passò davanti alla porta del bagno, chiusa. La puzza del sangue stagnava in quella determinata zona dell'appartamento.
Steve non percepì nessun segnale che potesse farlo sospettare di qualcosa di brutto, seguì il suo istinto che, contro la sua volontà, lo costrinse ad aprire la porta e guardare quell'oscenità.

Per poco non svenne. La testa di Steve girò vertiginosamente, ciò che provò non poteva nemmeno definirsi shock.
Bucky era seduto per terra, con le spalle al muro, abbandonato a se stesso privo di forze, ma cosciente. Una grande asciugamano bianca era inzuppata di sangue, e su di essa il braccio sfregiato ed insensibile riposava, morto, staccato dal corpo. La ferita di Bucky era stretta nella sua cinghia, ma il sangue continuava a colare e schizzare creando una pozza scura vicino al suo fianco.
Quando Bucky vide Steve sorrise, nel volto un'espressione così felice da ridargli colorito per un istante.

Steve, nel panico, si inginocchiò accanto al corpo di Bucky, sporcandosi i pantaloni si sangue caldo. Le mani di Steve si agitarono sul viso e sulle spalle di Bucky. Lo toccarono, ma lo fecero così piano da non farsi sentire nemmeno.
Ansimando, il ragazzo tatuato si porse di più nel tentativo da far qualcosa o perlomeno di capire la gravità del tutto.

«L'hai fatto, l'hai fatto sul serio.» borbottò Steve, la voce non gli usciva nemmeno. I capelli scompigliati e gli occhi enormi sul viso sereno e debole di Bucky. Lui gli sorrise ancora, socchiudendo le labbra. Guardò Steve con così tanta devozione e amore, sicuro di averlo con se in quel momento, che si sentì abbracciato tra le ali di un angelo. Era quello che aveva cercato da tutta una vita; niente braccio, libero dalla sua catena, con le mani del suo amore sulla pelle e gli occhi colmi di serenità.

«Ho finalmente ucciso una parte di me per tenere vivo te.» disse Bucky, assottigliando lo sguardo.
Steve imprecò diverse volte, guardandosi intorno per cercare qualcosa con cui tamponare la ferita estesa e sanguinolenta.
Steve si rese conto del telefono poggiato sul lavello, affrettandosi a comporre il numero di emergenza per chiamare i soccorsi. Sbottò al centralino la via in cui l'ambulanza doveva recarsi, le condizioni apparenti di Bucky e alcune suppliche che chiedevano di fare più in fretta possibile.
Il sangue che Steve aveva sulle dita aveva sporcato i tasti del telefono.
Steve riagganciò, gettando il telefono per terra.
Non riusciva a guardare il braccio lì abbandonato come se nulla fosse, anche se il suo sguardo pieno di orrore lo attirava con una sorta di curiosità spaventosa sempre lì, anche a vederne la sagoma Steve si sentiva svenire.
Prese il capo di Bucky e lo spinse contro il suo petto, poggiando le labbra sul suo capo ispido e rasato.
James usò il braccio rimasto per abbracciargli la schiena e sorreggersi con il pugno nella maglia profumata di Steve.

«Non avrei dovuto lasciarti da solo, è tutta colpa mia.» Steve pianse, soffocandosi nella presenza di James.
«No, in parte devo ringraziarti. Mi hai dato la possibilità di guarire.» sussurrò Bucky, sorridendo ancora.
«Porca puttana Bucky, cazzo!»
«Hai sempre lo stesso profumo. Avevo il terrore di dimenticarlo.»
«Non morire Bucky, non ti azzardare a morire.» Steve tremò, stringendo più forte Bucky per non lasciarlo andare in alcun modo. Con tutta quella forza nemmeno la sua anima avrebbe potuto liberarsi e abbandonare il corpo stremato. Però uno dei due sicuramente sarebbe morto, e questo qualcuno era Steve, per il senso di colpa.

«Torneranno gli innocenti, tutti pieni di compassione, e gli errori dei potenti fatti senza esitazione» Bucky iniziò a canticchiare con le labbra sul petto di Steve, teso dai singhiozzi «senza lividi suoi volti, con un taglio sopra il cuore, prendi un ago e siamo pronti»
«Siamo pronti a ricucire.» Steve lo imitò, precedendolo nel cantare a bassissima voce e con le lacrime sul viso.

E Bucky rafforzò la tonalità del ritorno, ma non quella della voce, che via via pareva spegnersi; «Nel ricordo dei miei giorni, resta fino all'imbrunire.»

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