Capitolo 28

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Però adesso basta parlare solamente di Bucky. Chiamiamo Steve in causa.
Steve e il suo amore che penava più della malattia di James.
Pensò ad una frase di Frida Kahlo che metteva in discussione il suo amore, dicendo che nella vita lei aveva avuto due grandi incidenti: quello che l'aveva resa sofferente e Diego, il tormento continuo al suo amore troppo buono.
Al suo amore di troppo.

Se Bucky lo amava paragonandolo al numero infinito di granelli, per quello stesso sentimento troppo martoriato, Steve vi soffriva senza ordine di paragone.

Quanto erano pesanti le lacrime di Steve nei pensieri di Bucky?
Il primo ci avrebbe scommesso l'anima sul fatto che James non le notava nemmeno, d'altronde in quel suo segreto di nascondere i singhiozzi Steve era molto più che bravo, ci sarebbe voluto un indovino per scoprire quanto aveva pianto per Bucky.

Il petto si atrofizza, dal lato sinistro, quasi Steve percepiva una contrazione tra la carne che arriva al collo e alla spalla. Non aveva mai assolutamente creduto all'espressione "cuore spezzato", e tutt'ora bocciava quella tesi. Il suo, di cuore, si era fermato. Era rimasto ben intatto, senza perdere nessun frammento, non era un puzzle.
Però con le parole di Bucky e con ciò che gli aveva lasciato intendere in bilico tra il prezioso ed il distacco, il moro aveva dato il permesso a denti acuminati e versi fugaci di smembrare l'organo di Steve.

Ma Steve lo sapeva che non lo faceva di proposito, Bucky non l'avrebbe mai fatto. Era la sua sofferenza, così diceva a Steve. La sua solitudine in cui nessuno (compreso il tatuatore) doveva insidiarsi.
Steve ci moriva -scusa-
Era da idioti mettere Steve nella parte del colpevole, di quello insofferente, anche perché non c'erano né vittime né carnefici in quella storia, per tanto non c'era motivo che Steve cercasse il perdono di Bucky.

Le lacrime di Steve probabilmente erano eccessive, ma non le poteva trattenere. Come non poteva trattenersi dall'amarlo in modo così naturale e disinvolto. E forse il pianto era una legittima conseguenza di quel suo amore sofferto.

Steve lo sapeva che nella vita avrebbe sempre patito, non ne faceva una colpa a Bucky in questo caso. Solo, gli chiedeva di ascoltare le sue lacrime. Sapevano rispondere a qualsiasi dubbio lui avesse.

Che terribile oggetto, l'amore.

«Non preoccuparti, stai bene, ti ricresceranno ancora più lunghi di prima.» Steve glielo disse con un sorriso incoraggiante, in merito ai capelli. Bucky non lo degnò di una risposta, sospirando. Affacciato alla finestra della cucina si godeva un attimo di soleggiata quiete pomeridiana. Poi però quel giorno scoppiò un temporale inaspettato a Brooklyn, una pioggia che entrò nella casa di Steve e Bucky.

«Perché ridi?» gli chiese Bucky. Aveva fatto caso all'umore di Steve che si era tramutato nell'attimo in cui lui gli aveva negato una risposta a quell'incoraggiamento. Che poi era anche la verità, Bucky non aveva perso la propria bellezza assieme ai capelli.
Steve non riuscì a rispondergli immediatamente. James lo guardò silenzioso, stranito da quella strana reazione, cullandosi sulla sicurezza che la sua risata flebile gli avrebbe fatto bene.
Solo quando Steve rispose Bucky capì di essere stato rotto in due metà; «Rido perché so che mi farai soffrire da morire.»
«Come fai a dirmi una cosa del genere? Sai quanto sto soffrendo.» James si tirò sulla difensiva, porgendosi in avanti con mortificazione.
«Sei un povero egoista, non capisci mai nulla, non comprendi un cazzo. Mi sono stancato di farti capire quanto sto male anch'io in questo momento.» incalzò Steve, serio e gelido.
«Cosa vuoi fare allora?» James si mosse sul posto, incrociando le braccia.
«Non lo so.»
Entrambi capirono che l'intenzione dei loro pensieri era la stessa. Finirla sarebbe stata una soluzione, se solo l'amore non fosse stato così prepotente.
Disgustoso parlare sempre del ripetitivo sentimento etichettato per il rapporto dei due. Sembrò quasi patetico.
Bucky venne persuaso da un impulso disperatamente bisognoso, ovvero quello di non nascondersi più. Si avvicinò alla credenza della cucina, frugandoci frettolosamente in fondo. Nascosto in un angolo Bucky aveva tenuto lontano dalla prevenzione di Steve un coltellino svizzero. Rogers aveva tastato un rigoroso regolamento per quanto riguardava armi o oggetti contundenti, come se Bucky fosse un bambino. Ogni coltello o lama, spigolo e accendino, erano stati messi quasi sotto chiave.
Però James era furbo e disperato. Steve rimase sorpreso e profondamente ferito da quella scoperta improvvisamente gettata sotto i propri occhi.
Bucky si sedette con ostinazione al tavolo, proprio difronte a Steve che rimase muto e lo lasciò fare, come a dirgli di prendersi da solo tutte le proprie responsabilità.
Barnes stese il braccio sinistro lungo la superficie del tavolo, alzandosi sbadatamente la manica della felpa fino a sopra il gomito. Battendo troppo forte l'articolazione contro la superficie dura gemette per il fortissimo dolore inaspettato.
Steve sgranò gli occhi ma tenne le labbra serrate, che presero a tremargli. In cuor suo sapeva che Bucky non l'avrebbe mai fatto, pregava che, sul serio, non lo facesse.
Eppure il sangue colò sulla tovaglia plastificata. Una profonda ferita ne riaprì altre più vecchie e più recenti. In diagonale, senza seguire una traiettoria regolare, la lama affondò poco più in basso del polso, allungandosi fino a che Bucky non dovette fermarsi per aver incontrato il tavolo.
Non emise nemmeno un lamento.

Vita decomposta ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora